L’Heroes International Film Festival ci ha dato modo di assistere ad alcuni film in anteprima, tra i vari titoli vi era L’uomo dei ghiacci; pellicola action con Liam Neeson che è in sala dal 2 dicembre. Basta vedere il volto dell’attore per capire di che tipo di film si sta parlando, considerato che gli action da lui interpretati hanno più o meno lo stesso schema ricorrente nella quale lui è l’eroe umano salvatore della patria. Liam, infatti, non ha necessità di indossare un mantello per poter diventare l’eroe delle storie che interpreta. Lui è un uomo tutto d’un pezzo che si batterà sempre per la cosa più giusta da fare, non tralasciando un certo stile machiavellico. Il fine, dunque, come al solito, giustifica tutte le morti che si susseguiranno durante la diegesi.
Ma procediamo con ordine.
L’uomo dei ghiacci non ha una trama molto complicata. Cinque persone - quattro uomini e una donna che fa tanto quota rosa - si devono mettere in cammino lungo la strada di ghiaccio in Alaska. Il problema? È primavera. Quindi la strada si sta per sciogliere e il carico che loro devono trasportare è molto pesante per lo strato di ghiaccio che è rimasto ancora solido. Alcuni minatori sono rimasti sommersi dalle macerie provocate dallo scoppio di una cava di metano. I trenta sopravvissuti contano sul carico che la strada speciale deve riuscire a far arrivare dalla città principale a quella periferica. Il viaggio, inutile dirlo, sarà pericoloso, adrenalinico e necessiterà di un team esperto e ben capace per la guida su una strada che rischia di sciogliersi e rompersi sotto il peso dei loro camion.
La premessa è dunque fatta e, anche se non ci saranno centinaia di morti, in realtà siamo davanti a un action fatto e finito. Gli scontri sono all’ordine dei minuti e i sabotatori della missione sono quelli più difficili da individuare e da estirpare. Non è, infatti, necessario scender troppo nei dettagli per comprendere su che corde questo film voglia muoversi. È facilmente intuibile comprendere cosa potrebbe avvenire scena dopo scena e non è di certo impossibile comprendere il naturale decorso del film. Non brilla certo di colpi di scena o di originalità, ma diciamo che riesce a essere intrattenente anche se a tratti perentorio e ripetitivo. Gli action con Liam servono, come abbiamo voluto evidenziare, a metter in mostra il suo non talento recitativo e le sue capacità da stuntman. I ruoli di questo attore sono sempre, per lo più, cristallizzati sulla stessa caratterizzazione, ma del resto ha praticamente formato la propria carriere su queste caratteristiche.
Il ritmo dell’action, però, risulta essere alquanto stressato. Ne comprendiamo le ragioni ai fini del completamento del minutaggio cinematografico, ma è davvero ridicolo vedere due individui che si prendono mortalmente a pugni in faccia per più di venti minuti di film. L’uomo dei ghiacci è il classico action che non punta sulla qualità della trama o su ciò che vuole raccontare, infatti non è realmente neanche un road movie, né ne ha realmente le pretese. Si, abbiamo una strada, abbiamo un viaggio, ma il protagonista conta più le perdite sulle dita di una mano che realmente le cose che apprende durante questo viaggio. Non c’è una reale crescita del personaggio, non c’è nulla di più rispetto alla situazione di partenza, se non lo pseudo happy ending per il protagonista. E lo definiamo pseudo giusto perché è stata ponderata una scelta nella scrittura di questo film che almeno muta il ritorno alla normalità nel classico viaggio dell’eroe. Senza le perdite, senza l’abbandono, il personaggio principale non avrebbe avuto nessun elemento in grado di contrassegnare la mutazione che c’è stata nel vivere l’avventura che ha dovuto fronteggiare.
L’uomo dei ghiacci è una pellicola che rispecchia i classici e vecchi schemi proposti in altri film il cui protagonista era Liam Neeson. Bisogna solo stare molto attenti a non far arrabbiare il protagonista per capire che questa storia manca sia di scrittura che di contenuto vero e proprio. E per quanto possa sembrare un aspetto negativo, la verità è che rispecchia tutti i canoni del genere e sicuramente chi conosce questo tipo di pellicole sa cosa sta andando a guardare una volta messo un piede in sala.
Tempi narrativi morti, dinamiche troppo stressate all’interno l’arco temporale narrativo e, infine, una perentoria ripetizione di battute alquanto obsolete: ecco come possiamo descrivere l’uomo dei ghiacci con una sola frase.
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