Sicuramente non mi sento come mi sentivo quando ho scritto “Quindici” solo cinque mesi fa.
E allora perché mi sono dovuta fermare dalla correzione degli articoli da pubblicare per colpa delle lacrime che hanno iniziato a scendere dai miei occhi, e che con il passare dei minuti si stanno unendo sempre di più ai singhiozzi?
“E quando fuori dalla tua finestra il cielo si fa più grigio, e quando dentro ai tuoi pensieri si insinua un senso di amarezza, e quando avverti una crescente mancanza di energia, e quando ti senti profondamente solo. Ecco, quello è il giorno dell'appuntamento con il bilancio della tua vita”
Ecco, io questa cosa del bilancio della mia vita non me la vivo bene, e puntualmente quando si avvicina la fine dell’anno, per non pensare al fatto che tendenzialmente non mi sopporto sotto numerosissimi punti di vista, entro in questo stato di letargia in cui sostanzialmente dormo.
Scrivo, sì, però per il resto dormo.
Ovvio che dormo per scappare da una situazione che potrei tranquillamente affrontare sul momento, ma la verità è che ho paura. E non è che ho paura di rivivere delle disgrazie o altro, dopo un po' a quelle ci si fa l'abitudine; ho paura di ripensare al mio anno e rendermi conto di aver fatto qualcosa - anche solo una semplice cosa - fuori posto, ho paura di guardarmi indietro e pensare: "Ah, ho detto questa cosa, questo giorno, a questa persona. Anche se ora come ora è insignificante, chissà come l'avrà presa sul momento".
Poi mi rendo conto che non è possibile non fare cose fuori posto, mi sento in colpa ed entro in un circolo vizioso in cui abbasso le serrande in camera mia, mi metto sotto al piumone, tolgo internet e dormo. Non è importante per me, per quanto tempo: possono essere venti minuti o sette ore, ma devo dormire.
Nel corso degli anni questa cosa è iniziata a succedere così spesso che ormai le finestre della mia camera da letto le alzo due volte a settimana semplicemente per far prendere aria alla stanza. So che non è sufficiente, ma nella mia testa va bene così; d'altronde, in camera mia ci entro solo io.
Una delle mie paure più grandi - fobie, quasi -, è l'ultimo dell'anno. Da quando conosco Manu, Frè e Aida è diventato quasi legge per me passare la sera del 31 Dicembre con loro. C'è sempre un momento però in cui durante il conto alla rovescia per l'anno nuovo, mi aggomitolo sul braccio della prima delle tre che mi capita sotto mano e inizio a ridere e a dire: "Sì vabbè però che ansia". Quel momento solitamente è seguito da una serie di abbracci, foto e brindisi, ma personalmente l'unica cosa a cui riesco a pensare è: "Vi prego, voglio scappare da questa situazione e rinchiudermi in camera mia, adesso".
Sia ben chiaro, il problema non è la compagnia, ma il mio aver procrastinato all'infinito quella resa dei conti, quel dover pensare per forza a tutto quello che non ho fatto bene, che avrei potuto non dire, quel dover pensare alle reazioni che le persone hanno avuto dopo determinate mia parole o azioni.
E per quelli che pensano che non ci devo pensare per forza, perché probabilmente l'altro si è già scordato di quella parola fuori posto o quel gesto sbagliato, vi dico: avete ragione, però devo pensarci perché è importante per me, in realtà non mi interessa affatto di quella che è l'opinione generale.
Sì, lo so che è un auto-flagellamento, sì, lo so che non mi porta assolutamente a niente.
Comunque scrivere questo articolo forse è già un inizio di bilancio dell'anno, e infatti io ho già finito le energie.
Quasi quasi abbasso le serrande e mi metto a dormire.
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