martedì 27 luglio 2021

#Metafisica: Peter Pan

Scrivere di Peter Pan dal punto di vista esoterico potrebbe sembrare semplice perché, nel bene o nel male, tutti abbiamo la nostra idea sul personaggio creato da James Matthew Barrie (prima apparizione letteraria nel 1902, ne “L’uccellino bianco”) e portato alla ribalta dalla Disney, con il classico del 1953: "Le avventure di Peter Pan".

Al momento della morte di Barrie, i diritti del personaggio passarono al Great Ormond Street Hospital, un ospedale pediatrico londinese, situato nel quartiere di Bloomsbury. Per questo e per tanti altri motivi, è lampante come i Bambini Sperduti dell’Isola che non c’è rappresentino le anime dei bambini che hanno abbandonato il corpo. Ovviamente non c’è solo questo. Oggi analizziamo l’opera Disney, dal punto di vista esoterico. Fateci sapere anche la vostra, sperando di trovare altri significati nascosti. 

Fin dall’inizio del film, la figura di Peter Pan è chiara e totalmente collegata all’infanzia. I tre fratelli Darling, in ordine d’età e con i nomi all’italiana, Wendy, Gianni e Michele, sono degli appassionati di Peter, tanto da giocare inscenando i combattimenti tra quest’ultimo e Capitan Uncino. È Wendy che racconta le sue avventure ai fratelli più piccoli e nonostante sia la maggiore, crede anche lei ciecamente all’esistenza dell’Isola che non c’è. 

Conosciamo da subito anche i genitori dei ragazzi: Agenore e Mary. Come ben sappiamo, il maschile rappresenta l’Ego, il femminile la nostra anima. Agenore è un padre all’apparenza severo, che ama far mantenere la disciplina, anche a costo di sembrare scorbutico. Ma ciò che differenzia questo classico dai precedenti, Biancaneve e Cenerentola tra tutti, è che il ruolo del cattivo non incute mai terrore, anzi. Dal burbero padre, che nessuno tra figli e moglie ascolta veramente, o meglio: nessuno se la prende davvero con lui; al capo degli indiani, a Capitan Uncino, vediamo i cattivi come una sorta di simpatici omuncoli che, sì, tentano di farci del male, ma che non riescono mai. Anzi, ci facciamo anche una grande risata. 

"Povera Nana, povera Nana. Mai una volta povero papà."

Nel cammino spirituale si parla di abbattere l’Ego senza combatterlo, bensì semplicemente vedendolo da un punto di vista più alto, dove tutto quello che dice e fa è più simile a un bambino piccolo che fa i capricci. A volte possiamo stare al suo gioco, altre volte no, ma in entrambi casi lo si osserva ridendo.

Il signore e la signore Darling vedono Peter Pan come una figura legata esclusivamente all’infanzia, e mentre la seconda ha più la concezione che ogni bambino cresce quando è il momento, il primo impone la crescita arrivati a una certa età.

Così quando Michele e Gianni, presi dal gioco, intralciano i preparativi dei Darling in vista di una festa importante, Agenore, esasperato dal comportamento infantile dei due supportati dalla fantasia creativa di Wendy, impone alla figlia maggiore di andare via dalla stanza dei bambini. Quella sarebbe stata l’ultima notte che lei avrebbe passato in compagnia dei fratelli, perché giunta l’ora della sua crescita. Notiamo come in questo cambiamento drastico nessuno faccia scenate, né i figli, né la moglie. Non sono d’accordo con il padre, ma c’è accoglienza nelle sue parole. Il classico: “sia fatta la tua volontà”. 

"Anche la vita può essere una grandiosa avventura."

