Noi ci siamo state, abbiamo assaporato non solo le note della celebre fanfara, ma anche i racconti di chi è stato bersagliere, di chi lo è ancora, delle mogli, delle madri, ma anche di persone appassionate di tutto ciò. Ogni parola è stata per noi fonte di ispirazione, così tanto che di ritorno a casa abbiamo voluto fare una ricerca sulla storia dei Bersaglieri. Se l'articolo ha degli errori, vi preghiamo di dircelo, così da apportare le giuste modifiche.
Ascoltando una proposta di Alessandro La Marmora -capitano del Reggimento guardie-, il 18 giugno 1836 Carlo Alberto di Savoia, re del Regno di Sardegna, istituisce il Corpo dei bersaglieri.
Il Corpo doveva assumersi le funzioni della fanteria leggera, ma con velocità d’azione impressionante. I primi membri erano per lo più cacciatori, poi addestrati alla corsa e al tiro con armi. Il loro compito era quello di agire -isolatamente o in gruppo- con lo scopo di sorprendere l’avversario, scombinandone i piani. Se organizzati in piccoli quadrati, potevano anche contrastare la carica della cavalleria avversaria.
Il primo battaglione fu formato da quattro compagnie, costituite nel luglio 1836, nel gennaio 1837, nel gennaio 1840 e nel febbraio 1843. L’8 aprile 1848 si schierò nella battaglia di Goito, durante la prima guerra di indipendenza italiana. Nel corso degli anni si formarono sempre più battaglioni, fino ad arrivare a sedici nel 1859. Nello stesso anno venne creata la carica di ispettore del corpo dei bersaglieri. La prima missione estera risale al 1854, nella guerra di Crimea dove lo stesso La Marmora trovò la morte.
Con l’Unità d’Italia -i bersaglieri parteciparono anche alla presa di Roma- il Corpo dei Bersaglieri venne unito al Regio Esercito con la nuova denominazione di Bersaglieri. I trentasei battaglioni attivi vennero raggruppati in sei -col nome di Reggimento-, ciascuno composto da sei battaglioni. Tutti e sei i Reggimenti vennero assegnati al Corpo d’armata.
Dopo l’unità d’Italia, i bersaglieri vennero impiegati alla lotta contro il brigantaggio al sud. Anche se in teoria dovevano essere operazioni di pace, ci furono in realtà molti episodi brutali. Nel 1886, per le operazioni nella Colonia d’Eritrea, venne costituito il Reggimento Bersaglieri d’Africa con tre battaglioni di formazione e uno volontario. Due di questi vennero totalmente distrutti nella battaglia di Adua.
Negli anni della Prima Guerra Mondiale (1915-1918), i bersaglieri vennero impiegati in due divisioni speciali, sette brigate con ventuno reggimenti e cinque battaglioni autonomi. In più c’erano quattro gruppi battaglioni bersaglieri ciclisti e tre Reparti d’Assalto.
Nel primo dopo guerra, più precisamente tra il settembre 1919 e il dicembre 1920, alcuni reparti di Bersaglieri si unirono all’impresa di Fiume, guidati da Gabriele d’Annunzio.
Nel 1939, alcuni reparti di bersaglieri presero parte all’occupazione dell’Albania. Mentre durante la Seconda Guerra Mondiale erano così divisi: dalla fine del 1940 al 1942, sul fronte greco-albanese ci furono il primo, secondo e quarto Reggimento. Nello stesso periodo, l’undicesimo era in Jugoslavia. Il quinto, il settimo, l’ottavo, il decimo e il dodicesimo sul fronte africano, sotto il generale tedesco Rommel.
Una menzione speciale al quarto Reggimento (Battaglioni XXI e XXXIII, Prima Compagnia motociclisti, LI Battaglione Bersaglieri di istruzione) e al terzo Reggimento (Battaglione XXIX e Battaglione bersaglieri Goito) per aver preso parte alla guerra di liberazione.
Dalla Guerra di Crimea il grido di guerra è: “Urrà”, con la sola eccezione del terzo Reggimento Bersaglieri con la Brigata Sassari, che usa: “Forza Paris!” ("Forza Insieme!" in dialetto sardo).
Il simbolo di riconoscimento è senz’altro il cappello piumato, chiamato moretto da bersagliere, o veira, nome ripreso da Giuseppe Vayra, il primo che vestì la divisa.
Come sapete, non è nostra intenzione raccontarvi sempre tutto, il nostro obiettivo è farvi avvicinare a tutto ciò che non conoscete, proprio come facciamo noi di solito: se l’infarinatura ci piace, vogliamo saperne sempre di più. Così vi consigliamo di fare ricerche, perché la storia del nostro paese merita veramente tanto. E se avete la fortuna di vivere a Trieste, perché non fare visita alle trincee?
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