"Ogni mattina mi sveglio e, guardandomi allo specchio, provo sempre lo stesso ed immenso piacere: quello di essere Salvador Dalí."
Abbiamo parlato di tantissimi grandi della storia dell'arte, dai più conosciuti e amati (Pierre-Auguste Renoir e Pablo Picasso), alle grandi donne che sono riuscite a fare la storia grazie al loro coraggio e alla loro caparbietà (Berthe Morisot e Artemisia Gentileschi) fino ad arrivare a parlare dell'uomo che ha dato il volto a quello che è oggi il progetto 4Muses: Alphonse Mucha.
Eppure, non abbiamo mai parlato di uno degli artisti più famosi della storia dell'arte, divenuto con le sue opere simbolo di un'epoca, di uno stile e di un'ideologia ben precisa.
Salvador Dalí, all'anagrafe Salvador Domingo Felipe Jacinto Dalí i Domènech, nacque in una benestante famiglia borghese l'11 Maggio 1904 nel piccolo villaggio di Figueres, città della Catalogna nella provincia di Girona, in Spagna.
Prese il suo nome dal fratello maggiore, nato nel 1901 e morto di meningite qualche mese prima della sua nascita, il 1° Novembre 1903, e nacque dall'avvocato e notaio Salvador Rafael Aniceto Dalí i Cusi, con cui ebbe da subito un rapporto conflittuale e dalla madre Felipa Domènech i Ferrés, che promosse e favorì le inclinazioni artistiche del figlio fin dall'infanzia.
Si pensa che la sua tipica, conosciutissima ed eccentrica personalità si sia sviluppata a soli cinque anni, quando fu portato da entrambi i genitori sulla tomba del defunto fratello e fu convinto di essere la reincarnazione di quest'ultimo.
In poche parole, fu traumatizzato, tanto che rimase convinto di questa cosa per tutta la vita, e anni dopo affermò che: "Ci somigliavamo come due gocce d'acqua, ma rilasciavamo riflessi diversi. Probabilmente lui era una prima versione di me, ma concepito in termini assoluti".
Il secondo trauma della vita - che lo distrusse completamente - arrivò a sedici anni, quando nel 1921 sua madre morì. Sua madre, che Dalí considerava (testuali parole) una persona su cui contava per rendere invisibili le inevitabili imperfezioni della sua anima.
Spostando l'attenzione sui suoi studi e sui suoi primi passi nel mondo dell'arte, invece, sappiamo che il giovane marchese frequentò le superiori a Figueres nel 1914, dove sviluppò seriamente la sua passione per l'arte, mentre nel 1919 allestì la sua prima vera mostra di disegni a carboncino al Teatro Municipale di Figueres.
Nel 1922 si iscrisse all'Accademia di San Fernando di Madrid, e alla Residencia de Estudiantes in cui viveva divenne amico intimo dello scrittore Pepín Bello, del regista Luis Buñuel e del poeta Federico García Lorca, con cui intraprese anche una relazione.
Nel 1924 realizzò le illustrazioni per la versione catalana del poema "Les bruixes de Llers" del suo compagno di studi Carles Fages de Climent, e purtroppo nel 1926 fu espulso poco prima degli esami finali dopo una protesta e dopo aver affermato che nessuno nell’istituto era abbastanza competente da esaminare una persona del suo calibro.
"Picasso è un genio. Come me. Picasso è un comunista. Io no."
Dopo l'espulsione l'artista si trasferì a Parigi, e nella capitale francese conobbe Pablo Picasso, un artista e un personaggio per cui provava una profondissima stima e di contro, anche il pittore andaluso fu intrigato da quest'ultimo, sentendo gli elogi del suo amico Joan Miró: furono proprio questi ultimi due artisti appena citati a ispirare diverse opere dell'allora ventiduenne Salvador Dalí.
