Anche se di nostro però non siamo mai andate a guardare niente, quando Netflix ci ha avvertite dell’uscita di questo documentario abbiamo pensato: “Ma sì dai, perché no?”.
“Vorrei chiederti una cosa: come si scrive la storia di una vita? Perché le cose vere alla fine circolano raramente, di solito lo fanno quelle false. Se mai avrai qualcosa da chiedermi, ti risponderò.
Tutte quelle cose nascono dalla verità, sai? Perché altrimenti è difficile sapere da dove iniziare, se non si parte dalla verità”
A farci strada all’interno del mistero che avvolge la Monroe abbiamo il giornalista Anthony Summers autore del libro del 1985 “Marilyn Monroe - le Vite Segrete di una Diva”. Insomma, un luminare di questo caso.
A parlarci attraverso i nastri ci sono le voci degli amici, delle conoscenze e dei colleghi dell’attrice, tutti parlano di una donna dolce e affabile, amica di tutti e di nessuno allo stesso tempo.
Essere amica di tutti e di nessuno per Marilyn era più che fondamentale, quasi sopravvivenza: grazie agli appunti del dottor Greenson – il suo psichiatra – vengono alla luce alcune sue dinamiche masochiste e paranoiche. Non era schizofrenica, ma alcuni dei suoi comportamenti lo erano di certo.
Tutti questi comportamenti, e il suo carattere in generale, vengono spiegati ovviamente quando si guarda la sua infanzia, che non aveva mai dimenticato né superato: dopo il ricovero in manicomio di sua madre era stata in dieci famiglie affidatarie, tornata in orfanotrofio per due anni solo per essere stata riadottata e riabbandonata e aveva vissuto per quattro anni con un tutore legale.
Non si era mai sentita e non si sentiva nemmeno da adulta un’orfana, piuttosto una trovatella. La scelta di parole sembrerà anche casuale, ma in realtà il termine “trovatella” è un termine ben preciso: sorvolando sulla questione – non poco importante – che l’utilizzo della parola è strettamente legato ai cani, sentirsi una trovatella è in realtà sì un riconoscere di avere dei genitori, ma sentirsi comunque figlia di nessuno. È ben diverso dal sentirsi o dall’essere orfani.
Diremo una cosa un po’ forte: che sia da attori, da cantanti, da comici o da scrittori, nel mondo dell’arte si entra volontariamente solo se si hanno dei profondissimi traumi infantili. Il perché lo abbiamo spiegato nell’articolo della canzone “Art Is Dead” di Bo Burnham, ma dopo aver parlato per l’ennesima volta di artisti con infanzie traumatiche e problemi di salute mentale ci sembra più che giusto mettere in chiaro questa cosa, consapevoli anche del fatto che nessuna di noi quattro muse è esente da questo discorso.
Tante cose vengono trattate all’interno de “I segreti di Marilyn Monroe”, dal suo rapporto con gli uomini ai suoi aborti, dalla sua carriera cinematografica ai giochi di potere avvenuti nei dietro le quinte, dalla sua dipendenza all’alcol e agli psicofarmaci e il suo ricovero in un ospedale psichiatrico fino ad arrivare, ovviamente, al fulcro del mistero che la avvolge: la sua relazione con i fratelli Kennedy e la sua morte.
Marilyn Monroe con i fratelli Kennedy dopo la famosa esibizione di "Happy Birthday Mr.president" |
Suicidio, incidente o omicidio? Queste solo le domande che per sessant’anni il mondo si è posto e continuerà a porsi.
Quello che infatti fa sorridere è che di “inedito” in questi nastri non c’è un bel niente e non dicono niente di più e niente di meno rispetto a quel che è stato scritto nel libro dell’85 scritto da Summers.
“I segreti di Marilyn Monroe - i nastri inediti” non è affatto un prodotto scadente ma, anche ascoltando le recensioni di amici e conoscenti appassionati di questo caso, possiamo dirvi quasi con assoluta certezza che non aggiunge niente che già non si sappia.
Noi l’abbiamo guardato con piacere, in quanto dopotutto non ci siamo mai approcciate a questa storia, ma se non ne siete completamente vergini vi consigliamo vivamente di non perdere troppo tempo a guardare e ad ascoltare le solite cose. A meno che voi non vogliate farvi un ripasso, ma quella ovviamente è un’altra storia.
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