giovedì 1 dicembre 2022

#Pensieri: Dietro le quinte

Più volte, qui sul blog o in radio, parliamo di come l’arte sia a tutti gli effetti una vocazione, una chiamata. Dentro ogni artista c’è una voce che ci spinge a creare, a mettere nel mondo materiale immagini e parole che abbiamo in testa e che non vanno via finché l’atto non raggiunge la sua perfezione nel compiersi.

Nella vita di tutti i giorni, tra una passeggiata, una chiacchierata ed eventi lavorativi, mi capita di osservare gesti e azioni che mi stringono il cuore e che nel corso delle ore, delle settimane, mi ritornano in mente, contornati da nuovi scenari, fatti da altre persone e so che mi daranno il tormento finché non le metterò per iscritto, in un racconto, in un articolo o anche in un disegno.
Quando sono andata dalla psicologa, lei è stata da subito chiara con me, chiedendomi se fossi brava a scrivere perché sono a tutti gli effetti un’artista. Mi ha spiegato come funziona la mente umana e come funziona poi quella delle persone ricche di creatività. Sono rimasta affascinata, ma non ho mai preso sul serio le sue parole, almeno finché non mi sono ritrovata nel mezzo di amicizie con artisti di ogni genere.

Non scrivo questo articolo per superbia, né per risultare indisponente. Vedete, in realtà lo scrivo rivolgendomi a coloro che amano l’arte e vorrebbero vivere per l’arte. A tutti quelli che si chiedono se ne sono degni o no, e anche a chi ha un artista tra le proprie amicizie e proprio non sa come prenderlo.

Non è facile fare amicizia, per me. Erroneamente la gente mi definisce snob e in un certo senso ho cominciato a scherzarci anch’io, perché credo non sia più giusto provare a cambiare il pensiero che hanno gli altri su di me. Se vogliono vedermi snob, che sia, dopotutto amo giocare all’aristocratica e non mi pesa mettermi la maschera di chi ama il classismo sentendosi superiore.
La verità, comunque, è che trovo difficile parlare con chi non è un artista, indipendentemente dal lavoro che svolge: si può essere artisti facendo i banchieri, sia chiaro. I discorsi sulla superficialità della vita mi annoiano dopo pochi secondi e non ho particolare interesse a sapere che offerta c’è al supermercato, o a fingere mi interessi sapere che il figlio di qualcuno ha appena imparato a dire una parola nuova. Per carità, tutte cose molto belle, ma non le trovo motivo di conversazione, se non preliminare. Associo questi discorsi ai convenevoli e chi mi conosce sa quanto io odi le convenienze.

Così, quando mi trovo nel mio habitat naturale, circondata da scrittori, musicisti, attori, poeti, cantanti… non conto il tempo che passa e non mi annoio mai, anche se mi stanno parlando lo stesso di offerte del supermercato o dei progressi dei propri pargoli – capita più raramente – perché nel modo in cui ne parlano, c’è sempre qualche riferimento a ciò che è oltre, e vi dirò: affascina.

Alcuni dei loro vissuti sono di persone che seppur con un indeterminato e uno stipendio fisso più che buono, hanno deciso di mollare tutto in nome dell’arte, che vedono la vita non come un misero cammino di doveri intervallato da poche ore di svago, ma come un’esperienza continua di morte e rinascita, di cambiamento, di rinnovamento, dove tutti siamo collegati e parte del Tutto. Dove a guidarci è un filo invisibile a cui diamo piena fiducia, senza bisogno di prove, senza bisogno di complimenti, sebbene il nostro narcisismo – per essere artista deve esserci del sano narcisismo – si crogioli negli applausi e nei salamelecchi, probabilmente perché dentro ognuno di noi c’è un bambino timido, rimasto in silenzio troppo a lungo che rivendica le attenzioni che merita.

Grazie a questo percorso, come ho sempre detto, abbiamo la fortuna di vedere come si crea un film, da dove nasce una canzone, come si mette in scena uno spettacolo teatrale e abbiamo l’onore di leggere le prime bozze di romanzi.
Stare dietro le quinte è qualcosa che mi ha sempre affascinata, perché mi fa sentire meno sola: non sono più l’unica a osservare la realtà solo per metterla per iscritto, non sono più l’unica che pensa a come poter intrattenere gli altri, per alleggerire loro una giornata – chi prende i mezzi con me sa cosa intendo – e poterli far ridere di gusto per una battuta.
Quando le luci si accendono, quando un libro si apre, quando un quadro viene esposto, chi sta davanti è catturato dalla sua magia e forse poco si interessa a tutto quello che è stato prima, a meno che non sia lui/lei per primo/a artista.

Ne so qualcosa, ho visto più filmati di bloopers che film, mi sono soffermata su tutti i ringraziamenti di tutti i libri che ho letto, divoro le biografie proprio perché amo conoscere ciò che non si vede, ed è stato così che lentamente mi sono resa conto di appartenere all’arte. Quando stiamo in radio, adoro l’idea di avere Twitch aperto anche quando siamo fuori onda, per dare a tutti la possibilità di vedere quello che accade quando i microfoni sono spenti.
Insomma, se si ama tutto ciò che c’è dietro, è meglio accettare il ruolo che l’Universo ha riservato per noi: essere artisti.

Con questo articolo/sfogo voglio anche ringraziare chiunque mi abbia dato, mi dà e mi darà la possibilità di stare dietro le quinte.

“Chi lavora con le sue mani è un lavoratore. Chi lavora con le sue mani e la sua testa è un artigiano. Chi lavora con le sue mani e la sua testa ed il suo cuore è un artista.”

-San Francesco d’Assisi


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