Una frase appena sussurrata, un discorso origliato tra due adulti, un cambio di prospettiva che ci fa mettere in dubbio chi siamo e cosa vediamo allo specchio. L’adolescenza è il massimo momento in cui si viene costantemente bombardati da suggerimenti che provengono dall’esterno. L’equilibrio in noi è precarico, la ricerca di identità è forte, stabilire i paletti tra cosa è reale e cosa non lo è diviene sempre più difficile. Si smette di essere senza peli sulla lingua, si inizia a riflettere sull’importanza delle bugie e allora… solo allora si diviene adulti. Ma è possibile che la vita tra l’infanzia e la maturità sia segnata solo da omissioni e menzogne?
Elena Ferrante se lo è chiesta all’interno della sua storia, adesso diventata serie tv su Netflix. Lo ha fatto attraverso gli occhi di Giovanna, una ragazzina cresciuta nel Vomero di Napoli che finora non ha esplorato poi molto della sua città, esattamente come non conosce molto di sé stessa. E allora basta solo un’estate per poter cercare di ricalibrare la propria identità, basta un contatto per poterla ricercare e il tempo sembra statico e infinito.
Quando sei piccola, le cose ti sembrano grandi; quando sei grande, le cose ti sembrano piccole.
La vita bugiarda degli adulti gioca proprio su questo cambio di prospettiva: un dubbio che si insinua in una mente che ancora fragile si riflette allo specchio e che non riesce a riconoscersi del tutto. Una somiglianza sussurrata che però non trova riscontro, nonostante ne necessiti. Giovanna, successivamente a una conversazione avuta tra i suoi genitori, è incuriosita della figura della sorella di suo padre. Una zia, Vittoria (Valeria Golino), di cui non ha assolutamente memoria, ma alla quale sembra assomigliare molto. Vittoria, nel corso del tempo, nella sua famiglia, è diventata quasi un modo di dire: l’indice di un’espressione arcigna che non porta nulla di buono. Lei è considerata cattiva, sottrattiva, invidiosa. Ma la verità è un’altra ed è solo compito di Giovanna scoprire fino a che punto i suoi genitori sono in grado di mentire.
Le fragilità dell’adolescenza, in questo modo, trovano riscontro all’interno di dubbi insormontabili. Una crescita che si fa strada tra inganni ed esplorazione del proprio corpo. Riconoscere la propria immagine allo specchio, la propria bellezza, la propria sessualità. Capire chi si è distaccandosi da tutto ciò che ci è stato detto finora. Capire quanto effettivamente si possa somigliare a chi non si ha mai avuto modo di frequentare, solo per poter essere diversi da chi ci ha messi al mondo.
Nel corso dei suoi sei episodi, sullo sfondo di una Napoli degli anni ’90, tutto avviene con la classica velocità di un ricordo. Un attimo prima sembra tutto al proprio posto, successivamente tutto si inverte e si sovverte. Non c’è spazio per la tangibilità del dolore, all’interno di queste anime già dilaniate dal contesto sociale. Non c’è spazio per la fragilità, perché altrimenti si rischia di esser masticati e triturati in un ciclone di bugie. Si annaspa, ci si arrampica, si lotta e si scappa. Si cerca una maggiore fortuna, si trovano volti più o meno affabili, ci si appassiona.
Edoardo De Angelis firma la regia di una serie che riesce a toccare molte corde dello stato d’animo umano. Una narrazione che viene totalmente lasciata in mano agli occhi azzurri della sua protagonista. Un’esplorazione che ha necessità di quella viva purezza che pian piano si corrompe per potersi avvicinare alla maturità. E allora sì… si diviene adulti quando si inizia a mentire, quando si omette, quando ci si rende conto che forse è meglio una cosa non detta.
Giordana Marengo dona un’ottima interpretazione sulla scena: convincente fin dal primo istante, bellissima quando sorride, scura quando i pensieri le affollano la mente. L’attrice è perfetta per la sua esplorazione, per il suo coming of age e per reggere il confronto con la protagonista della scena: Valeria Golino. Vittoria è un personaggio complicato da gestire, fatto da così tante sfumature da essere reale e tangibile molto di più di quanto non possano essere i genitori della stessa Giovanna. Valeria dà alla sua Vittoria una pura e semplice anima napoletana verace che riesce ad abbattere ogni singola barriera di simpatia o antipatia. Alessandro Preziosi, nel suo ruolo di padre, è cucito sul suo personaggio; così come lo è anche Pina Turco nel ruolo di donna, moglie e madre.
Una storia dannatamente umana che incuriosisce, spinge il pubblico alla visione, intriga. Lentamente si scende all’interno della vita di Giovanna senza giudicarne le scelte, ma volendo sempre più essere coinvolti in quell’effimera esistenza. Una storia molto femminile che affronta la crescita di un'eroina in un continuo confronto generazionale.
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