Di film brutti ne è pieno il mondo, ma di offensivi ce ne sono un po’ di meno, e quello di Chiara Sani, arrivato nelle sale italiane giusto qualche giorno fa (lo scorso 5 Maggio), riesce sconfinare superando la linea del grottesco. L’ispirazione alle commedie di un tempo, di cui alcune volte lei stessa è stata interprete, è ben presente, ma è come se si fosse rimasti ancorati a vecchi stereotipi che non si riescono a superare. Lino Banfi è il protagonista di Vecchie Canaglie, una commedia che cerca di radicarsi sull’idea dell’equivoco, ma che realmente diviene l’equivoco stesso. Il must restano: battute stantie e stereotipi maschilisti.
La trama, in realtà, si sarebbe potuta vendere bene e avrebbe potuto giocare maggiormente con le tematiche affrontate. La mancata attenzione che ci ritroviamo sempre più spesso a dare ai nostri anziani, ad esempio, costituisce il reale cuore di questa narrazione, ma la verità è che resta solo in superficie. Ciò che abbiamo avuto modo di vedere è una storia che cerca di puntare la sua attenzione su queste “Canaglie” inserite all’interno di una villa di riposo che sta per essere battuta all’asta. La sua nuova proprietaria (Chiara Sani) conclude accordi su accordi per cercare di liberarsi degli ospiti ancora presenti. Non volendo, però, esser separati, il gruppo di anziani cerca di architettare un piano per poter riuscire ad avere abbastanza denaro da poter partecipare all’asta e aggiudicarsi il tetto sotto il quale hanno vissuto finora.
Al di là di quello che è il motore della narrazione, comunque, fin dalle prime scene si intravedono i problemi: la caratterizzazione dei personaggi, specialmente quelli femminili. Pur cercando di volerli inquadrare in una sorta di “rivincita” come la stessa regista ha dichiarato, in realtà Dottoressa e Infermiera sono per lo più vittime di Slutshaming e di Mansplaining. La prima ha un’evoluzione del tutto sessualizzata e sessuale, tanto che il suo personaggio è completamente schiacciato all’interno della sua dicotomia: da una parte è la frigida donna di mezz’età; dall’altra diviene e viene appellata col termine p*ttana per la rinnovata libido sessuale. E se questa poteva in qualche modo patetico esser chiamata rivincita, viene annullata dalle parole che la compagine maschile le ha dedicato. La seconda, l’infermiera bionda, è oggetto sessualizzato e sensuale: come ogni singolo personaggio dotato di capelli dorati all’interno della commedia all’italiana è fin troppo svampita. Lei si rende oggetto delle attenzioni maschili come fulgida distrazione dai piani che stanno avvenendo all’interno della villa e allo stesso modo è sottoposta al mansplaining da parte dei vecchietti e dei suoi superiori che praticamente le spiegano “fuffa”.
Va, in tal senso, sottolineato anche il personaggio della “donnucola” al balcone. Momento che dovrebbe costituire parte della comicità del film, poco riuscito in realtà, che non fa altro che incupire lo spettatore. Se ci si pensa bene, infatti, il suo è il personaggio più triste tra tutti: non è normale, ne divertente, passare tutta la propria giornata impartire ordini al proprio marito mentre con droni, binocoli e cannocchiale si spia una villa in cui riposano gli anziani.
La Sani, quando si discosta da ciò che l’ha ispirata, riesce ad apportare un reale contributo all’interno della narrazione. Anche se non pienamente sensate, all’interno della pellicola come se si volesse cristallizzare alcuni istanti di vita dei protagonisti, appaiono delle vignette. Disegni che sono stati prodotti dalla stessa Chiara e che costituiscono una sorta di divisione in atti di ciò che stiamo vedendo. Non comprendiamo, in ogni caso, l'uso delle chiusure a cerchio tra un passaggio di scena e l'altro perché non focalizzano realmente l’attenzione dello spettatore né lo connotano di particolare colore.
Vecchie Canaglie non siamo sicure neanche che possa realmente riuscire ad arrivare a un pubblico senile, perché ha ben poco della commedia all’italiana se non gli stereotipi. Siamo sicure che, comunque, non incontrerà il gusto del pubblico più giovane, ma al contrario ne urterà la sensibilità.
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