Oggi parliamo di arte urbana, trattando di un’opera presente sul suolo americano. Più precisamente ci troviamo in una periferia Las Vegas, dove un muratore immigrato italiano ha costruito amatorialmente delle torri dall’architettura stravagante. Sono stati utilizzati cemento, ferro e diversi materiali di scarto (come cocci di vetro, ceramica e conchiglie).
Il nostro architetto si faceva chiamare “Sam Rodia” ed è oggi ricordato come un eroe della comunità.
Egli non ha mai insistito sulla portata artistica ed estetica della sua impresa, diceva solamente che “voleva fare qualcosa di grande”.
Ecco dunque che Sam ha incarnato pienamente lo spirito dell’immaginario americano. L’uomo solo che viene dal nulla e che con le sue forze inizia a realizzare i propri obiettivi.
Se gli si chiedeva il perché delle torri, lui rispondeva:
“Perché un calzolaio ripara le scarpe? Perché un sarto cuce i pantaloni?”
Aveva una vera e propria vocazione, era uno stacanovista che dedicava alla propria opera gran parte del suo sonno e del suo tempo libero.
“Comincio a lavorare la notte, a mezzanotte. Dormo cinque ore e lavoro altre due ore la mattina. Domenica, il giorno di Natale… Cinquantadue domeniche l’anno più le feste […]. Io sono un uomo d’acciaio, c’è solo acciaio lì dentro. Ho speso tremila dollari d’acciaio lì.”
Gli abitanti di Watts lo vedevano mentre andava in giro per il quartiere alla ricerca di materiali, lo vedevano all’opera negli anni Venti mentre trasformava la morfologia del quartiere creando dei menhir che avrebbero resistito al tempo.
Torre dopo torre, piano dopo piano, Sam costruiva imperterrito, volenteroso di ultimare la propria visione.
Al giorno d’oggi l’opera è patrimonio del quartiere ed è un punto di riferimento simbolico e identitario di chi vive a Watts.
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