Quante volte abbiamo sentito questo quesito? Quante volte ci siamo trovati davanti a dei dubbi che contenevano la loro stessa risposta, ma che allo stesso tempo rincorrevano la domanda? L’esistenza umana si computa e si forgia sui dubbi, abbiamo solo l’illusione della ragione e della certezza, ma tutti i più grandi artisti hanno sempre smentito ciò attraverso quelle che sono le loro opere.
Commissionata da Papa Giulio II, tra tutti gli affreschi presenti all’interno della Cappella Sistina, la “Creazione di Adamo” è sicuramente la più famosa. Michelangelo Buonarroti, con la sua realizzazione, ha un po’ messo in scena il dubbio di cui parlavamo precedentemente: è nato prima Dio o l’uomo? Siamo noi a essere a sua immagine e somiglianza o è il contrario perché ciò che è intangibile è una necessaria spiegazione per ciò che non veniva compreso?
La Creazione di Adamo fa parte del secondo blocco di opere affrescate dall’artista. Nel dipingere la volta, infatti, egli procedette dalle campate vicino alla pota d’ingresso a quella usata come ingresso in cappella per il Pontefice, concludendo l’opera con la campata sopra l’altare. Per questa ragione il dipinto è stato datato 1511 circa, ma per la sua conclusione ci vollero sedici giornate. Riportare il progetto non fu facile e vennero usate diverse tecniche tra cui lo spolvero e l’incisione, gli studi pittorici si concentrarono principalmente su Adamo.
Giorgio Vasari scrisse: «[Nella] Creazione di Adamo, [Michelangelo] ha figurato Dio portato da un gruppo di Angioli ignudi e di tenera età, i quali par che sostenghino non solo una figura, ma tutto il peso del mondo, apparente tale mediante la venerabilissima maiestà di quello [Dio] e la maniera del moto, nel quale con un braccio cigne alcuni putti, quasi che egli si sostenga, e con l'altro porge la mano destra a uno Adamo, figurato di bellezza, di attitudine e di dintorni di qualità che è par fatto di nuovo dal sommo e primo suo creatore più tosto che dal pennello e disegno d'uno uomo tale».
All’interno di quest’opera viene raffigurato, principalmente, il concetto preponderante in tutto il Rinascimento: l’uomo a immagine e somiglianza di Dio. All’epoca, infatti, il pubblico non si interrogò davvero su ciò che era stato raffigurato nell’affresco e, quando gli studi hanno spostato la loro attenzione da Adamo all’intera realizzazione, ci si rese conto di come tale composizione di “nuvole” e Dio creassero otticamente un cervello. Il gruppo divino è raffigurato come un “concetto”, divenendo esso stesso un’idea dell’uomo. È Dio che diviene realtà grazie all’uomo, una sua creazione immaginaria fatta e finita per potersi spiegare concetti che non comprende del tutto.
È quasi divertente pensare che in passato il gruppo divino era stato letto come una conchiglia. Il rosa, dietro e spalle di Dio, aveva una forma marina, ma il colore rendeva chiaro il riferimento a ciò che Michelangelo con buon probabilità voleva raffigurare. Del resto il volto di Dio è un autoritratto dello stesso Michelangelo e non per ergersi a divinità, quanto più per poter esasperare un concetto tanto chiaro a egli stesso.
Una nostra personale lettura dell’opera vuole porre l’attenzione anche sugli indumenti: Adamo è nudo, ma Dio non lo è. Le ragioni di questa scelta possono essere molteplici, ma se ci si riflette è facilmente ipotizzabile il fatto che la divinità sia celata all’uomo nella sua intimità perché non c’è data la sua piena conoscenza e la sua totale appartenenza. L’uomo è di Dio, non il contrario. Nasconderne le intimità, inoltre, segna anche ciò che da secoli viene considerato un tabù. Anche in questo caso: il figlio può essere nudo davanti al suo creatore, mentre Dio continua a celarsi come un tabù fatto di moralità e di intoccabilità. Ma è stato l’uomo a esser stato cacciato dal paradiso terrestre, mentre Dio continua a popolarlo.
L’arte di Michelangelo Buonarroti continua ad affascinare e a far riflettere, tanto che noi Muse abbiamo sentito l’esigenza di narrare ciò che concettualmente per molti continua a essere un dubbio e allo stesso tempo un concetto decisamente inafferrabile: ecco perché Adamo non tocca il divino. Non è un intangibilità fatta dall’impossibilità, ma dall’incomprensione.
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