Questo ci porta inevitabilmente a difendere le nostre verità pur non accorgendoci che nessuna di loro è mai assoluta e cambia proprio come lo fanno i colori a seconda del riflesso della luce.
Abbiamo voluto condividere da subito l’insegnamento ricevuto da “Il campo di Gosto”, di Anna Luisa Pignatelli – letto in anteprima grazie alla Fazi Editore – perché è arrivato così inaspettato che avevamo paura potesse sfuggirci.
Il romanzo è disponibile in tutte le librerie a partire da oggi e per questo ne approfittiamo per parlarne.
Attenzione, però, perché potremmo dare una visione diversa di Gosto e per questo potrebbero esserci dei piccoli spoiler.
Ci troviamo nei piccoli paesini della Toscana, dove il neopensionato Gosto vive la sua nuova quotidianità tra le attività del presente come pagare le bollette, sistemare il suo orto, fare le commissioni, intrecciare rapporti con i vicini e cercare di scappare da una figlia arrivista... e i suoi ricordi del passato, legati all’infanzia, al lavoro, ai primi anni del matrimonio.
Una situazione comune, potremmo pensare, eppure nella mente di Gosto si affacciano dei dubbi latenti, probabilmente conosciuti a chiunque abbia affrontato il momento della pensione: “Cosa ho concluso nella mia vita? A cosa mi sono dedicato?”
Lo sappiamo, può essere un tema scottante, alcuni preferirebbero non pensarci, eppure – come ripetiamo sempre – la vita non è solo famiglia e lavoro, c’è molto e molto di più.
Eppure ciò che salta subito agli occhi è che tra i due è Gosto a essere il solitario: non ha amici, non ha un buon rapporto neanche con l’unica figlia e pur di non lasciarle nulla in eredità, pensa di dare tutto a un ragazzetto conoscente. Si disinteressa anche della nascita imminente del suo primo nipote e il rapporto con il fratello maggiore probabilmente non è mai iniziato. Dalla sua infanzia al presente, ha intrattenuto solo un buon rapporto, seppur non così vicino, quello con il suo professore di lettere delle medie.
Ci siamo chiesti, leggendo e rileggendo: ma dov’è, esattamente, che Gosto dice di riporre la sua fiducia negli altri? Possibile che nel paese siano tutti marci dentro? Che non si salvi nessuno, proprio nessuno? Possibile che sia sempre colpa degli altri?
Zelia, la moglie, al contrario, sembra avere relazioni anche se è la prima a non considerarle chissà quanto intime. Solo un modo per avere qualcuno, per parlare, per conoscere.
Gosto è solo, qui il lettore può decidere se felicemente o infelicemente, si rifugia nei suoi campi, nella natura, negli animali e in tutto ciò che può dargli amore, sì, ma senza soffrire.
Perché quello che crediamo è che Gosto abbia molta speranza nel genere umano, ma che – per la figura maschile con cui è cresciuto – abbia una grandissima paura di amare e per questo non si fa vedere per ciò che è: ha ancora più paura di essere amato.
La sua sete d’amore è così grande che gli basta vedere una donna per cominciare a immaginarsi una vita assieme a lei, ma è grande anche il terrore, ecco perché si boicotta presentandosi come “Storto”, soprannome affibbiatogli dal padre perché da ragazzino, secondo il genitore, non era capace a fare nulla.
In Gosto è sempre viva la speranza e la fiducia degli altri. Le sue non sono lamentele da vittima, tutt’altro. Ci ritroviamo moltissimo in lui perché potremmo issarlo a bandiera di tutte quelle persone che amano così incondizionatamente da avere una spiccata sensibilità e per questo la loro sofferenza è più profonda.
Possiamo citare una frase contenuta nella serie tv Fleabag (avendola vista in lingua originale, non sappiamo come sia stata tradotta nel doppiaggio italiano): “Penso che tu meglio di tutti gli altri conosca l’amore, ecco perché trovi tutto così doloroso”.
Crediamo che la figlia non odi il padre, è semplicemente quest’ultimo che inconsciamente conosce molto bene la luce dentro di lei e gli fa male vederla sposata a un uomo viscido, arrampicatore, pronto a fare di tutto in nome del potere materiale.
Gosto riconosce a fiuto tutte le persone e le stesse persone riconoscono in Gosto lo specchio della verità; il clima che ne viene fuori è di reciproca ostilità dove, se il primo ignora il più possibile, gli altri cercano di mettergli i bastoni tra le ruote, mandando in giro voci che non hanno un briciolo di attinenza con il “vecchietto” che nella vita ha sempre e solo voluto vivere liberamente, senza dar conto a nessuno.
Gosto è l’unico in paese a preoccuparsi davvero per la scomparsa di Stella, una ragazzina allegra e vivace che lui può fieramente considerare sua amica, eppure la sua ansia per cercare di capire cosa le sia successo viene vista quasi come l’affermazione di una sua colpevolezza.
“Il campo di Gosto” fa riflettere anche su quanto diciamo di disprezzare degli altri vive dentro di noi, e che forse le persone che meno sopportiamo, sono proprio quelle che ci dimostrano di che pasta siamo fatti.
Fidarsi degli altri è un atto di amore incondizionato e, ammettiamolo, amare fa una paura tremenda.
Ma è davvero giusto vivere la propria vita in solitudine, pensando solo al proprio orticello?
Arriverà per tutti il momento della vecchiaia, dove faremo i conti su quello che abbiamo realizzato, e alla fine di tutto conterà solo quanto amore siamo riusciti a trasmettere.
Speriamo vogliate darvi la possibilità di invertire rotta e aprirvi sul serio all’altro, nel nome di Gosto.
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