giovedì 7 ottobre 2021

#MustToWatch: Inside

Siamo combattute: non ci piace particolarmente mettere dei trigger warning nei nostri articoli, non vogliamo cadere in quello che crediamo essere un orribile circolo vizioso in cui qualsiasi cosa deve essere censurata, eppure sappiamo bene che la ferita della prima quarantena per tantissimi è ancora aperta e sanguinante.
Sicuramente lo è per noi e forse avremmo voluto saperlo prima, che questo non è necessariamente il momento giusto per vedere questo speciale.
Attenzione, questo articolo potrebbe contenere spoiler sulla pellicola.

Non lasciatevi ingannare da Bo Burnham e dalla sua professione di comico, lasciate andare tutti i preconcetti e le idee che vi siete fatti di lui e della sua comicità, provate a non pensare ai video su Vine che l'hanno reso virale (nel 2013/2014) e se riuscite, provate a dimenticarvi anche di tutte le canzoni appartenenti a questo speciale che su TikTok sono diventate dei veri e propri trend.
Quantomeno provateci, ma nel caso non riusciste a farlo state tranquilli: alla fine di quest'ora e ventisette questo speciale vi avrà fatto dimenticare di aver visto cose come questa.

Rilasciato il 30 Maggio 2021 su Netflix, "Inside" è diretto, scritto, prodotto ed editato interamente dal comico, e sebbene lui stesso lo chiami "speciale", in realtà quest'opera è un vero e proprio documentario frutto di più di un anno di lavoro.
Nell'articolo in cui abbiamo parlato di Make Happy non vi abbiamo parlato della vera fine dello speciale, che vede Bo Burnham entrare in quello che è presumibilmente il suo studio e cantare "Are you Happy?", canzone in cui ripete continuamente la domanda retorica "sei felice?".

Ebbene, Inside inizia proprio nella stessa identica stanza, con un Bo alle prese con un dilemma esistenziale, che ci verrà presentato con la canzone "Comedy": "Più osservo le cose, più non vedo niente su cui scherzare. La comicità è morta? Dovrei lasciarvi in pace? Perché, davvero, chi potrebbe fare battute in un momento come questo? Dovrei fare battute in un momento come questo? Voglio aiutare a lasciare questo mondo meglio di come l'ho lasciato, e temo che la comicità non serva a niente, e temo che la paura non sia infondata. Dovrei smettere di cercare di essere divertente?".
E tutte queste domande sono più che lecite, se prendiamo in considerazione quel che stava accadendo nel mondo a Febbraio/Marzo dell'anno scorso, e ancor più se prendiamo in considerazione i 550 mila morti (e più) che gli Stati Uniti d'America si sono trovati a fronteggiare alla fine del 2020 e il completo stato di psicosi e follia in cui è caduto quest'ultimo. Nessuno aveva voglia di scherzare e per un periodo nessuno l'ha fatto, da nessuna parte.
Era una situazione troppo surreale, impossibile che ve lo siate scordato: la gente perdeva la vita come se niente fosse, la fila fuori ai supermercati, gli scaffali vuoti, le autocertificazioni, le volanti della polizia per strada, le città più grandi e popolose del mondo completamente deserte.

Con "FaceTime With My Mom (Tonight)" arrivano i ricordi delle ore passate in videochiamata con gli amici, i parenti lontani, il compagno o la compagna, le riunioni su Zoom con i colleghi di lavoro, le videolezioni su Teams, Meet, Classroom; tutti strumenti che ci son stati utilissimi, ma che hanno contribuito ad alienarci ancor di più dalla società e dal mondo.
Subito dopo questa canzone ci viene mostrato Bo, seduto sulla sua postazione. Per una frazione di secondo appare sullo schermo un glitch (che noi abbiamo notato solo dopo aver visto il documentario un paio di volte) e questo è quanto, la scena viene tagliata e si cambia completamente scenario.
È una scena apparentemente priva di senso, ma più tardi ci sarà utile.

"Here's a question for you guys: is it necessary? Is it necessary that every single person on this planet expresses every single opinion that they have on every single thing that occurs, all at the same time? Is that necessary?
Or to ask in a slightly different way: can anyone shut the fuck up? Can anyone, any one, any single one shut the fuck up about anything? About any single thing? Can any single person shut the fuck up about any single thing for an hour? Is that possible?
(Ecco una domanda per voi: È necessario? È necessario che ogni singola persona su questo pianeta esprima ogni singola opinione che ha su ogni singola cosa che accade, contemporaneamente? È questa una cosa necessaria?
O per chiederlo in un modo leggermente diverso: può qualcuno chiudere quella cazzo di bocca? Qualcuno potrebbe, dico chiunque, ogni singola persona, chiudere il becco su qualsiasi cosa? Su ogni singola cosa? Potrebbe ogni singola persona chiudere il becco su ogni singola cosa per un'ora? È possibile?)"

