Era il 1920, la Prima Guerra Mondiale era finita da pochissimo, e il Colonnello Giulio Douhet propose alla “Garibaldi, Società dei reduci delle patrie battaglie” e alla UNUS (Unione Nazionale Ufficiali e Soldati) la sepoltura di un soldato di cui non si conoscesse l’identità a simbolo di tutti i caduti del conflitto. Il disegno di legge venne presentato alla camera nel 1921 e lo stesso anno approvato. Il Ministero di Guerra incaricò una commissione di scegliere le salme di undici soldati caduti al fronte privi di identità e quindi di qualsiasi segno di riconoscimento. Si scelsero luoghi cardine anche per commemorare i defunti della marina militare. Trentino Alto Adige, Veneto, Friuli Venezia Giulia e la Slovenia, in queste quattro località vennero scelti dei caduti, posti sotto croci, piramidi di sassi, cimiteri militari o fosse comuni, undici che non avessero alcun modo di essere identificati.
Vennero posti tutti in bare completamente identiche tra loro, riunite nella Basilica di Aquileia, era il 28 ottobre del 1921. Alle undici dello stesso giorno, di fronte ai rappresentanti istituzionali, mutilati, reduci di guerra, vedove e figli, venne designata Maria Bergamas di Gradisca d’Isonzo come “madre di un caduto non riconosciuto ed in modo che la cassa prescelta non si sappia da quale zona del fronte provenga.” Suo figlio, Antonio Bergamas, era triestino ed ebreo che nel 1914 aveva disertato dall’esercito austro-ungarico e si era unito all’Italia sotto falso nome, andando al fronte nel 1915. Cadde l’anno successivo e venne tumulato in un cimitero che finì per essere bombardato, il che non rese possibile il suo riconoscimento. Davanti a undici bare uguali per dimensione e colore, la donna puntò il dito su di una, scegliendo il simbolo di tutti i caduti, il simbolo dei seicentomila italiani morti nella Prima Guerra Mondiale. In quel momento si fece anche madre del medesimo militare sconosciuto. Le altre salme vennero seppellite il 4 novembre, rimanendo ad Aquileia.
Il 2 novembre, la bara raggiunse prima la fermata di Roma Tiburtina, per finire la sua corsa a Roma Termini, accolta dal Re Vittorio Emanuele III e da tutta la famiglia reale, soldati, bandiere, stendardi, mutilati, madri, vedove dei caduti e reduci di guerra. La bara rimase per due giorni presso la Basilica di Santa Maria degli Angeli, in modo tale da dare a chiunque la possibilità di onorarla. Due giorni dopo, a tre anni esatti dalla fine della Prima Guerra Mondiale, il Milite Ignoto venne tumulato all’Altare della Patria e onorato di una medaglia d’oro:
“Degno figlio di una stirpe prode e di una millenaria civiltà, resistette inflessibile nelle trincee più contese, prodigò il suo coraggio nelle più cruente battaglie e cadde combattendo senz'altro premio sperare che la vittoria e la grandezza della patria.”
La tomba del Milite Ignoto viene costantemente sorvegliata da due militari delle diverse forze armate che si alternano. Durante le cerimonie ufficiali civili, il Presidente della Repubblica vi depone una corona di fiori (tre volte l’anno). Il 4 Novembre 2021 si è celebrato il centenario della sua storia. Come un secolo fa, il treno è partito da Aquileia ed è giunto a Roma, tra gli applausi di centinaia dei presenti. Cento anni fa il dolore della singola famiglia divenne il dolore del popolo, dello stesso che voleva dimenticare gli orrori della guerra e commemorare i caduti, ingenuamente convinto che quella fosse la fine, senza sapere che un secondo conflitto di lì a poco avrebbe insanguinato nuovamente il mondo.
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