che facevan gran pietre rotte in cerchio,
venimmo sopra più crudele stipa;
e quivi, per l’orribile soperchio
del puzzo che ‘l profondo abisso gitta,
ci raccostammo, in dietro, ad un coperchio
Dante e Virgilio rimangono ai bordi di una riva, l’immagine che ci viene in mente è quella di una piccola montagnetta piena di rocce messe in cerchio. Si fermano non per stanchezza, ma per abituare il proprio olfatto al tremendo odore che sentono. Difatti il cammino iniziatico suggerisce di fare il proprio lavoro interiore con estrema calma, senza alcuna fretta. Ecco perché spesso ci vogliono intere vite…
d’un grand’avello, ov’io vidi una scritta
che dicea: ‘Anastasio papa guardo,
lo qual trasse Fotin de la via dritta’.
"Lo nostro scender conviene esser tardo,
sì che s’ausi un poco in prima il senso
al tristo fiato; e poi no i fia riguardo”.
I due sono vicini alla tomba di Anastasio II, che “fu sviato dalla retta strada da Fotino”. Perché? Il Pontefice, secondo una voce non confermata, avrebbe ricevuto Fotino, diacono della Chiesa orientale. Quest’ultimo avrebbe portato il Papa ad abbracciare quella che all’epoca era l’eresia monofisita. Secondo questo pensiero Gesù era del tutto presente come natura divina, senza la sua natura umana. Vedremo, anche nel corso dei prossimi canti, come sia profondamente importante integrare entrambi le nostre parti: sia quelle terrene, che quelle divine. Un credo di questa portata, quindi, che è parte della dualità, non può accostarsi al Paradiso.
Così ‘l maestro; e io "Alcun compenso",
dissi lui, "trova che ‘l tempo non passi
perduto". Ed elli: "Vedi ch’à ciò penso".
"Figliuol mio, dentro da cotesti sassi",
cominciò poi a dir, "son tre cerchietti
di grado in grado, come que’ che lassi.
Dante chiede a Virgilio di impiegare il tempo di attesa in qualcosa di produttivo, e il Maestro gli risponde che è proprio quello che aveva intenzione di fare. Spiega a Dante che al di sotto di dove stanno ci sono tre Cerchi, uno di sotto l’altro. Da qui inizia la descrizione di ciò che verrà dopo.
“Tutti son pien di spirti maladetti;
ma perché poi ti basti pur la vista,
intendi come e perché son costretti.
D’ogne malizia, ch’odio in cielo acquista,
ingiura e ‘lfine, ed ogne fin cotale
o con forza o con frode altrui contrista.
Ma perché frode è de l’uom proprio male,
più spiace a Dio; e però stan di sotto
li frodolenti, e più dolor li assale.
Virgilio spiega a Dante che lì sotto troveranno tutti spiriti maledetti, e che quando si recheranno da loro, basterà semplicemente osservarli. Quest’ultima immagine è molto importante per il cammino iniziatico. Ripeteremo fino alla nausea che il grande del lavoro su di sé è proprio osservare la nostra parte dannata, senza fare molto altro. Proprio perché basta solo osservare, si può già sapere il motivo di certe condanne.
Virgilio spiega che lo scopo di ogni malizia è l’ingiura, la quale si ottiene con la violenza o la frode. Quest’ultimo è il peccato maggiore, perché appartiene all’uomo, (la frode ha bisogno della ragione per essere compiuta) così i fraudolenti sono puniti nel modo peggiore.
Di vïolenti il primo cerchio è tutto;
ma perché si fa forza a tre persone,
in tre girone è distinto e costrutto.
A Dio, a sé, al prossimo si pòne
far forza, dico in loro e in lor cose,
come udirai con aperta ragione.
Morte per forza e ferute dogliose
nel prossimo si danno, e nel suo avere
ruine, incendi e tollette dannose;
onde omicide e ciascun che mal fiere,
guastatori e predon, tutti tormenta
lo giron primo per diverse schiere.
