Se avete visto alcuni dei vecchi film di Ficarra e Picone vi sarà capitato di sentire le canzoni di un band che magari al di fuori del territorio siculo non tutti conoscono; stiamo parlando dei Tinturia. La band nasce nel 1996 a Raffadali, un comune nella provincia di Agrigento e la loro sicilianità si sente tutta all’interno dei testi delle loro canzoni. Il primo album, infatti, pubblicato nel 1999 è "Abusivi (di necessità)" ha ricevuto una discreta notorietà in tutto il territorio siciliano, ma è rimasto relegato all’isola a causa dell’uso del siciliano. I testi, infatti, sono per lo più scritti in dialetto, come si può anche notare dalle canzoni usate come colonna sonora nel film del 2002 "Nati Stanchi" di Ficarra e Picone.
Nel 2005 le cose iniziano a cambiare e la band comincia a incidere i suoi pezzi in italiano firmando anche un album con la stessa Universal: Nessuno è perfetto (per fortuna). A questo seguono l’album del 2007 "Io sto qui" registrato dal vivo durante la tournée dei Democratici di Sinistra del 2005. Nel 2008 arriva poi l’album "Di mare e d’amuri” e nel 2014 "Precario" da cui viene estratto l’omonimo singolo.
La formazione attuale è:
Lello Analfino: voce, diamonica
Angelo Spataro: batteria
Peppe Milia: chitarra elettrica ed acustica
Domenico Cacciatore: basso
Edoardo Musumeci: chitarra elettrica ed acustica
Lino Costa: chitarra elettrica
Vincenzo Fontes: pianoforte e synth
Il loro genere è per lo più il Folk misto al pop al rock, il loro talento è sempre stato quello di riuscire a mescolare i diversi elementi che caratterizzano una terra come la Sicilia e le differenti personalità dei vari componenti della band. Una delle canzoni che al meglio riesce a rappresentare questo mix è sicuramente: 92100.
92100 è il codice di avviamento postale di Agrigento. Un numero che indica, dunque, la provincia di provenienza e che identifica in un certo senso la terra natia dei componenti della band. Una terra che noi di 4Muses conosciamo benissimo e che amiamo ritrovare all’interno delle parole del testo di questa canzone.
"Che odore di limoni e gelsomini | Che c'è nella mia terra se cammini | Mi sento forte, e ho il cuore di un liuni | Guardannu chista genti ca m'arridi"
Con la prima strofa la canzone inizia a raccontare un po’ della Sicilia, una terra nella quale si può camminare sentendo odore di limoni e gelsomini, un luogo che ci fa sentire forti come leoni anche grazie al sorriso della gente che la vive.
"Arabi, normanni, fenici | Barbari, sicani e quattro proci | Erano tre mila quanto i greci | C'era un santo nero e gli africani | Sono passati secoli e le facce | Sono rimaste tutte quante uguali | Siamo figli di chi ha dominato | Mezzi cattolici e mezzi musulmani"
Comprendere quanto la bellezza di questa terra sia data proprio dalle dominazioni che abbiamo avuto, dal mix di cultura che ha dato la vita alla generazione che adesso continua a calpestarne il suolo. Siamo mezzi cattolici e mezzi musulmani e ciò lo si vede in cucina così come nei toni che contraddistinguono le varie carnagioni, ma siamo anche normanni, fenici e greci.
"Non so stare senza questo sole | Questo mare, mi spavento | Vivo bene solo quando sono in casa 9-2-100 | Non so stare senza questo sole | Questo mare, mi spavento e piango. | Vivo bene solo quando sono in casa 9-2-100"
La nostalgia e la lontananza che tutto questo folclore richiama è talmente tanto forte da muovere un sentimento di paura quando se ne sta lontani.
"La dominanza, i guerri e li mafiusi | Resiru a strata arida e spinusa | Abbiamo a protezione i tre giganti |E siamo gente con le mani avanti"
Le dominazioni, le guerre e i mafiosi hanno reso questa strada arida e spinosa. Ma abbiamo la protezione dei tre giganti, cioè delle tre punte della Sicilia simboleggiate anche nelle tre gambe della Trinacria. I loro nomi sono Lilibeo, Peloro e Pachino.
"U patri dici o figliu un fari u sbagliu | Vatinni di sta terra ca unn'è cosa! | Ma iu ca ci nascivu e c'ha muriri | Ma senza toccu e sonu di campani | In questo posto siamo tutti amici |Se litighiamo poi facciamo pace | Ci conosciamo tutti e siamo uniti | Per questo ci ammazziamo come i cani | Sono passati secoli e le facce | Sono rimaste tutte quante uguali | Siamo figli di chi ha dominato | Mezzi cattolici e mezzi musulmani"
In questo testo il siciliano fa da monito e da ricordo a una frase che chiunque, prima o poi, si è sentito dire da un qualcuno di più anziano - talvolta anche i padri -: il padre dice al figlio di non fare lo sbaglio di restare, dovrebbe andare via perché questa in questa terra non si può fare nulla. Ma tu, da figlio ostinato, avendo tutto lì, qui devi morire, senza il suono della campane - riferimento alla canzone popolare Vitti ‘na crozza -. In questo posto siamo tutti amici e litighiamo poi facciamo pace, ci conosciamo tutti e siamo uniti, per questo ci si ammazza senza remore.
In poche semplici strofe i Tinturia riescono a raccontare una terra fatta di dicotomie, di bellezze e di diverse problematiche. Una terra dal passato forte e ancora presente, delle radici che mostrano la loro durezza e la loro perseveranza nel DNA delle persone che la vivono. Una terra, come molte nel sud, che è ostile alle novità, ma che nel suo immobilismo ha una meraviglia da regalare e mostrare a chiunque sappia coglierne le bellezze.
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