Mentre parla sa perfettamente che in quel momento nemmeno lui sta chiudendo il becco, ma non importa, perché nel corso degli anni non ha mai negato di essere un ipocrita, e glielo perdoniamo: un po' perché nel suo show può fare quel che gli pare e piace, e un po' perché ha oggettivamente ragione.
Ma voi ve lo ricordate? Il periodo in cui eravamo tutti tuttologi, il periodo in cui anche il nostro vicino di casa si spacciava per virologo e grande studioso di medicina, il periodo delle fake news, il periodo in cui tutti ci sentivamo in diritto di dire qualcosa?
Ah no aspettate, non è ancora finito il periodo in cui tutti ci sentiamo in diritto di dire qualcosa ed esprimere la nostra opinione e probabilmente non finirà mai.
Abbiamo troppo bisogno di sentirci importanti, intelligenti, acculturati, abbiamo troppo bisogno di sentirci ascoltati, di sapere che c'è chi ci vede, chi riconosce la nostra esistenza, chi spreca tempo a discutere con noi.
Non fraintendeteci, non ci tiriamo fuori da tutto ciò; anche noi dovremmo chiudere il becco più spesso di quel che ci piace ammettere.

Per quanto sembra assurdo, visto il modo in cui Bo Burnham parla, il monologo sarà l'ultimo momento di questo documentario in cui si respirerà un'aria distesa. Quando "Unpaid Intern" interromperà bruscamente quest'ultimo, noi inizieremo a capire pian piano che c'è qualcosa fuori posto.
La cosa fuori posto è quel che succede esattamente dopo trentacinque secondi di canzone, che segnerà - a parer nostro - il punto di rottura di questo documentario e il momento in cui inizierà a essere tutto in discesa.
In questa scena Bo prende le vesti di uno youtuber e il format che porta lo conosciamo bene: è la classica reaction, che in questo caso diventa però una reaction della reaction.
Non sappiamo bene come descrivervi la scena, è proprio una di quelle cose che dovete vedere (e anche in quel caso non è detto che voi la capiate), però possiamo dirvi che è un continuo di voci che si sovrappongono, confusione e disagio causato dai pensieri dello stesso, che diventano sempre più autocritici e crudeli.
È esattamente quel che succede nel cervello di chi quotidianamente si perde nella sua mente e cade nel cicolo vizioso di quello che in inglese è chiamato "overthinking" (letteralmente: pensare troppo).
Non è una cosa che si può spiegare: o ti succede, o non ti succede, e non ci sono vie di mezzo.

"I was a kid who was stuck in his room, there isn't much more to say about it. When you're a kid and you're stuck in your room you'll do any old shit to get out of it: try making faces, try telling jokes, making little sounds.
Well, well look who's inside again, went out to look for a reason to hide again, well, well buddy you found it, now come out with your hands up, we've got you surrounded.
(Ero un bambino rinchiuso nella sua stanza. non c'è tanto da dire. Quando sei un bambino e sei rinchiuso nella tua stanza faresti qualunque stronzata per uscirne: Provare a fare smorfie, provare a fare battute, fare piccoli suoni:
Bene bene guarda chi è di nuovo dentro, sono uscito per cercare un motivo per nascondermi di nuovo, bene bene, amico, l'hai trovato, ora vieni fuori con le mani in alto, ti abbiamo circondato.)"

Questa la conoscete sicuramente, è una di quelle canzoni che su TikTok sono diventate dei veri e propri trend, è "Look Who's Inside Again".
Lo studio ordinato che avevamo visto all'inizio del documentario non c'è più e lascia spazio al caos creato dalle attrezzature da lavoro, così come le inquadrature e le illuminazioni perfette lasciano spazio a Bo seduto per terra in piena fase di registrazione della canzone, e Bo seduto per terra lascia spazio a una scena in cui, seduto in una stanza illuminata solo da un video proiettato, si riguarda in un video pubblicato quattordici anni prima (nel 2006) su YouTube: si chiama "My Whole Family..." il suo primo video su internet, quello che l'ha reso virale per la prima volta, e per forse quella che è la prima volta Bo, - anzi, chiamiamolo da adesso in poi con quello che è il suo vero nome -, Robert si sente di nuovo quel ragazzino di sedici anni che, come dice lui stesso, avrebbe fatto qualsiasi cosa per uscire dalla sua stanza.