Puote omo avere in sé man vïolenta
e ne’ suoi beni; e però nel secondo
giron convien che sanza pro si penta
Qualunque priva sé del vostro mondo,
biscazza e fonde la sua facultade,
e piange là dov’esser de’ giocondo.
Puossi far forza ne la deïtade,
col cor negando e bestemmiando quella,
e spregiando natura e sua bontade;
e però lo minor giron suggella
del segno suo e Soddoma e Caorsa
e chi, spregiando Dio col cor, favella.
Vi preghiamo di ricordare che l’Inferno di Dante non è un luogo dove andremo se ci comporteremo in un modo, ma è tutto nel nostro interno, e di conseguenza in ciò che proiettiamo all’esterno. Se passiamo la giornata pensando a quanto disprezziamo ciò che abbiamo, o odiando le persone che ci girano attorno, proietteremo situazioni sempre più dolorose, a seconda della gravità del peccato.
La frode, ond’ogne coscïenza è morsa,
può l’omo usare in colui che ‘n lui fida
e in quel che fidanza non imborsa.
Questo modo di retro par ch’incida
pur lo vinco d’amor che fa natura;
onde nel cerchio secondo s’annida
Ipocresia, lusinghe e chi affattura,
falsità, ladroneccio e simonia,
ruffian, baratti e simile lordura.
Per l’altro modo quell’amor s’oblia
che fa natura, e quel ch’è poi aggiunto,
di che la fede spezïal si cria;
onde nel cerchio minore, ov’è ‘l punto
de l’universo in su che Dite siede,
qualunque trade in etterno è consunto".
Nel secondo Cerchio sono punite tutte quelle persone che hanno “giocato” con la fiducia degli altri: ipocriti, adulatori, maghi, falsari, ladri, simoniaci (chi commercia beni sacri, spirituali), ruffiani, barattieri…
Mentre nel Cerchio meno ampio, il terzo, nel punto della sede di Lucifero, troviamo i traditori. Badiamo bene che l’idea di tradimento non è solo carnale, fisico (o Paolo e Francesca sarebbero andati lì). Il tradimento, lo sapete bene se ci seguite nei nostri vari interventi sui social o alla radio, ha molte più sfumature di quelle che immaginiamo. Così ogni volta che tradiamo in qualsiasi modo qualcuno, stiamo commettendo il più grave dei peccati.
E io: “Maestro, assai chiara procede
la tua ragione, e assai ben distingue
questo baràtro e ‘l popol ch’è possiede.
Ma dimmi: quei de la palude pingue,
che mena il vento e che batte la pioggia,
e che s’incontran con sì aspre lingue,
perché non dentro da la città roggia
sono ei puniti, se Dio li ha in ira?
e se non li ha, perché sono a tal foggia?”.
Finalmente Dante si libera dell’incertezza e pone una domanda fondamentale a Virgilio: perché i lussuriosi (Paolo e Francesca, appunto), golosi (quindi chi sperpera i propri beni), avari e prodighi non fanno parte di questo cerchio, se hanno commesso gli stessi peccati? Attenzione alla risposta di Virgilio…
Ed elli a me “Perché tanto delira”,
disse, “lo ‘ngegno tuo da quel che sòle?
o ver la mente dove altrove mira?
Quante volte ci siamo sentite rispondere così anche noi! È un richiamo benevolo, sia chiaro. il Maestro fa a Dante: “Perché non hai prestato la giusta attenzione?”.
Non ti rimembra di quelle parole
con le quai la tua Etica pertratta
le tre disposizion che ‘lciel non vole,
incontenenza, malizia e la matta
bestialitade? e come incontenenza
men Dio offende e men biasimo accatta?
Se tu riguardi ben questa sentenza,
e rechiti a la mente chi son quelli
che sù di fuor sostegnon penitenza,
tu vedrai ben perché da questi felli
sien dipartiti, e perché men crucciata
la divina vendetta li martelli”.
