La trama è tra le più semplici e cercheremo di parlarvene senza fare troppe anticipazioni.
Claudia Gerini veste i panni di una madre, vedova, che insieme al defunto compagno si era trasferita a Latina così da poter crescere il figlio nella casa che i suoi genitori le avevano lasciato. Ma da qualche anno è costretta a mandare avanti la baracca da sola, investendo tutto il suo tempo nel lavoro e nel talento del figlio. Il ragazzino, infatti, ha un sinistro formidabile; un talento che non può di certo essere sprecato, ma che al contrario va coltivato anche al di là dell'istruzione scolastica.
Il ragazzino è, quindi, costantemente spronato dalla madre a calciare quattro volte a settimana, ignorando persino la possibilità di integrarsi con la classe e di passare del tempo con i compagni. Siamo, dunque, davanti a una madre che potrebbe essere definita all'americana come "elicottero", e che non fa altro che planare costantemente intorno a questo piede sinistro nonostante le difficoltà economiche che è costretta ad affrontare. La voglia di rivalsa e di rivincita, però, la spingono a lottare ogni singolo giorno affinché il bambino non perda le sue occasioni. Occasioni che, però, hanno un costo e che non sono in mano al destino o al talento, ma alla volontà nel pagarlo.
Massimo Ranieri, nel suo ritorno allo schermo cinematografico, porta in scena una delle figure più note del calcio: il manager/reclutatore che dietro mazzetta permette le ammissioni ai provini calcistici.
Il denaro, così, diventa l'obiettivo della donna, ma anche un peso e una responsabilità per il ragazzino che vorrebbe solo tirare dei calci a un pallone. Ma adesso egli stesso conosce il costo di quel calcio e delle possibilità che la madre gli sta mettendo sotto gli occhi.
Il denaro, così, diventa l'obiettivo della donna, ma anche un peso e una responsabilità per il ragazzino che vorrebbe solo tirare dei calci a un pallone. Ma adesso egli stesso conosce il costo di quel calcio e delle possibilità che la madre gli sta mettendo sotto gli occhi.
Mancino naturale è una storia che manca di mordente. E, in quanto tale, è come se non vi fosse la reale necessità di narrarla. Siamo davanti a una narrazione che manca di un reale sprint e che lascia il suo pubblico con niente perché, ancora una volta, vediamo la forza di una donna, la forza di una madre, una forza che viene dalle difficoltà che si è trovata a vivere e dalle scelte che ha preso nel passato. Ma è come se mancasse la ragione per cui stare a sentire una narrazione simile. Ha il sapore di già visto e vissuto.
Vediamo questa donna che sembra mossa dalla sola voglia di spingere il figlio a fare calcio, non diversa dalle mamme che spingono le figlie a fare le ballerine. Come se il marito perduto possa vivere attraverso questa grande realizzazione, riuscendo a sfuggire anche dalla “mediocrità” attraverso il piede del ragazzo. Allo stesso tempo, abbiamo un assaggio dello spietato mondo calcistico. Luogo che spesso funziona per raccomandazioni più che per talento.
Si trattano così diverse tematiche che nel loro insieme non portano a nulla lasciando che il film di Salvatore Allocca sia godibile e intrattenente, ma resta nella sua semplicità lasciando il sapore di un potenziale che non è stato sfruttato.
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