La presenza di Louis Garrel non è passata inosservata all’interno della Festa del Cinema di Roma 2022, oltre a essere presente all’interno del cast di L'ombra di Caravaggio, l’attore francese è stato anche in mostra nelle sue vesti da regista. Giunto alla sua sesta prova dietro l’orchestra cinematografica, il suo cinema si tinge di una nuova consapevolezza giocando con i generi e miscelandoli all’interno di un risultato folle e ben oleato. L’Innocent arriva, ufficialmente, sui grandi schermi italiani proprio questo 19 gennaio e adesso vi spieghiamo i motivi per cui ci ha tanto convinti.
Abel (lo stesso Garrel) è un giovane vedovo alle prese con i cambiamenti della vita. Lui, un po’ statico nel suo insuperabile dolore, deve venire a patti con l’irruenza che caratterizza la madre. La donna, infatti, si sta per sposare con un uomo appena uscito da galera. Il dolore che il ragazzo porta con sé, quindi, lo spinge ad agire in maniera quasi sabotativa nei riguardi della felicità della madre, mostrandosi iper protettivo e diffidente nei riguardi della sua scelta. Mal pensate e senza alcun tipo di fiducia nei riguardi dell’uomo, inizia una sorta di caccia alla verità. Credendo che una volta uscito da galera lui potesse tornare in attività poco lecite e per tanto finire col coinvolgere di riflesso la stessa madre, Abel dà il via a un adrenalinico noir di ispirazione anni ’70/’80.
Garrel gioca col genere polizziottesco, come lui stesso ha voluto ammettere davanti al pubblico incontrato in sala per la prima di questo ottobre, ma non voleva fare un film che rispettasse i classici cliché. Al contrario, voleva divertire il suo pubblico e voleva anche un po’ confonderlo. Riesce perfettamente nel suo intento grazie ai caratteri che pone come protagonisti di questa vicenda. In particolare è proprio Abel che conferisce potenza all’arco narrativo. Lui è scuro e cupo, chiuso all’interno del proprio lutto pronto a vedere il pericolo anche dove non esiste. Un ragazzo che si imbatte in maniera quasi decisamente fin troppo comica in vicende che non gli competono e che lo fanno sembrare un po’ una macchietta. Proprio le sue azioni conferiscono un ritmo dinamico e scostante a tutto l’interno impianto narrativo, riuscendo a creare una miscela esplosiva e dinamica. La dinamicità richiesta dalle scene d’azione, in tal senso, subisce diverse battute d’arresto ben riuscite proprio grazie alla dichiarata goffaggine che contraddistingue il protagonista. Lui non è il classico bello e dannato, anti-eroe del noir; al contempo non riesce a essere neanche il perfetto eroe da commedia romantica. Non si accorge dei propri sentimenti, nonostante questi evolvano durante tutta la narrazione. E se, all’apparenza, possiamo giudicare quasi naif la madre, anche in questo caso ci si trova davanti a un twist interessante che comunica direttamente con l’emotività di Abel.
Giocare con i registri filmici si rivela la chiave vincente di questa pellicola. Un modo per poter riuscire a strutturare la propria narrazione senza dover ripercorre i passi di ciò che è stato già fatto. Le fisicità degli attori, in questo modo, si prestano perfettamente a ogni singola sinfonia in scena. Persino la fotografia, se si allena l’occhio, cambia in base all’umore che vuol esser trasmesso. Questo particolare, infatti, traspare principalmente in uno degli inseguimenti. La composizione sotto l’occhio dello spettatore, in questo modo, si divide in diversi riquadri l’uno avente un colore diverso dall’altro, rispettando le ambientazioni umorali dei diversi generi che stanno trattando: la commedia ha i classici toni pastello, il noir quelli più freddi e tendenti al blu, il romanticismo è connotato dal rosa. Ogni singolo elemento, in questo modo, riesce a dare la chiara idea di ciò che si vuol portare sotto l’attenzione del pubblico.
L’innocent, come dichiara il titolo stesso, è una commedia degli equivoci che riesce a regolare la propria sinfonia secondo le volontà del suo direttore.
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