Virgilio ricorda a Dante l’etica di Aristotele che suddivide l’eccesso, la malizia e la bestialità in tre diversi tipi di gravità. Essendo l’incontinenza (l’eccesso) la meno grave, è quindi logico pensare che chi abbia peccato di ciò debba essere punito in modo minore.
“O sol che sani ogne vista turbata,
tu mi contenti sì quando tu solvi,
che, non men che saver, dubbiar m’aggrata.
Ancora in dietro un poco ti rivolvi”,
diss’io, “là dove di’ ch’usura offende
la divina bontade, e ‘l groppo solvi”.
Questi due, e i versi a seguire, sono tra i nostri preferiti dell’Inferno. Dante chiede ancora a Virgilio di sciogliergli dei dubbi, ma lo fa in un modo che ci toglie davvero il fiato. “O sole che risani ogni sguardo turbato”. Il sole è ovviamente la risposta di Virgilio, che risolve in Dante ciò che prima non vedeva. “Tu mi rendi così felice quando sciogli i miei dubbi, che dubitare mi aggrada quanto il sapere”. Praticamente Dante sta apprendendo che non esistono domande sciocche, ma che anzi, domandare fa parte del gioco ed è il primo passo verso una consapevolezza maggiore. Ricordiamoci anche che ogni giudizio su una nostra domanda (sciocca, inutile...) è dato dall'Ego che non vuole sapere. Così il dubbio di Dante è il seguente: come può l’usura offendere la bontà divina?
“Filosofia”, mi disse, “a chi la ‘ntende,
nota, non pure in una sola parte,
come natura lo suo corso prende
dal divino ‘ntelletto e da sua arte;
e se tu ben la tua Fisica note,
tu troverai, non dopo molte carte,
che l’arte vostra quella, quanto pote,
segue, come ‘l maestro fa ‘l discente;
sì che vostr’arte a Dio quasi è nepote.
Virgilio risponde così: chi intende la filosofia aristotelica sa bene come la natura segua il corso della mente divina, il classico “Come in cielo, così in terra”, e che le leggi della Fisica seguano semplicemente Dio, così come un discepolo segue il maestro. Allo stesso modo tutto ciò che noi facciamo, la nostra operosità, segue il volere di Dio. Oggigiorno, per quanto in molti prendano la Fisica come un dogma, bisogna scendere al patto che non è tale materia a creare il tutto. Semplicemente, attraverso il linguaggio matematico, la Fisica tenta di spiegare come accada il tutto. Ma dietro questo tutto, c’è una mente che noi non riusciamo a comprendere. Max Planck, (1858-1947) padre della fisica quantistica, lo ha capito bene: “Come vi è un oggetto materiale dietro ad ogni sensazione, così vi è una realtà metafisica dietro tutto ciò che l’esperienza umana dimostra essere reale”.
Da queste due, se tu ti rechi a mente
lo Genesì dal principio, convene
prender sua vita e avanzar la gente;
e perché l’usuriere altra via tene,
per sé natura e per la sua seguace
dispregia, poi ch’in altro pon la spene.
Ma seguimi oramai che ‘l gir mi piace;
ché i Pesci guizzan su per l’orizzonta,
e ‘l Carro tutto sovra ‘l Coro giace,
e ‘l balzo via là oltra di dismonta”.
Virgilio prosegue ricordando a Dante che anche nella Genesi è spiegato come l’uomo debba operare per il mondo, e dato che l’usuraio guadagna con il fare degli altri, sta disprezzando la natura sia terrena che divina.
La spiegazione si conclude con la costellazione dei Pesci all’orizzonte che annuncia l’arrivo dell’alba a poche ore. Non a caso il segno zodiacale dei Pesci corrisponde anche all'arrivo della consapevolezza. Così, visto che c’è da fare un bel cammino, non è più tempo per chiacchierare.
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