Inoltre, a Parigi (che era considerata la capitale dell'arte all'avanguardia), egli assorbì qualsiasi tipo di influsso da qualsiasi tipo di stile, da Raffaello Sanzio a Jan Vermeer.
Il 1929 fu un anno importante della sua vita: nonostante il suo lavoro era da tempo ispirato al Surrealismo, si unì ufficialmente al gruppo dei surrealisti di Montparnasse, e questi apprezzarono moltissimo il suo metodo paranoico-critico, attraverso il quale il pittore raggiungeva i suoi picchi di creatività massima, collaborò con Luis Buñuel per il cortometraggio "Un chien andalou" e incontrò Elena Dmitrievna D’jakonova - o Gala -, la modella russa di cui inizialmente fu l'amante (lei a quei tempi era sposata con il poeta Paul Éluard) e con cui intrattenne successivamente una relazione vera e propria.
Una delle curiosità e degli avvenimenti più particolari della vita di Salvador Dalí riguarda proprio suo padre, con cui - come abbiamo già accennato - ebbe un rapporto conflittuale e teso per tutta la sua vita. Infatti, il genitore del pittore non condivise né il suo avvicinamento ai surrealisti e né la sua relazione con Gala, e si indignò particolarmente quando sul quotidiano di Barcellona lesse che il figlio aveva esposto un disegno del Sacro Cuore di Gesù Cristo con insieme la scritta "Qualche volta, per divertimento, sputo sul ritratto di mia madre".
Forse abbiamo utilizzato un termine errato; il padre non si "indignò particolarmente", il padre lo minacciò di diseredarlo, e in tutta risposta Dalí gli mise in mano un preservativo contenente il suo sperma e gli disse: "Tieni. Ora non ti devo più nulla".
Nel 1931 dipinse "La persistenza della memoria" l'opera più spesso associata al suo nome, nonché opera con cui - grazie a una mostra del 1934 a New York - divenne famoso negli Stati Uniti. In suo onore vennero organizzate feste di Gala e feste in maschera, e in questo periodo il suo rapporto con il gruppo dei surrealisti si incrinò, prima perché il pittore dovette chiedere scusa per delle azioni compiute durante una di queste feste (e i surrealisti non dovevano mai scusarsi per aver compiuto un gesto surrealista) e successivamente per essere rimasto convinto del fatto che il movimento di cui faceva parte sarebbe potuto esistere anche in un contesto apolitico.
Piccolo appunto: a quei tempi la stragrande maggioranza degli artisti si riteneva di sinistra, e l'ambiguità di Dalí destò più di un sospetto, tanto che fu accusato di essere un seguace di Hitler, e quando la sua presa di posizione non arrivò fu espulso dal gruppo dei surrealisti.
Conseguentemente a questo avvenimento, dichiarò: "Il surrealismo sono io".
Nel corso degli anni fino alla sua morte non si interessò solo alla pittura, ma si lanciò nei mondi del cinema, del teatro, della fotografia, dell'interior design, dell'architettura, della moda e della gioielleria, collaborò con Christian Dior, Walt Disney, Alice Cooper, Amanda Lear e tanti altri.
Dipinse, inoltre, più di millecinquecento dipinti e fece uno sterminato numero di mostre ed esposizioni in tutto il mondo.
Non ce ne vogliate, ma in questo articolo non scenderemo nel dettaglio di niente di tutto ciò; vi basti sapere che l'eccentricità e la versatilità della sua persona si riversarono - come potete ben immaginare - per tutto il corso della sua vita (morì nel 1989 all'età di ottantaquattro anni) e nel suo lavoro.
Anche se, parlando sinceramente, nel corso dei decenni la domanda è sempre stata e continuerà a essere: era solo un personaggio eccentrico o era effettivamente una persona disturbata?
"Bisognerebbe essere capaci di tenere presente che Dalí è contemporaneamente un grande artista ed un disgustoso essere umano. Una cosa non esclude l'altra né, in alcun modo, la influenza."
- George Orwell
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