Quando in un film o in una serie tv si fa un viaggio nel tempo o, in generale, si vuole parlare di un conflitto particolarmente sanguinoso, c’è sempre e solo una rappresentazione in ambito americano: la guerra del Vietnam. Perché questo massacro (perché di questo si è trattato), è così tanto rappresentativo della guerra e delle sue artocità? In questo articolo parleremo della guerra vietnamita appunto, di quando l’America si sia fatta portatrice di democrazia utilizzando la mattanza.
Rispondiamo subito alla domanda centrale: l’America, la salvatrice del mondo che aveva dato un apporto non indifferente alla sconfitta del regime di Hitler, che aveva liberato l’Italia e tutto il resto dell’Occidente, per la prima volta subisce una cruciale sconfitta. Sì, l’America si rende conto di essersi troppo sopravvalutata, di essere una nazione che può perdere. Non è invincibile. La guerra del Vietnam, non è altro che un conflitto che vide gli americani invischiarsi in un contesto che non gli competeva e di aver troppo sottovalutato l’avversario, contando che non giocavano in casa.
Siamo nel 1954, in piena Guerra Fredda. La Francia, al termine del secondo conflitto mondiale, prova a recuperare le terre indocinesi, provocando una violenta ostinazione da parte dell’organizzazione militare Viet Minh, legata strettamente alla Russia e alla Cina, due potenze comuniste. La Francia ottiene l’appoggio degli Stati Uniti, ma subisce comunque una violenta sconfitta. Al termine dello scontro, Stati Uniti, Russia, Cina e Regno Unito discutono della questione indocinese alla conferenza per la pace di Ginevra. È il 26 aprile del 1954. La penisola indocinese viene divisa in quattro parti: Laos, Cambogia, Vietnam del Nord (con capitale Hanoi) e Vietnam del Sud (Saigon). Del Vietnam diviso, la parte settentrionale (capeggiata da Ho Chi Minh) ha l’appoggio delle potenze comuniste, quella meridionale (con a capo Ngo Dinh Diem) ha gli Stati Uniti dalla loro parte. Il Vietnam del Nord voleva riunire il paese, quindi inizia l’assalto verso il sud con i propri soldati e con i Vietcong, un gruppo armato di guerriglia comunista che aveva l’appoggio della parte nord.
L’intervento americano non fu immediato. Il pretesto fu l’attacco del Vietnam del Nord alla base americana stanziata a Tonchino, nel 1965. Va adetto che meno della metà del popolo americano aveva idea di dove fosse Vietnam, ma veniva costantemente descritta come una zona dove il comunismo impelagava. In un documentario presente su Amazon Prime Video, viene riportata questa testimonianza:
“Non avevo mai sentito parlare di quel posto. Potrò non sapere nulla del Vietnam, ma il comunismo è tutta un'altra cosa. Essendo cresciuti nella paura rossa durante gli anni '50, tutti siamo venuti a conoscenza delle cose orribili avvenute nei paesi comunisti, soprattutto i ragazzi come me."
Sotto la presidenza Johnson iniziò il vero e proprio intervento bellico, nel 1965, e nel corso degli anni, vennero mandati più di 500.000 mila soldati, ma che nulla poterono contro la potenza dei vietcong. Inizialmente dovevano solo addestrare i soldati del Vietnam del Sud, ma le cose degenerarono velocemente, se pensiamo al fatto che era un punto nevralgico della Guerra Fredda. Il fallimento dell’operazione venne dettata soprattutto dalla violenza degli americani, violenza spesso immotivata. L’uso del Napalm aveva conseguenze brutali, colpirono con le bombe scuole e ospedali. I vietcong si mischiavano con gli abitanti del sud, diventando indistinguibili, quindi gli americani massacrarono donne e bambini innocenti. La forza bellica americana non era fatta per una guerra partigiana in un territorio che non conoscevano affatto, costituita principalmente da boschi.
Contemporaneamente dall’altra parte del mondo, i popoli chiedevano il ritiro delle truppe americane. Perfino i Beatles manifestarono il loro dissenso verso la questione vietnamita, anche se non poterono farlo sul suolo americano, dove sollevare la questione venne loro proibito, perché non faceva altro che aumentare le divisioni interne. I giornali poterono raccontare senza censure quello che stava accadendo in Vietnam, con i reporter sul campo e questo non fece che sollevare l’opionione pubblica contro gli Stati Uniti. Negli anni ’70, John Lennon e Yoko Ono cominciarono a lanciare i loro messaggi per porre fine a quella mattanza. Furono loro stessi che, durante la loro luna di miele protestarono rimanendo semplicemente a letto, in pigiama, a lanciare messaggi di pace e amore. Vi basti pensare alla canzone del 1971 Happy Xmas (War is Over).
Nel 1975 cadde la capitale Saigon, che segnò il ritiro delle truppe statunitense dal territorio. Nixon riportò a casa i soldati senza aver concluso nulla dopo dieci lunghi anni di conflitto, ma con tante morti futili. Il mondo considerò l’azione americana come una vera e propria aggressione, non più una missione di pace con lo scopo di portare la democrazia. Avevano scaricato su un paese grande quanto l’Italia l’equivalente pari a tre volte tanto delle bombe usate dall’Europa e dall’Asia durante tutto il secondo conflitto mondiale. L’America non fu magnanima con i soldati sopravvissuti a tale scempio: tornati a casa, vennero accolti con sdegno, fastidio, emarginati, considerati dei drogati, asassini, perfino chi tornò mutilato.
Ecco perché la guerra del Vietnam è una ferita ancora fresca per gli americani, nonostante cerchino con tutto loro stessi di dimenticare quanto accaduto. Nell'immaginario collettivo, viene ancora rappresentata come la peggior sconfitta subita dagli americani.
Ecco perché la guerra del Vietnam è una ferita ancora fresca per gli americani, nonostante cerchino con tutto loro stessi di dimenticare quanto accaduto. Nell'immaginario collettivo, viene ancora rappresentata come la peggior sconfitta subita dagli americani.
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