Ma
chi era Billie Holiday? Nasce il 7
aprile del 1915 a Philadelphia come Eleanora
Fagan, figlia di Sarah Fagan - una ballerina - e Clarence Holiday, un suonatore di banjo. Sin da piccola non riceve l’affetto di una famiglia
vera e propria: suo padre l’abbandona per dei tour musicali e la madre,
adolescente, è costretta a fare i lavori più disparati pur di tirare avanti. Eleanora
viene quindi lasciata dalla nonna e da una cugina che la trattano duramente. Abita
con loro a Baltimora, ma subisce anche il razzismo da parte di chi la vede
perfino troppo bianca per far parte della comunità dei neri.
All’età di undici
anni si mette a lavorare come donna delle pulizie in un bordello insieme alla
madre. Nello stesso periodo subisce un tentativo di stupro dal vicino di casa,
ma la denuncia le si rivolta contro: in quanto adolescente di colore, viene
condannata per adescamento. Trasferitasi più avanti con la madre ad Harlem, Eleanora
è costretta a prostituirsi in una casa per appuntamenti per guadagnarsi da
vivere. Proprio in un bordello scopre la musica jazz e blues con i dischi di
Louis Armstrong che diventa per lei un raggio di sole nella propria esistenza. Quando
la polizia scopre il bordello, la condanna al riformatorio. Per evitare di
continuare con la prostituzione e innamoratasi della musica, comincia a
esibirsi nei nigh club con un nome d’arte: “Billie” come Billie Dove e “Holiday”
come il cognome del padre.
La
sua voce è spettacolare e comincia ad ammaliare la città, fino a quando non
viene notata dal produttore John Hammond
nel 1933 che la porta in una sala d’incisione insieme all’orchestra di suo
cognato, Benny Goodman. Incide “Your
Mother's Son-in-law” e “Riffin' the
Scotch”, ma senza successo. Due
anni dopo, nel 1935, Hammond le procura un contratto con il famoso pianista Teddy Wilson, con cui incide “What a little Moonlight Can Do” e “Miss Brown”. È questa la svolta, in cui
il pubblico comincia a scoprirla. La sua voce è fragile, graffiante, impetuosa
e nell’industria discografica si ritrova a rivaleggiare con Ella Fitzgerald. Collabora con nomi
importanti del genere, come Lester Young e Artie
Shaw diviene il primo direttore d’orchestra statunitense bianco ad avere
una donna di origini afroamericane come cantante.
Ha
un matrimonio tormentato con il musicista Joe Guy, suo intermediario per gli
stupefacenti e negli anni la sua vita si divide tra il riempire i teatri e i
problemi legati alla droga e all’alcol. Nel 1947 appare in un film con il suo
mito, Louis Armstrong, nel musical “La
città del jazz” e nel 1958 si esibisce a Milano. Il pubblico, però, non è abituato al genere e dopo appena
cinque canzoni è costretta a tornare in camerino. Solo l’ultimo giorno della
sua permanenza in Italia le viene permesso di cantare in piazza dai veri
intenditori del jazz.
All’inizio
del 1959 le viene diagnosticata una cirrosi epatica, che il 31 maggio la lascia
incosciente sul pavimento del suo appartamento a New York. Ricoverata al
Metropolitan Hospital Center, viene portata all’ospedale in arresto, con tanto
di manette al letto per possesso di stupefacenti. Le vengono diagnosticati
problemi al fegato e disturbi cardiovascolari. Inizialmente viene curata con il
metadone, per contrastare l’astinenza
da droga, e per una decina di giorni sembra migliorare, ma Aslinger, ancora
intento a fargliela pagare, ordina che la somministrazione venga interrotta. La
salute della Holiday peggiora inesorabilmente e si spegne il 17 luglio del 1959
a causa di un edema polmonare e un’insufficienza cardiaca.
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