Da qualche giorno è disponibile l'ultimo prodotto di casa Disney sull’omonima piattaforma, ovvero “Encanto”. Questo film d’animazione si discosta davvero tanto dai precedenti, sia per i personaggi che per le motivazioni che mettono in moto la trama. La storia è molto semplice, per quanto interessante: Encanto è una terra benedetta (in Colombia), concessa alla famiglia Madrigal insieme a una casa magica che capeggia su di una collina, chiamata affettuosamente “Casita”. Tutti i membri della famiglia hanno uno straordinario potere magico: chi la forza sovrumana, chi di controllare il tempo metereologico, chi di far crescere i fiori, chi di prevedere il futuro, chi di curare con il cibo, ecc... Solo la protagonista della storia, Mirabel, è priva di ogni potere magico. Abuela, la capofamiglia, non vede di buon occhio la nipote, meno che mai quando si rende conto che lei sarà la causa della rovina della famiglia, di Casita e di Encanto.
Mirabel,
come dicevamo, è la protagonista della storia: capelli ricci corti, occhi tondi
alla Harry Potter, molto propositiva, anche se il fatto di non essere accettata
dalla nonna la lacera dall’interno. I poteri si ricevono quando la casa fa comparire
una magica porta che sarà la stanza del bambino divenuto a tutti gli effetti un
Madrigal. La porta di Mirabel, anziché aprirsi, semplicemente scompare, gettando
Abuela nello sconforto.
Quest’ultimo personaggio incarna tutte le aspettative che tendiamo a proiettare sugli altri. Severa e ligia al dovere, Abuela ha un piano prestabilito per tutti i membri della famiglia: Isabela, la sorella di Mirabel che può far comparire i fiori dal nulla, è destinata a essere sempre quella perfetta, sempre in ordine, che non può divertirsi e costretta a sposare un uomo che non ha mai amato solo per non deludere sua nonna. Luisa, l’altra sorella, ha la forza bruta, ma non le è permesso essere fragile, mai. Il tutto per “rendere fiera la famiglia”. La domanda è: “A che prezzo?”
Questo
cartone dimostra che non possiamo proiettare le nostre aspettative sugli altri,
perché così potremmo distruggere l’altro. Famosa è la canzone “Non si nomina Bruno”,
ma chi è Bruno? All’inizio viene descritto come un mostro, uno iettatore,
personaggio oscuro che con i suoi presagi getta maledizioni sugli altri. La sua
colpa? Prevedere il futuro. Bruno, al contrario da quanto sembra, non è che la prima
vittima di Abuela, suo figlio, che aveva previsto la distruzione di Encanto. Con
il suo desiderio di perfezione, con le sue aspirazioni per ogni figlio, la donna
non fa che schiacciare tutti quanti, costringendo ogni personaggio a negare la propria
natura.
Altra
particolarità di questo film d’animazione è il fatto che non c’è alcun cattivo.
Non c’è un villain, al contrario di quanto sembra per parte del film. Bruno
non è mai stato malvagio, anche se lo dipingono come perfido, spietato e iettatore.
In realtà è il più fragile, quello su cui Abuela ha riversato il suo astio, al punto
da costringerlo a nascondersi. Eppure lui non ha mai smesso di amare la famiglia,
ritrovandosi a vivere in una intercapedine del muro con uno spiraglio di luce che
dà sulla cucina.
È Abuela
la cattiva? In realtà no, o meglio, lo sono tutti quelli – genitori compresi – che
sognano per il figlio la vita che non hanno mai avuto. Alla fine basterebbe semplicemente
il: “vivi e lascia vivere”, perché la vita non ci pone mai davanti sfide che non
possiamo affrontare, e infatti la situazione di “Casita” si risolve nel momento
in cui Abuela si riappacifica con Bruno, quando finalmente accetta che ognuno sia
se stesso, perché ognuno è speciale a modo proprio.
Forse l’unica pecca del film è la velocità con cui si risolve tutta la situazione, con un bacio sulla guancia di Abuela a Bruno. Ecco, se ci fosse stato un approfondimento psicologico senza un forzare il lieto fine, sarebbe stato tutto perfetto.
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