sabato 1 gennaio 2022

#Anime: Seven Deadly Sins

Superbia, avarizia, lussuria, invidia, gola, ira e accidia. Questi sono i famosi “sette peccati capitali”, individuati dapprima da Aristotele, per poi avere un elenco completo con il Cristianesimo. Nell’ultimo decennio, diversi anime e manga hanno prestato attenzione a queste “contro-virtù”, se pensiamo che gli homunculus di Fullmetal Alchemist avevano i medesimi nomi. Anche “The Seven Deadly Sins” riprende quell’immaginario, ma spostando il focus da esseri artificialmente creati a supercavalieri. Oggi vogliamo parlare, appunto, di quest’ultimo anime che potete trovare disponibile su Netflix. Nato come uno shonen dalla matita di Nakaba Suzuki, viene pubblicato sul Weekly Shōnen Magazine nell’ottobre del 2012, trasformato in anime due anni dopo.

La trama segue quella dello shonen classico: reietto che viene reintegrato e accolto in una nuova società, che combatte via via nemici sempre più forti, arrivando a dover lottare anche contro la propria natura. Ambientato in un’epoca medievale (con riferimenti al ciclo arturiano), i sette peccati capitali erano i cavalieri più forti della Britannia, al servizio del regno di Lyonesse. Accusati di cospirazione contro il Re e di aver ucciso quello che era il Gran Cavaliere Sacro, sono costretti alla fuga e il gruppo si disbanda. Dopo dieci anni, i Cavalieri Sacri tentano un colpo di stato e tengono in ostaggio il re e le sue figlie. La principessa più giovane, Elizabeth Lyonesse, riesce a fuggire e comincia a cercare i sette peccati capitali, alla ricerca di aiuto.

I sette peccati capitali hanno quel nome per una colpa nascosta nel loro passato e a ognuno è affiancato un animale. Per la superbia abbiamo Escanor, il leone, che diventa incredibilmente arrogante e possente quando è nella sua forma massima, mentre il resto del tempo lo passa sotto le sembianze di un omuncolo triste e demotivato; per l’avarizia abbiamo Ban, la volpe, il cui peccato è stato quello di essersi impossessato della Fonte dell’Eterna Giovinezza; per la lussuria abbiamo Gowther, l’ariete: dopo un passato da bambola, gli viene donato un cuore e prende vita, ma questa dura molto poco, in quanto viene accusato di violenza e di uccisione della sorella del Re; per l’invidia abbiamo Diane, la serpe: il suo peccato riguarda il presunto omicidio della sua amica Matrona, per cui si dice provasse invidia; per la gola abbiamo Merlin, il cinghiale: la sua colpa riguarda la sua insaziabile bramosia di potere; per l’accidia abbiamo King, l’orso: re delle fate, abbandonò il suo popolo nel momento del bisogno; infine abbiamo Meliodas, il capitano dei sette e detentore del peccato dell’ira, rappresentato dal drago. Di tutti, solo lui è imparentato con i Demoni, al cui rifiuto di diventarne il sovrano, lo hanno condannato a dover assistere in maniera continuativa nei secoli alla morte della sua amata, all’epoca rappresentata dalla Dea-Angelo Elizabeth, ma che a ogni reincarnazione, perde i ricordi. Quando comincerà a ricordare, arriverà al contempo la morte.

La storia, malgrado la linea sia - come detto - abbastanza scontata a livello strutturale, è molto appassionante e non manca di colpi di scena. Chiamarli “Sette Peccati Capitali” per delle colpe che hanno da espiare può dare l’idea di “cattivi”, quando in realtà sono per lo più goliardici e “alla mano”. Non si punta al creare una trama articolata, piena di sotterfugi come un Death Note, ma quella linearità della trama viene trattata a dovere, eliminando possibili buchi di trama. 

Non manca il viaggio dell’eroe, Meliodas, alla ricerca dei propri compagni, che vengono ben analizzati sotto l’aspetto psicologico. Non solo lui, ma tutti i sette hanno un passato molto articolato, trattato sempre con i dovuti riguardi. 

Anche le storie d’amore, per lo più quella di Meliodas ed Elizabeth, o quella di Ban ed Elaine (a cui hanno dedicato due volumi del manga spin-off) non vengono mai proposte in maniera eccessivamente smielata. Ogni personaggio è segnato nel profondo da una morte che li ha sconvolti, ma con cui cercano di venire a patti per essere migliori e, nel difendere i deboli, provano a espirare il peccato che li resi ciò che sono.

Se avete voglia di un buon anime fantasy, “I sette peccati capitali” fa il suo lavoro. Noi lo abbiamo adorato, forse proprio perché la trama non è eccessivamente intricata e che quindi si segue senza alcun senso di pesantezza. Mancando di un carico di pretese, riesce a catturare l’interesse dello spettatore che, quasi senza rendersene conto, non può che empatizzare con i traumi dei sette: non fare abbastanza per qualcuno in difficoltà, l’egocentrismo, condannare, vedere le buone intenzioni macchiarsi, le menzogne e le apparenze segnano, almeno una volta nella vita, tutti quanti. Non vi resta che mettervi comodi e premere il tasto “play”.

 

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