Cerchiamo, però, di procedere con ordine. Il film che Spielberg
ci propone è l’esatta versione di ciò che si può veder nella versione classica
e se siete amanti del genere, sicuramente, non potete fare a meno di cantare le
canzoni che sono entrate nell’immaginario pop anche grazie a serie tv come "Glee".
Ma, sì, c’è un ma grande quanto una casa, si nota quello che è il personalissimo
tocco che il solo regista avrebbe potuto dare. La potenza delle coreografie, la
violenza, le emozioni dei personaggi sono rese tangibili in ogni loro più
piccolo aspetto. Non vi neghiamo, anzi lo sottolineiamo, che è possibile siano tutte sensazioni che lo spettatore può quasi vivere sulla propria pelle,
tanto da sobbalzare sulla poltrona per la voracità con cui i pugni si scontrano.
La storia, qualora voi non la conosciate, è una
rivisitazione del più antico “Romeo e Giulietta”. Una storia che continua a
essere attuale quando continua a raccontare una verità, cioè: quanto le
etichette e i nazionalismi territoriali continuino a separare impedendo la
comprensione e la comunicazione. Romeo, in questo caso è Tony (interpretato di Ansel
Elgort, già protagonista di "Colpa delle Stelle"); mentre Giulietta è Maria (Rachel
Zegler). La loro divisione è data, ovviamente, dalle loro origini natie: il primo
è uno Yankee, un componente degli Jets - la banda che cerca di controllare i
bassi fondi di New York - e, la seconda, invece, è portoricana; e suo fratello Bernando
(David Alvarez) controlla gli Sharks - la gang portoricana che, invece, cerca di
mantenere il neo possesso su quelle stesse strade - non è di certo concorde all’idea
che i due possano frequentarsi.
Non vi racconteremo la trama, anche perché è facilmente intuibile ed è anche nota ai più, ma ci soffermeremo su quanto attuale continui a essere questa storia. West Side Story, infatti, nonostante riporti il pubblico all’interno degli anni cinquanta ha una sua riconoscibilità e un suo senso d’esistere. È una storia che merita di esser raccontata e ancora una volta ribattuta sotto una lente di ingrandimento diversa che sia in grado di metter in luce la cruda durezza della violenza. Siamo, del resto, all’indomani di scontri che hanno sconvolto sia l’opinione pubblica occidentale, che la società americana. Abbiamo superato lotte intestine che continuano a verificarsi con la stessa violenza e la stessa voracità di sessant’anni fa. Una lotta classista, fatta di etichette, di intolleranza e di sogni infranti, il tutto rinfrescato all’interno dello spettro cromatico creato da Spielberg. Un film che, dunque, per noi mette in luce l’esigenza di raccontare certe diversità e certe problematiche, presenti tutt’oggi, ma che emergono anche in altre pellicole arrivate in sala quest’anno.
In ultima battuta è un remake che merita non solo d’esistere,
ma che è davvero godibile.
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