Ve lo spiego nella maniera più chiara possibile: è l'effimero carattere dell'esistenza in cui scorgere l'eterno...
Il naufragio esterno delle esperienze, il ritorno nell'ego ma la fuga dal sé, o meglio la fuga dall'ego e il ritorno nel sé.
Seminiamo scompiglio in un mondo ceco e inaccessibile.
Barricati nei portici, portateci probiotici.
Lampi, lampioni, lamponi... Oggetti dispersi nel creato improvvisamente improvvisano un ritrovato ordine fittizio che beffeggia il rumoroso disordine dell'apparire.
Ma l'apparenza rimane tale senza la critica metafisica. E dunque i rapporti andranno invertiti, cosicché il disordine in realtà si scopre l'ordine verso cui tendere.
Significati scevri da ogni parvenza esperienziale, caricati di blanda morale attraverso la quale, indottrinare la folla.
Un immanente rigurgito da ipertrofia fatalistica di norme eteroimposte.
Imposte ferme, barricate erette al limite simbolico dell'alterità.
Esposto al mondo il mio urlo sordo, posto il veleno di cui mi hanno macchiato.
Ma lo spazio non esiste più, e ogni cosa rimane a posto.
Congelamento del tempo e di un'umanità persa per sempre.
Disgelo di una bieca condotta amorale e controsociale volta a conclamare nuovi moti dell'asse terrestre.
Ma la terra non è la terra, quantomeno non è la terra che pensate. Pensare in astratto suscita impotenza, pensare in concreto, suscita rassegnazione. Rassicurare le qualità di abietti ammassi di carne abbandonati al loro destino, scacciati persino dal circuito del capitale evanescente che li ha creati.
Il flusso si è concluso, ma la libertà dallo stesso è in realtà una prigione peggiore della precedente. Precedenti penali irrisori, pece sui denti accessori. Accesso negato alla vita, accesso negato nella via. Movimenti ipercontrollati da un'ipervalutazione della situazione attuale.
E la mente di un uomo distrutta, costretto a indossare gli stessi calzini spaiati.
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