Una mela per la cura, una mela per la dannazione eterna...
Chissà se fosse davvero una mela quel frutto rubato dal giardino del Signore. Forse un melograno. Poco importa, siamo qui a patire atrocità per qualcosa che non ho capito bene cosa sia.
In endecasillabi, la visione risuona così:
“Torneremo a cogliere le mele
nelle pianure di gelo e neve,
gusteremo batuffoli di miele
dentro quest’esistenza così breve”.
(Gianluca Boncaldo, “Mele”)
Perché la vita possa ripartire così come fu concepita, per la conoscenza non macchi la veste carnale d’ogni mortale.
“È l’eco di una musica regale:
quando la mela non sarà più peccato,
quando l’essere in quanto tale
non sarà più sprecato”.
(Gianluca Boncaldo, “Oltre il peccato”)
Bianca è sola nella foresta, procede decisa nonostante la pioggia. Ha deciso che finché vivrà andrà di villaggio in villaggio a proferire ciò che vide in sogno. C’è chi l’ascolta con attenzione, chi invece non le dà retta. Ma a lei non importa, deve comunicare quanto spera e quanto creda. Perché quello che sembra un rancore divino finisca, perché chi proseguirà il cammino possa vedere oltre senza dover prima morire. La pioggia è finita e Bianca guarda con gioia l’arcobaleno che si posa sul villaggio all’orizzonte. Un presagio, una manifestazione concreta. Il temporale di questa vita è solo transitorio.
“Dove il cielo s'ingombra
l'ultimo raggio giace;
verrà, dissiperà l'ombra
e l'indomani restaurerà la luce”.
(Gianluca Boncaldo, “Inizio e fine del temporale”)
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