Se siete tra quelli che aspettano e credono fermamente al miracolo di Natale, speriamo che questo racconto vi dia ancora più fede.
Da piccola anche il Natale era qualcosa di semplice: a inizio dicembre
scriveva la lettera a Babbo Natale, poi la sera della Vigilia, mentre i
suoi parenti avrebbero ancora mangiato il torrone e giocato fino alle
prime luci dell’alba, lei, sua sorella e i loro cugini, andavano a letto
quando gli occhi cominciavano a lacrimare, non senza aver lasciato un
bicchierone di latte e un biscotto davanti al caminetto che i bambini
vietavano di accendere dal 20 dicembre, per sicurezza.
Adesso,
invece, i giorni di Natale sono infernali: il lavoro non finisce più,
eppure bisogna sorridere a ogni cliente che entra in negozio. Senza contare il pensare ai regali per i figli, i nipoti, i genitori... tutto da sola, da quando è rimasta davvero sola.
«Fate pure con comodo.» avrebbe voglia di dire con tono ironico, invece
utilizza quello squillante e cordiale: quindici anni nel settore
commerciale le hanno insegnato a modulare a comando il timbro,
risultando dolce e disponibile persino nel pieno dei crampi mestruali.
“Dopotutto non ho una famiglia a cui tornare, non devo finire di
impacchettare gli ultimi regali e sperare che Elisabetta sia riuscita a
far fare i compiti ai bambini.”, maschera i pensieri fischiettando il
motivo natalizio che passa alla radio del centro commerciale, mentre ripiega con riguardo i
maglioni lasciati sgualciti.
«Non serve» si affanna a rispondere, non vuole che Stefania, la sua migliore amica, si prodighi così tanto per lei.
«O un aumento…»
«Ecco, quello sì.» le due ridono, seppur sottovoce. Annalisa guarda l’orologio: le cinque e quarantasette. «Davvero, sai che solitamente non mi pesa rimanere in negozio anche dopo le diciotto, è solo che…»
«Hai due bambini e vorresti passare quanto più tempo possibile con loro. Avevi chiesto di fare mezza giornata durante le feste, visto che hai sempre fatto il doppio prima, ma alla febbre non si comanda, ed è frustrante non potersela prendere neanche con Alice e Martina: ventenni, senza famiglia, senza cose da fare, ma che poverine stanno a letto.»
Annalisa ride per il tono fintamente preoccupato di Stefania.
«Comunque stanno veramente male, poverine. Ma penso sia il prezzo da pagare quando ti ostini ad andare a ballare la sera come se fosse ancora agosto. E sì, sono invidiosa, ok?»
Le due si conoscono dai tempi dell’università, frequentavano lettere e una chiacchierata tra una lezione e l’altra è diventata ben presto un’uscita, poi un cinema, un rimanere a dormire a casa dell’una o dell’altra, una vacanza insieme… Tra queste attività, Annalisa ha conosciuto Emilio, il fratello di Stefania e i due si sono innamorati perdutamente. Il matrimonio e le due gravidanze così vicine, però, non hanno intaccato minimamente l’amicizia tra le due cognate.
Quando Stefania ha rilevato il negozio d’abbigliamento di famiglia, poi, ha subito assunto Annalisa, nel frattempo rimasta vedova e sola con Lisa di cinque anni e Vincenzo di tre. Sono passati quattro anni dalla morte di Emilio, e per le due il lavoro è diventato anche una sorta di isola magica, dove non si pensa, ma dove sanno che l’una ci sarà in ogni momento per l’altra.
«Vedrai, quando i tuoi figli passeranno la preadolescenza, mi pregherai per farti lavorare anche a Natale.»
«Posso chiederle un consiglio?» l’uomo è basso, leggermente in sovrappeso ma dal fisico ben tenuto, vista la sua età. I capelli radi e bianchi lasciano più spazio a un volto gioviale. Il labbro inferiore trema ancora un poco, dopo la domanda posta, come per tenere caldi i motori dei muscoli lì attorno, visto che dovrà ancora parlare.
«Certo!» risponde Annalisa, questa volta sinceramente cortese. Quando incontra gli occhi del signore, sono marroni con delle sfumature verde bottiglia. Decisamente insoliti. Quel colore verde bottiglia, poi, non lo vedeva da Emilio...
«Non so proprio cosa regalare a mia moglie. Stiamo insieme da cinquant’anni, pensi.» Annalisa si chiede mentalmente quanti anni possa avere l’uomo e di conseguenza la moglie: settanta? Ottanta? Difficile a dirsi. A parte la peluria bianca e qualche ruga sparsa qua e là, l’indole dell’uomo è così sbarazzina che potrebbe farlo apparire molto più giovane.
«Le ho regalato di tutto, ed effettivamente ha di tutto. Solo che al Natale ci tengo, perché sa, è anche il suo compleanno.»
«Beh, allora dovremmo trovarle qualcosa di veramente speciale. Vediamo…» fa mente locale del negozio: i vestiti sono poco consoni, vestono anche signore, è vero, ma sarebbe meglio averla di persona. Lo sguardo le si posa sulla cesta di spille vintage.
«Ebbene, molte clienti abituali ci danno le loro spille. Sa, non vanno quasi più di moda, ma trovo siano un accessorio sempre molto elegante.»
Il signore è euforico alla vista, gli occhi si illuminano come quelli di un bambino e come tale viene trattato da Annalisa, che non può fare a meno di intenerirsi. Gli mostra le varie forme: a cuore, un vascello, di un cane… sono per lo più in oro ma a spiccare e a renderle davvero uniche è lavoro delle brillanti pietre di varie dimensioni e colori.
Dopo un’attenta analisi il signor Emilio, così si è presentato e lei voleva quasi morire quando ha sentito quel nome, opta per una spilla a forma di nota musicale.
«Lei ha sempre amato la musica, solo che ora è un pochino sorda.»
Annalisa accenna un sorriso, con Emilio erano soliti ascoltare tutti i dischi che avevano in casa, dopo cena. Non avevano mai sopportato la televisione, preferivano parlare o fare l’amore in compagnia dei più grandi della musica classica e contemporanea.
Si accorge che le lacrime le stanno pungendo gli occhi, e decide che è il caso di congedare il cliente e tornare a sistemare i maglioni. Alla chiusura manca veramente poco, e la baby-sitter è pagata fino alle sette.
«Se puoi immaginarlo, vuol dire che puoi farlo tu stessa. I miracoli sono qualcosa di inimmaginabile.»
Annalisa è impietrita, “se puoi immaginarlo, puoi farlo tu stessa” era la frase che gli ripeteva sempre Emilio, semi-citando quella celebre di Walt Disney.
Gliel’ha ripetuta fino all’ultimo, quando in ospedale, intubato e bianco come il lenzuolo che lo proteggeva dal freddo, tentava di asciugarle le lacrime e di rassicurarla, perché se poteva immaginare il domani, pensando all’organizzazione dei bambini per la scuola e le varie attività, allora poteva effettivamente farlo, con o senza di lui.
Quando il ricordo si dirada nella sua mente, si ritrova con il pacchetto in mano, il volto bagnato dalle lacrime e il signor Emilio scomparso tra la folla del centro commerciale pieno di gente a caccia degli ultimi acquisti. Annalisa ricerca lo sguardo di Stefania, attonita quanto lei.
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