Passare il testimone non è mai facile, soprattutto se lo si
fa con qualcosa di così tanto popolare da essere conosciuto in quasi tutto l’Occidente.
Ma l’eredità di Ghostbusters è troppo grande perché questa possa andar perduta,
quindi quale modo migliore esiste per farla tornare in auge se non facendo un
sequel?
Badate bene, un sequel!
Non un reamake al femminile che è pieno di ridondanze e risulta anche un po’
svilente nei confronti del ricordo che si può nutrire per una saga del genere.
E per fare un sequel servono le giuste combinazioni di nuovo e vecchio affinché non si tradisca la tradizione, ma si possano dare nuove coordinate a chi si sta approcciando alla storia per la prima volta. Scendiamo un po’ nel dettaglio per poter parlare al meglio di questa storia.
Non siamo a New York, al contrario di quanto avveniva nei due
precedenti film; siamo a Summerville, un piccolo paesino nella quale la famiglia
protagonista della storia si deve trasferire a causa delle loro indigenze economiche.
Questo nucleo familiare è composto da Callie (Carrie Coon), la madre, e due i figli Phoebe (Mckenna Grace) e Trevor (Finn Wolfhard). I tre vanno a vivere all’interno
di una fattoria, ormai disabitata, che è stata lasciata loro in eredità dal padre di Callie. Quella casa, però, ha la fama di esser maledetta in
quanto dimora di un soggetto assai bizzarro; passando al suo fianco era
possibile, infatti, sentire urla di tutti i tipi, ma diciamocela tutta, in
realtà non è altro che una casa un po’ cigolante e scricchiolante che avrebbe solo
bisogno di una messa apposto.
Tra le sue mura, sono però nascosti degli strani marchingegni tra cui anche la famigerata
Ecto-1, auto con la quale gli acchiappafantasmi scendevano in scena negli anni ’80.
Un giorno, la più piccola del nucleo familiare decide di portare a scuola uno
strano macchinario ritrovato all’interno delle assi sotto la poltrona del pavimento e grazie all’incontenibile entusiasmo che il suo insegnante (Paul Rudd) mostra
nei riguardi di questo aggeggio, lei scopre che si tratta di una trappola per
fantasmi ancora funzionante e anzi…contiene proprio uno spirito.
Da qui inizieranno le peripezie che coinvolgeranno tutti e quattro i personaggi
sulla scena, ma anche l’intera comunità di Summerville.
La particolarità di questa pellicola è, in sostanza, il
passaggio di testimone. Attraverso di esso, infatti, si passa letteralmente da
una generazione all’altra cercando di usare una mitologia che era già nota ai
più. Tornano, infatti, i mastri di chiavi, le divinità sumere dall’identità non-binaria
che hanno voglia di esser adorate e di espandere il loro dominio dando vita
agli omini di marshmallow. Viene dato, così, un nuovo capitolo alla magia dei
fantasmi rispettando e non tradendo cosa c’era stato nel passato, ma al
contrario creando un vero e proprio ponte comunicativo che avvicina le
generazioni. Il nuovo comunica col vecchio esattamente come un nonno fa
con i propri nipoti, facendo in modo che gli uni possano apprendere dagli altri,
in uno scambio di somiglianze e di affetto.
Del resto chi ha prodotto e realizzato questa finalità non ha fatto altro che raccogliere la medesima eredità che è stata trasposta all’interno del film.
Del resto chi ha prodotto e realizzato questa finalità non ha fatto altro che raccogliere la medesima eredità che è stata trasposta all’interno del film.
I Reitman si sono passati il testimone e hanno lavorato fianco a fianco nella
costruzione di questa nuova storia. Padre e figlio alla direzione di una stessa narrazione omaggiano persino i vecchi interpreti e soprattutto omaggiano i ricordi che entrambi
possiedono.
Difficilmente si può sbagliare se si ha come obiettivo il voler
cercare di render omaggio a ciò che i nostri genitori hanno fatto prima di noi,
per poi cercare di farlo un po’ più nostro. Ghostbuster, dunque, oltre a essere
un meraviglioso franchisee cinematografico - e non solo - diviene quasi una vera e
propria azienda di famiglia che si apre alla possibilità di raccontare altre
parti di una grande e continua storia.
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