“La verità vi farà liberi” [Giovanni, 8:22]
In “The Guilty”, remake dell’omonimo film del 2018, seguiamo una giornata al centralino del 911 dal punto di vista di Joe Baylor, un ufficiale della polizia di Los Angeles. Tra le tante chiamate di soccorso, a volte anche inutili, una cattura particolarmente l’attenzione del nostro protagonista, che passerà ventiquattro ore ad aiutare una donna dal presunto sequestro del marito. Stressato, con un divorzio alle spalle e un’accusa di omicidio, Joe metterà in campo tutto se stesso per aiutare la donna, anche se capirà che nulla è mai davvero come sembra.
Non vediamo mai la donna in faccia, tutto quello che ci appare sullo schermo, in un crescendo di tensione, è semplicemente Baylor, con cuffiette munite di microfono, il monitor di un computer e una stanza semivuota. Un ambiente asettico, minimalista, che ha permesso la realizzazione del film in una settimana. Non c’è musica, ma l’ansia cresce grazie alla magistrale interpretazione di Gyllenhaal, i cui primi piani restituiscono bene allo spettatore lo stato d’animo del centralinista. La sua capacità attoriale lascia letteralmente a bocca aperta, perché la carica emotiva dello spettatore segue passo passo la storia crime del film. Sullo schermo, seguiamo fedelmente tutti gli stati emotivi di Joe, dall’ansia alla frustrazione, dalla rabbia alla crescente attesa di vedere come verrà salvata la donna. Certo, per chi aveva già visto il film di tre anni fa, la storia susciterà una sorta di deja-vu, ma per noi che ci siamo approcciate al prodotto per la prima volta, vi assicuriamo che mettere pausa al film era praticamente impossibile.
"The Guilty" restituisce allo spettatore una buona dose di suspance che permette di godere di un film in cui nulla è scontato, nulla è lasciato al caso. Viene completamente ribaltato il genere thriller poliziesco: non siamo sul campo, al seguito dell’investigatore di turno che deve risolvere un caso grazie all’utilizzo della sua mente brillante, passo dopo passo. No, qui vediamo la scena da una prospettiva diversa, dove non ci sono tracce, ma solo respiri, richieste di aiuto e suppliche. Abbiamo i primi piani sugli occhi di Joe, sulle sue labbra, sul suo volto segnato dall’angoscia e da drammi personali che sin da subito ci lasciano intendere lo stato emotivo del protagonista. Gli elementi sensoriali sono la vera chiave di volta che rendono la sceneggiatura ottima.
Nell’aiutare la donna, Joe aiuterà anche se stesso, perché mettendo l’anima nell’aiutare il prossimo, anche la frase iniziale, “La verità vi farà liberi”, acquisterà un senso.
Nessun commento:
Posta un commento