Quella strana sensazione di quando inizi ad acquisire un legame verso un luogo. Non sai com'è successo, ma lentamente qualcosa è accaduto.
Neanche te ne accorgi e ritrovi una certa nostalgia e affezione indefinita verso in posto in cui hai vissuto, verso un posto che hai vissuto.
Nella mia esperienza, ho vissuto quasi tutta la mia vita in Sicilia, tranne gli ultimi tre anni in cui ho vissuto a Roma. Ma sono comunque tre anni che mi hanno lasciato un segno e non posso far finta non ci siano stati.
Tre anni in cui ho trasformato lo spazio in luogo, tre anni in cui ho inscritto le mie emozioni lontano da dove sono sempre stato.
E ogni volta che sono tornato a Roma, guardavo tutto con occhi gremiti di meraviglia, come in questa poesia che scrissi qualche stagione addietro:
"Accolto nella stazione di termini,
distratto in un profumo smarrito,
di tanta grandezza ho ancora vertigini:
muovo i miei passi nello scenario squisito.
Dove la strada ferrata s'interrompe,
s'accede nell'antica metropoli.
Lì, il tempo ha lasciato le impronte
forgiando civiltà, storia e popoli.
Il cemento rigoglioso e ridente
emana un fascino intenso,
epifania che si manifesta latente
nelle strade di San Lorenzo".
(Gianluca Boncaldo, Il ritorno a San Lorenzo).
Tra Roma e la Sicilia c'è un abisso. Una separazione spaziale e cognitiva che ora mi fa sentire un estraneo in entrambi i luoghi. Ed è strano da dire: nonostante il legame verso i miei luoghi di vita, mi sento un estraneo.
Non sono di certo l'unico ad aver vissuto in diverse realtà, ma qui ho un altro problema. Detto brutalmente, la verità è che non mi sento più a casa in nessun posto, e forse... non mi sono mai sentito a casa.
Può essere questo il fato di un eterno turista fra due realtà. L'animo diasporico di chi vive un continuo ritorno.
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