lunedì 31 gennaio 2022

#Pensieri: Il punto di vista del carnefice

"E quando fuori dalla tua finestra il cielo si fa più grigio
E quando dentro ai tuoi pensieri si insinua un senso di amarezza
E quando avverti una crescente mancanza di energia
E quando ti senti profondamente solo
Ecco, quello è il giorno dell'appuntamento con il bilancio della tua vita
Generalmente non è un bel giorno
E non tanto perché il cielo si fa un po' più grigio
Quanto perché tu, ti fai un po' più schifo"
- Giorgio Gaber, "L’equazione"

Ma di cosa abbiamo paura?
Io me lo sono chiesta numerose volte, sul serio: ma di cosa abbiamo paura?
Vogliamo tutti essere quasi santificati ed essere trattati egregiamente dagli altri senza vedere che noi per primi facciamo veramente un po’ schifo e noi per primi abbiamo dei difetti che ci rendono completamente “tossici” e manipolatori.
Non so precisamente quando è stato (forse nel periodo in cui ho scritto “Quindici”), ma c’è stato un momento in cui non mi sono proprio più potuta nascondere dietro un dito; proprio io che sono sempre stata la reginetta delle maschere e degli occhi da cerbiatto (a cui ho sempre fatto ricorso per poter nascondere tutto quello che non volevo si vedesse), non ho potuto fare niente a un certo punto se non abbassare la testa e ammettere tutto, dalla prima all'ultima cosa. E non perché volessi effettivamente farlo (vi assicuro che se siete abituati a scappare e lo fate per meccanismo di difesa non decidete consciamente e improvvisamente di affrontare la vita), ma perché mi sono trovata con le spalle al muro o, come si dice a Roma, m'hanno beccato cor sorcio in bocca.
Di conseguenza, dopo "quei giorni di Luglio", sono sicura che ancor prima di me, Aida, Manu e Frè (in primis, perché è con loro che passo la maggior parte del mio tempo) abbiano notato sempre di più la nonchalance con cui ammetto le mie colpe e i miei difetti e faccio passi indietro; non sto dicendo di dare il mio peggio anche perché non voglio di certo glorificare il lato negativo mio o di nessun altro, ma di certo ne parlo apertamente e non provo più a nascondermi dietro un dito.

E forse proprio perché ora non ho più paura di mostrare anche lo schifo della mia persona, non capisco più per quale motivo qualcuno dovrebbe decidere di voler essere visto come il santo che non è - e di conseguenza, scappare anche da se stesso -, non capisco più di cosa hanno paura gli altri.
Credo di essere arrivata alla conclusione che ci sentiamo così importanti da non poter accettare di far cadere la nostra reputazione, ma io non capisco più quale reputazione dobbiamo tenere in piedi: ci siamo dimenticati che siamo solo un puntino nell'Universo e che siamo importanti per noi stessi e probabilmente per le persone che ci stanno intorno? Sicuramente, penso, ci siamo dimenticati che noi dovremmo essere importanti per noi stessi e lo dovrebbero essere anche le persone a cui vogliamo apparentemente così tanto bene.
E sì, dico "apparentemente" perché non voglio pensare che l'amore per qualcuno sia tutto un portare avanti una semplice menzogna e un mostrare una versione di noi che esiste - se ci va bene, perché spessissimo non ne siamo convinti nemmeno noi - solo nella nostra testa.

E se noi riuscissimo a ricordarci sempre queste due semplici cose (semplici, non facili) forse riusciremmo una volta tanto anche a vedere il punto di vista del carnefice, della persona tossica e sì, se necessario anche di un assassino. Perché carnefici e assassini lo siamo anche noi, a volte anche più di chi viene additato come tale.
Badate bene e cercate di non travisare le mie parole: tutto sto dicendo tranne che dovete farvi andare bene tutto.


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