Crediamo che accettare il negativo equivalga a stare male, ma nella realtà dei fatti è il contrario. È quando neghiamo il processo di modifica della nostra vita che ci attacchiamo a qualcosa che sta andando via. È come tenere saldo in mano un qualcosa: più lo stringiamo, più i nostri muscoli stanno in tensione, la pelle diventa rossa e noi sentiamo dolore. Se lasciamo andare ciò che deve andare, come gli alberi fanno cadere le foglie secche dai rami, quando ci arrendiamo al dolore, allora questo ci fortifica, ci rafforza, ci mostra una nuova consapevolezza.

Quando i genitori lasciano la casa per recarsi alla festa, e i bambini si addormentano, Peter Pan entra nella stanza per andare alla ricerca della sua ombra, lì dimenticata. Wendy si sveglia e gliela restituisce, cucendogliela. Trilli la fatina amica di Peter Pan, è così attaccata al ragazzo che scatena subito la sua parte insicura (guardandosi le cosce) e gelosa.

Peter Pan incarna quello che Jung definiva il bambino divino: quella parte di noi totalmente creativa, che sa trasformare ogni difficoltà in opportunità. Peter Pan prende tutto alla leggera, pensa solamente al presente, senza vedere davanti a sé ostacoli. Chiede ai bambini Darling di andare con lui verso l’Isola che non c’è, e lì incontriamo il rancore negli indiani, l’aggregazione nella ciurma di Uncino, la sete di vendetta del Capitano, ancora la gelosia in Trilli e nelle sirene.

Eppure Peter Pan non vede nulla di tutto ciò. Non vede cattiveria in nessuna di queste persone. L’archetipo del bambino divino è quell’essenza pura in noi che ancora non si è scontrata con la sofferenza e il dolore del mondo. Attenzione: non è ingenuità. Non è l’ingenuità di Michele -il fratello più piccolo- che infatti viene catturato, né è il menefreghismo dei genitori assenti. È proprio quella forza pura che non giudica una situazione definendola negativa, brutta. Proprio perché non la giudica quando si palesa, sa come affrontarla. Quando si dice di crescere rimanendo un po’ bambini si parla proprio di questo. Nutrire la nostra parte infantile è ricordarci sempre che “tutto è possibile

“Quando hai la gioia nel cuor/tu ti senti sollevar/e se il mondo coi suoi guai/alle spalle lascerai/le nubi puoi guardar/puoi volar”

Alla fine di tutte le avventure, i ragazzi tornano a casa. Quando tornano i genitori sorprendono Wendy addormentata sul davanzale. La svegliano e lei racconta ai genitori tutto ciò che hanno passato sull’Isola che non c’è assieme a Peter. Ha sognato tutto quanto? Poco importa. Dalla finestra Mary e Agenore vedono il vascello di Peter Pan e in quel momento ricordano anche loro.

Ricordano quello spirito bambino che avevano durante l’infanzia, ricordano il momento della vita in cui tutto è possibile, in cui un ginocchio sbucciato passa da tragedia a vanto, a qualcosa di cui andare fieri. Dove una corsa in bicicletta seguita da un gelato è la cosa più bella che potesse capitarci.

Il bambino divino di Jung non ha aspettative, quindi non sa cosa sia il fallimento. Tenta e ritenta finché non riesce, caparbio e paziente nella sua impazienza. Può urlare, scatenarsi, lanciare tutto in aria, ma sa che prima o poi riuscirà a costruire la torre più alta che abbia mai fatto.

Con Peter Pan dobbiamo ricordarci costantemente che quando veniamo catturati dagli indiani in realtà è tutto un gioco, che qualsiasi duello va affrontato con fiducia nei propri mezzi (ricordiamo di quando Peter accetta la sfida di non volare) e per questo lo si vince.

Che se lasciamo il mondo ai suoi guai, se voltiamo le spalle ai problemi terreni perché tanto non ci appartengono, noi possiamo volare. Ricordatevi che alba e tramonto hanno valore solo qui, sulla Terra,  perché fuori dall’atmosfera terrestre il sole non nasce e non muore. Semplicemente splende, semplicemente è.

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