Vengo da un posto lontano, ho viaggiato per mari, metropoli e montagne per giungere in questo antico villaggio popolato da una tribù ancestrale. Mi fermo a parlare con gli autoctoni, ma loro non comprendono la mia lingua. Nonostante ciò, continuo a parlare perché non saprei comunicare in altra maniera. Allora mi rendo conto che neanche io capisco la mia lingua, né capisco quello che sto dicendo. Parlare mi ha messo sete, mi faccio portare dell'acqua perché l'acqua è universale.
Allora chiedo cos'altro è universale e cos'è l'universo. In passato mi sono smarrito in foreste, in un tempo parallelo ho anche visitato atlantide e successivamente ho fatto un giro sulla luna. Ma ancora non ho trovato il nesso, quella causalità e forse casualità che permette le comunicazioni tra mondi.
Ma gli autoctoni mi guardano come se io non fossi lucido. Eppure quello che sto dicendo ha senso anche se non lo capiscono.
Forse io lo capisco ciò che voglio dire e forse sono loro che non vogliono capirmi.
Ed ecco, d'un tratto, confermati i miei più reconditi sospetti.
Il capotribù mi dice che loro parlano italiano e che io mi trovo semplicemente in fila al supermercato.
Ma come, questo posto è un supermercato? Ho comprato qualcosa? Mi serve qualcosa?
Guardo il mio carrello. Ci sono mele di agricoltura biologica e dei peperoncini.
Per fortuna non è l'orario di chiusura, e posso tornare indietro al recuperare anche dei deliziosi ravioli alla zucca. Badate bene che il cibo è sempre una metafora di se stessi. Bene, precisato questo, in filodiffusione nel supermercato è partito un pezzo che mi piace tanto e che mi spinge a comprare più del dovuto; ma io non lo farò: fino a poco fa non mi ero neanche reso conto che fosse un supermercato.
Arrivo dalla cassiera e mi rendo conto che anche io ho il codice a barre. Allora, sorpreso, mi chiedo quanto potessi costare e perché mai dovrei pagare per il possesso di me stesso. Ora sì che non capisco questa lingua. Come? Solo pochi centesimi ha detto? Ma che significa che ero in offerta? Ma si rende conto di chi sono io? È vero che spesso la mia puntualità non è delle migliori, ma non mi sembra un motivo valido per stabilire un mio valore economico.
Allora racconto una favola alla cassiera, lei sembra interessata e pende dalle mie labbra, ma dietro di me si sta creando un'enorme fila. Rassicuro tutti che appena avrò finito potranno anche loro prostrarsi agli dèi del consumo affidando il loro denaro alla cassiera, ma questo è il momento del racconto. Continuo a raccontare e la favola finisce non finendo e la catarsi non è mai avvenuta.
Esco dal supermercato, ma fuori è tutto bianco. Bene, sono di nuovo in anticipo. Giusto in tempo per annusare i fiori sul cavalcavia. Ma prima mi guardo dentro ed è tutto confuso, tra parole che si compongono da sole e finestre sole dove non filtra il sole. Ha cominciato a piovere in questo appartamento e non smetterà presto. Piovono parole, ed è musica per orecchie sorde.
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