Il 23 maggio, per la Sicilia specialmente, è un giorno quanto mai importante: si celebra il ricordo e il sacrificio di due grandi uomini che hanno fatto della loro vita una costante lotta alla ricerca della legalità. Quella della “strage di Capaci” è una ferita ancora fin troppo fresca per il popolo siciliano, un taglio che pulsa da trent’anni e che viene raccontato ed edulcorato ai ragazzini. Giovanni Falcone e Paolo Borsellino erano due uomini che hanno fatto del Maxiprocesso la loro missione, l’unica ragione per poter restare a Palermo; hanno fatto dell’aula bunker all’Ucciardone (Il carcere di Palermo) la loro dimora lasciando le famiglie quanto più lontano possibile da loro.
Questo 23 maggio, appunto, saranno trent’anni esatti e non crediamo che esita modo migliore per onorare la memoria di uno di questi due uomini se non leggendo un piccolo, prezioso libro. Il cane di Falcone, pubblicato da Fazi Editore, scritto da Dario Levantino, arriverà nelle librerie il 14 aprile e tratta in un modo molto originale un argomento ormai pieno di retorica e di vuoti.
La prefazione di questo libro ne racchiude l’essenza:
«Il cane di Falcone è un libro in cui la mafia è raccontata in modo originale e mai retorico. L’autore dà al lettore le chiavi per capire una realtà complessa senza mai essere didascalico. E ci insegna che affrontare i propri mostri e sconfiggerli è molto più facile di ciò che temiamo».
- Maria Falcone
Il particolarissimo punto di vista che il lettore assume immergendosi nella lettura, infatti, riesce a dare una cinica e interessante prospettiva degli eventi. Uccio è la nostra guida che, non solo spiega e racconta le caratteristiche di un uomo che è divenuto mito ma che, attraverso i suoi occhi ci porta all’interno di quell’aula Bunker senza mai edulcorarla. Ci racconta la durezza dei fatti, seppur visti con purezza e semplicità, un'innocenza spiazzante che viene alternata dalla spiazzante personalità che questo cane sembra avere. Uccio sposta la prospettiva dalla mafia, come entità, alla dimensione prettamente umana e multidimensionale di un semplice uomo che ha cercato solo di portare avanti la giustizia. Una guida, un faro, una speranza in quella disperata ricerca di tutela che il popolo siciliano ha erroneamente riposto in Cosa Nostra. Ci porta a via Notarbartolo, in un quartiere scosso negli anni’80 da tutto ciò che il magistrato è stato in grado di fare con le sue indagini insieme al suo migliore amico.
Fare spoiler su fatti che sono realmente accaduti, ovviamente, è fuori discussione, ma non vogliamo dirvi altro per quanto riguarda la delicata composizione di questo libro. La narrazione è così scorrevole che, da lettori, non potrete far altro che voler cercare di terminare la storia. Il punto di vista di Uccio è delicato, interessante, unico nel suo genere. Un modo per poter conoscere fatti realmente accaduti in maniera più approfondita, ma senza dover avere la cruda realtà da notiziario. La storia è vera, sentita, pregna di emotività e di stimoli. Non vi neghiamo che leggere questo libro, nonostante i temi trattati, vi strapperà più di una volta un sorriso.
Con le sue duecentotto pagine, questo piccolo romanzo è una perla rara che riesce ad arrivare dritta al cuore del lettore. Crediamo che il target migliore, per questa lettura, sia quello adolescenziale; non perché questa storia sia infantile o poco matura, ma al contrario proprio per il modo con cui un parla al suo lettore. La delicatezza della narrazione, infatti, ne garantisce una presa interessante dal punto di vista emotivo. Al termine della lettura non possiamo fare a meno di comprendere le parole che Maria Falcone stessa ha dedicato alla penna di Levantino. La sorella del magistrato ucciso da Cosa Nostra, attivista sul suolo siciliano, è una garanzia per questa lettura leggera, ma mai banale. Un testo che fa comprendere come leggerezza non sia sinonimo di superficialità.
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