Questo racconto di Halloween non vuole in nessun modo dare giudizi sulle religioni o su quello che crediate accada al momento della morte. Il tutto è da prendere come un’opera di fantasia, e non ha nulla a che vedere con la realtà.
Il vento è una lama che colpisce in pieno il suo volto. Saettate di aria che penetrano dal naso e ritornano fuori come muco che non può togliersi, o perderebbe il ritmo. Il cuore batte all’impazzata, pompa più sangue al corpo, per aiutarlo in quella corsa che sembra un volo, perché ormai non sente più le gambe.
Arriva in un posto isolato, i sensi tesi a cercare di captare qualche suono, ma oltre qualche latrato e un camion della spazzatura a qualche metro di distanza, non sente nulla. Rallenta la corsa, le pupille sono biglie impazzite che scattano da destra a sinistra, ma deve rimanere vigile, non può permettersi di scambiare il fruscio del vento per un sussurro, l’ombra di una falena per un mostro.
Quando sembra che tutto sia tranquillo, acconsente a rilassarsi, si ferma, tutto ciò che sente è l’acido lattico che fa pulsare i polpacci disabituati a correre da ormai anni. Le mani provano a massaggiare le ginocchia, le cosce sotto i palmi sono così tese da sembrare di marmo. Se non fosse che sta scappando dal suo peggiore incubo, prenderebbe in considerazione l’idea di potersi allenare quotidianamente, ma chissà se ci sarà un domani.
Un’ombra passa lì accanto, l’atmosfera si gela, può giurare che tutto attorno a sé si è fermato, perfino il cammino della luna nel cielo. Non può più correre, i piedi sono incollati sull’asfalto, una fitta nella zona della vescica conferma il suo terrore, ma non può, non deve cedere.
«Non puoi scappare da me.» la figura sinistra si avvicina lentamente, non riesce a capire da dove sia venuta, ormai è totalmente una sua vittima. Non vorrebbe, ma una forza oscura quanto la presenza che ha davanti lo costringe a mettersi in ginocchio. «Ora dobbiamo fare i conti con il tuo passato, il tuo presente. Non c’è più futuro, il patto è scaduto.»
Le lacrime prendono strada sul suo viso.
«Perché piangi? Sapevi sarebbe finita così. Sono tre giorni che mi vedi.» La falce che porta in mano, o in quella che dovrebbe essere la mano, brilla davanti ai suoi occhi, è di argento puro; ora la sua voce non gli fa più paura, mette le mani giunte davanti a colei che sta diventando la donna più bella e luminosa che abbia mai visto.
«Pietà!» urla in mezzo al pianto.
«Non posso risparmiarti.» la donna dorata gli sorride, accarezzandogli la testa.
«Non voglio quello. Chiedo perdono per ogni mio peccato.»
La donna lo abbraccia. «Non devi chiederlo a me.»
Il portale si avvicina, Lorenzo accetta la mano della Signora e insieme lo passano. Dopo pochi attimi di luce intensa, ma che non fa male agli occhi, Lorenzo rivive tutta la sua vita, ma stavolta ogni emozione che ha provato ha le sembianze umane.
C’è la rabbia che lo aggredisce, il rancore che gli stringe il collo, l’egoismo che gli schiaccia gli arti. Lorenzo piange, urla, si dimena, imprecando contro se stesso, reo di essere finito all’Inferno.
«Quanto pensi durerà?» chiede la Voce alla Signora.
«Meno di quanto crede.»
«Hai già scelto dove rimandarlo?»
«Ho buttato giù qualche idea, la discuteremo insieme.»
«Non ti dispiace, vero? Essere sia Vita che Morte?»
«Per niente. È rassicurante. Li mando nel mondo, poi li vengo a riprendere. Così, per l’eternità…» la Signora abbassa lo sguardo, vergognandosi di tale presunzione. «Scusami. Finché avrai Voce.»
La Voce torna nel Silenzio.
Arriva in un posto isolato, i sensi tesi a cercare di captare qualche suono, ma oltre qualche latrato e un camion della spazzatura a qualche metro di distanza, non sente nulla. Rallenta la corsa, le pupille sono biglie impazzite che scattano da destra a sinistra, ma deve rimanere vigile, non può permettersi di scambiare il fruscio del vento per un sussurro, l’ombra di una falena per un mostro.
Quando sembra che tutto sia tranquillo, acconsente a rilassarsi, si ferma, tutto ciò che sente è l’acido lattico che fa pulsare i polpacci disabituati a correre da ormai anni. Le mani provano a massaggiare le ginocchia, le cosce sotto i palmi sono così tese da sembrare di marmo. Se non fosse che sta scappando dal suo peggiore incubo, prenderebbe in considerazione l’idea di potersi allenare quotidianamente, ma chissà se ci sarà un domani.
Un’ombra passa lì accanto, l’atmosfera si gela, può giurare che tutto attorno a sé si è fermato, perfino il cammino della luna nel cielo. Non può più correre, i piedi sono incollati sull’asfalto, una fitta nella zona della vescica conferma il suo terrore, ma non può, non deve cedere.
«Non puoi scappare da me.» la figura sinistra si avvicina lentamente, non riesce a capire da dove sia venuta, ormai è totalmente una sua vittima. Non vorrebbe, ma una forza oscura quanto la presenza che ha davanti lo costringe a mettersi in ginocchio. «Ora dobbiamo fare i conti con il tuo passato, il tuo presente. Non c’è più futuro, il patto è scaduto.»
Le lacrime prendono strada sul suo viso.
«Perché piangi? Sapevi sarebbe finita così. Sono tre giorni che mi vedi.» La falce che porta in mano, o in quella che dovrebbe essere la mano, brilla davanti ai suoi occhi, è di argento puro; ora la sua voce non gli fa più paura, mette le mani giunte davanti a colei che sta diventando la donna più bella e luminosa che abbia mai visto.
«Pietà!» urla in mezzo al pianto.
«Non posso risparmiarti.» la donna dorata gli sorride, accarezzandogli la testa.
«Non voglio quello. Chiedo perdono per ogni mio peccato.»
La donna lo abbraccia. «Non devi chiederlo a me.»
Il portale si avvicina, Lorenzo accetta la mano della Signora e insieme lo passano. Dopo pochi attimi di luce intensa, ma che non fa male agli occhi, Lorenzo rivive tutta la sua vita, ma stavolta ogni emozione che ha provato ha le sembianze umane.
C’è la rabbia che lo aggredisce, il rancore che gli stringe il collo, l’egoismo che gli schiaccia gli arti. Lorenzo piange, urla, si dimena, imprecando contro se stesso, reo di essere finito all’Inferno.
«Quanto pensi durerà?» chiede la Voce alla Signora.
«Meno di quanto crede.»
«Hai già scelto dove rimandarlo?»
«Ho buttato giù qualche idea, la discuteremo insieme.»
«Non ti dispiace, vero? Essere sia Vita che Morte?»
«Per niente. È rassicurante. Li mando nel mondo, poi li vengo a riprendere. Così, per l’eternità…» la Signora abbassa lo sguardo, vergognandosi di tale presunzione. «Scusami. Finché avrai Voce.»
La Voce torna nel Silenzio.
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