E poi una serie di scene in cui tutto sembra accadere troppo velocemente: i suoi trent'anni festeggiati da
solo in una stanza a fissare l'orologio, mentre sproloquia sul fatto che avrebbe voluto finire di registrare il suo speciale prima dei trenta, la canzone "30" che si chiude con un simpaticissimo “It’s 2020 and I’m thirty, I’ll do another ten. In 2030 I’ll be forty and kill myself then.
(È il 2020 e ho trent’anni, me ne concedo altri dieci. Nel 2030 ne avrò quaranta e allora mi ucciderò)”, un discorso in cui sottolinea che non ha alcuna intenzione di uccidersi e incoraggia a non suicidarsi, un brusco stacco al Robert del futuro che riguarda il video e che ci fa capire che il sopracitato discorso non era per nessuno se non per lui.

E poi, improvvisamente il documentario si blocca, appare uno schermo nero con su scritto "intervallo", e riparte dopo qualche secondo con la scena che qualche minuto prima ci era sembrata assolutamente inutile, quella in cui appariva il glitch.
A parlare stavolta non è Robert nei panni di uno youtuber, ma Robert nei panni di uno streamer di Twitch (che nei mesi della quarantena ha subito una crescita esponenziale).
Gioca a "Inside" e il protagonista del gioco è lui stesso, intento a vivere il suo "giorno 253", esattamente uguale a tutti gli altri: piange, suona la tastiera, piange di nuovo, va a dormire.
E siamo convinte sia successo un po' a tutti, arrivati a un certo punto dell'anno appena passato, di non sentirsi nemmeno più nel proprio corpo, di sentirsi come una pedina mossa da un'entità esterna che nemmeno noi riuscivamo a riconoscere, di sentirsi completamente alienati dal mondo esterno e dalla realtà stessa.

"Wake up at 11:30, feeling like a bag of shit. All my clothes are dirty, so I'm smelling like a bag of shit.
Go to pour my coffee, and I miss my cup, OMG, that is just my luck. Look in the mirror say: <<What's up you useless fuck?>>.
Are you feeling what I'm feeling? I haven't had a shower in the last nine days.
Staring at the ceiling and waiting for this feeling to go away, but it won't go away!
(Mi sveglio alle 11:30, Mi sento un sacco di merda. Tutti i miei vestiti sono sporchi, quindi puzzo come un sacco di merda.
Vado a versarmi il caffè e manco la tazza, oh mio Dio, questa è la mia fortuna. Guardo nello specchio e dico: <<Come va cazzone?>>.
Provate anche voi quello che provo io? Non faccio una doccia da nove giorni.
Fisso il soffitto e aspetto che questa sensazione vada via, ma non andrà via!)"

E il suo risveglio ci viene descritto da "Shit", la canzone che tra tutte quante crediamo essere quella in cui è più facile rivedersi e non sentiamo di dover spiegare il motivo, il testo è già abbastanza esplicito e autoesplicativo.
E poi di nuovo si riparte con "All Time Low", in cui Robert racconta di come la sua salute mentale sia ai minimi storici, di come stia veramente bene solo mentre dorme, ma dal momento in cui si sveglia sente questa sensazione "nel profondo del suo essere, la sua vista inizia ad annebbiarsi, il suo cuore inizia a battere velocemente e crede che morirà".
Questa scena fa sorridere.
Questa scena fa sorridere perché effetti visivi e uditivi sono in pieno contrasto con quello che in realtà viene descritto: un attacco di panico.
Eppure, anche se in pieno contrasto con le parole cantate, rappresentano perfettamente quanto sembra fuori luogo e assurda l'esperienza dell'attacco di panico.

E poi, la scena più struggente e spiazzante di tutto il documentario.
La più importante, forse, e proprio per questo quella di cui non vi diremo assolutamente nulla.
In questa ultima scena si percepisce l'esaurimento, mostra senza tanti filtri e senza vegognarsi il suo crollo mentale, frutto di più di un anno di registrazione e lockdown, frutto di una cosa che credeva di aver ritrovato ma che gli è stata strappata di mano dalla pandemia.
Mentre canterà "Goodbye" noi staremo lì, davanti alla TV con gli occhi sbarrati a piangere, perché consapevoli del fatto che per un'ora e ventisette abbiamo guardato un ragazzo del Massachusetts perdere completamente e lentamente la sua sanità mentale, e ci sentiremo in colpa, perché sapremo di non essere stati altro che visitatori che guardano un animale allo zoo.

"Hey, here's a fun idea: how 'bout I sit on the couch and I watch you next time? I wanna hear you tell a joke when no one's laughing in the background. So this is how it ends, I promise to never go outside again.
(Ehi, ecco un'idea divertente: che ne dici se mi siedo sul divano e guardo te la prossima volta? Voglio sentirti raccontare una barzelletta quando nessuno ride in sottofondo. Quindi è così che finisce, prometto di non uscire mai più.)"

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