In un futuro non troppo lontano, ogni dipendente delle amministrazioni pubbliche porta una maschera e deve nascondere i capelli. Ogni impiegato parla attraverso un sintetizzatore vocale. Tutti i dipendenti portano le stesse uniformi. Tutto ciò è per impedire il riconoscimento della persona, al fine di garantire un’immagine solida e autorevole dell’amministrazione, come se tutto fosse coordinato dalla stessa mente.
È questo il contesto in cui nasce questa vicenda, la storia di una giovane donna di nome Amelia che si reca all’ufficio del comune per rinnovare la carta di identità. Amelia ha i brividi ogni volta che entra in quel posto, l’omologazione e l’alto grado di formalità la portano spesso a chiedersi se davvero siano ancora umani coloro che occupano questi posti di lavoro.
Amelia si sofferma qualche secondo a pensarci, guardando tutti gli impiegati terribilmente uguali. Con quelle maschere e quelle uniformi, quasi non si distinguono più gli uomini dalle donne.
E se fossero automi costruiti dal governo o da un’organizzazione superiore?
Questo pensiero la inquieta particolarmente, quindi cerca di concentrare la propria attenzione su altro, e inizia a fissare l’asettico ciclamino di plastica posto al lato del corridoio.
Dopo un’interminabile attesa, Amelia entra nell’ufficio e chiede all’impiegata il rinnovo del documento.
Impiegata: "Guardi, deve prima inoltrare un'istanza formale al protocollo, successivamente potrà recarsi da noi per elaborare la pratica".
L’impiegata porge ad Amelia un documento di ventisette pagine da compilare. Amelia, visibilmente scocciata, si mette in sala d’attesa, e perde una buona mezz'ora per inserire suoi dati nei documenti. Si reca dunque al protocollo.
Impiegato del protocollo: "Oggi c’è molto lavoro da noi, la prego di pazientare qualche ora e di rimanere in zona, le invieremo una mail quando avremo inoltrato la richiesta".
Amelia, sempre più scocciata, esce da quel macabro luogo, consapevole che dovrà rientrarci "a breve". Solamente visto da fuori, il municipio suscita già timore. Le ore passano, e Amelia riceve finalmente mail di comunicazione dall’ufficio anagrafe.
Rientra nel municipio sperando che, una volta che sarà uscita, non dovrà metterci piede per lungo tempo. Si reca dall’impiegata dell’anagrafe, ma prima che possa chiedere qualcosa, l'impiegata le fa presente un problema.
Impiegata: "Ho visionato la sua pratica e non posso rilasciarle alcun documento".
Amelia: "Sta scherzando? Per quale motivo non potete rinnovarmi il documento?"
Impiegata: "Perché lei non esiste".
Amelia: "...Che significa?"
Impiegata: "Aspetti un secondo, sto finendo in questo momento di scriverle una mail… Ecco, controlli ora sulla casella postale".
Amelia controlla le notifiche sul suo telefono e legge la mail che ha appena ricevuto:
"OGGETTO: Comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza (art. 10 bis L. 241/90)
Gentile sig.ra,
mi duole comunicarle l’impossibilità di proseguire l’istruttoria con esito positivo, giacché lei non esiste. Dunque, per il suddetto motivo, non può richiedere un documento di riconoscimento.
Cordiali saluti".
Amelia inizia a urlare istericamente, inveendo contro l’impiegata e il sistema.
Amelia: "MA COME FATE A DIRE CHE NON ESISTO, SONO QUI, STO PARLANDO, STO COMPIENDO AZIONI!".
Amelia fa oscillare con rabbia il proprio braccio sulla scrivania dell’impiegata, buttando a terra il monitor del PC, tutte le scartoffie e la cancelleria.
Incuriositi dalle urla, molte persone presenti nell’edificio accorrono a controllare cosa stia succedendo, guardando Amelia allibiti e impauriti.
Amelia: "E VOI CHE VOLETE DA ME? NON AVETE ALTRO DA FARE? NON DOVETE LAMENTARVI ALL’UFFICIO TRIBUTI DI UN'IMPOSTA TROPPO SALATA? OPPURE NON DOVETE ANDARE DAI VIGILI AD AVANZARE UN RECLAMO PER UNA MULTA?"
Tutti osservano, impietriti ma anche un po’ incuriositi.
Amelia: "CHE AVETE ANCORA DA GUARDARE? TANTO NON ESISTO, NON STATE GUARDANDO ME, NON STATE GUARDANDO NIENTE!"
Impiegata: "Purtroppo, ora devo chiederle di abbandonare quest’ufficio seduta stante".
Amelia, con gli occhi iniettati di sangue, si volta verso l’impiegata e l’assale. Le due donne si azzuffano, poi si allontanano lanciandosi addosso la cancelleria presente in ufficio, per poi riavvicinarsi e azzuffarsi nuovamente.
Tutti gli altri assistono, rimanendo fermi e attoniti.
Amelia riesce ad armarsi con un taglierino e inizia a sventolarlo goffamente. L’impiegata cerca di scappare, ma Amelia la insegue lungo tutto l’edificio. Mentre l’impiegata sta correndo giù per le scale, inciampa, ruzzola per poi ritrovandosi con la schiena sul pavimento. Amelia le balza addosso, puntandole il taglierino al collo. Ora vuole osservare il volto di chi l'ha fatta penare una giornata intera, dunque strappa via la maschera dall'impiegata. Amelia non riesce a credere a quello che ha visto, è pietrificata e non sa cosa dire. È come guardarsi allo specchio. Il volto dell’impiegata è quello di Amelia. L’impiegata è Amelia.
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