Rebecca West (1892-1983) è un nome importante nella letteratura inglese: scrittrice, giornalista e attivista della sua epoca, ha di certo lasciato la sua traccia tangibile nella cultura del Regno Unito. Di lei parleremo meglio nel pomeriggio, ora vogliamo concentrarci sul suo romanzo: “Il ritorno del soldato”, (1918) pubblicato in ristampa dalla Fazi Editore il 21 ottobre 2022.
Anche se abbiamo avuto il piacere di leggerlo in anteprima, possiamo parlarvene solo adesso.
Anche se abbiamo avuto il piacere di leggerlo in anteprima, possiamo parlarvene solo adesso.
Se avete visto il film “Il ritorno del soldato” (1982) sapete già più o
meno la trama: stiamo nell’Inghilterra della Prima Guerra Mondiale, le
donne di qualsiasi ceto sociale sono rimaste sole, con i loro mariti,
figli, fratelli, cugini, amanti al fronte; tra loro anche Kitty e Jenny,
entrambe in apprensione per le sorti di Chris Baldry: marito della
prima e cugino della seconda.
Un giorno bussa alla loro porta Margaret: una donna malmessa, non di estrazione sociale ricca come loro, che le informa del tragico incidente toccato all’uomo. Chris, infatti, non ricorda più nulla degli ultimi quindici anni. Ha scritto a lei perché convinto abbiano ancora una relazione, ma il loro amore si è concluso anni prima, con l’avvento dell’età adulta.
Kitty e Jenny non sanno come prendere la notizia, possono solo comportarsi così come l’anima inglese impone: celando le proprie emozioni e lasciando ogni giudizio al parere dei medici.
Chris torna da estraneo alla sua vita di sempre, ma è lampante quanto tutto gli faccia quasi paura. L’uomo che avevano conosciuto e amato è sparito, lasciando spazio a un ragazzo sensibile che pur non volendo ferire Kitty, non riesce proprio a vederla come sua moglie. Può confidarsi solo con la cugina e a lei ammette che non può andare avanti senza Margaret.
I due ricominciano a frequentarsi, come amici, ma più passano i giorni, più si avvicina il momento della scelta: le donne devono riportare Chris alla normalità, facendogli tornare ogni ricordo e riconsegnarlo al fronte, o lasciarlo nell’illusione che nulla sia mai cambiato?
Non vi diremo di più sulla trama per evitarvi gli spoiler, ma vorremmo dire scelta che avremmo fatto noi se fossimo stati i protagonisti di questo libro.
Sarà capitato un po’ a tutti di pensare almeno una volta nella vita: “Ah, se potessi tornare indietro…” Già. Ma cosa faremmo? Personalmente troviamo angosciante tale pensiero, perché porta inevitabilmente a ricordare ogni estratto della nostra vita. Finire nel giro degli “E se…” è autodistruttivo e non porta a nulla di buono.
Ma se… se per qualsiasi motivo dovessimo perdere la memoria, saremmo ancora noi stessi? Ed è giusto provare a far di tutto per tornare come prima, o bisogna prendere ciò che è successo come una nuova possibilità?
Sono domande che possono angustiare, ma sono anche interrogativi morali che effettivamente ci affascinano.
Ciò che siamo ora è frutto delle nostre esperienze passate, ma se queste vengono cancellate, noi pensiamo sia giusto fare di tutto purché si torni a uno stadio di normalità. È vero, la memoria cancellata offre altre opportunità, ma è anche vero che tutto ciò che ci accade serve per arricchirci; un incidente non può toglierci ciò che abbiamo costruito nel nostro essere. Anche perché, a essere puntigliosi, è solo la parte conscia che ha dimenticato, quella inconscia non potrebbe mai.
La West, da brava giornalista, indaga molto sulla natura umana e sul concetto di femminismo. Negli anni della Prima Guerra Mondiale le donne si sono ritrovate per la prima volta a essere le uniche e sole in famiglia, ad avere le redini di tutto, contribuiscono all’economia domestica senza dimenticare di badare ai figli, almeno a quelli rimasti.
Delle tre protagoniste femminili nessuna di loro è descritta come l’angelo del focolare, o come l’incarnazione dell’essere etereo e ingenuo tutto dedito a sentimentalismi.
Le donne sono donne: amano, lavorano, si danno da fare a loro modo, sono cordiali, criticano, giudicano, osservano, rimangono fedeli al ruolo che è stato loro assegnato, ma soprattutto prendono decisioni.
La West nel 1918 manda un messaggio chiaro e diretto all’Inghilterra e al mondo: le donne, anche se sole, sono in grado di badare a loro stesse, di decidere e di prendersi il carico della salute psichica e del destino di un uomo che fino a pochi mesi prima era il loro capofamiglia. Termine ora definito ridicolo, ma che all’epoca designava il vero compito di un uomo: essere a capo della sua stessa famiglia. Nessun passo poteva essere fatto senza che il padre/marito lo sapesse.
Con il “Ritorno del soldato” possiamo di certo apprezzare i grandissimi passi avanti che abbiamo fatto noi donne, ed è proprio grazie a questa gratitudine che troveremo la tenacia per poter affrontare i numerosi passi che ci rimangono per raggiungere la più totale uguaglianza uomo-donna.
Non è un libro che consigliamo solo alle donne, ovviamente. Lo consigliamo a chiunque si senta di aver perso la propria via, così da ricordare per cosa sta combattendo.
Un giorno bussa alla loro porta Margaret: una donna malmessa, non di estrazione sociale ricca come loro, che le informa del tragico incidente toccato all’uomo. Chris, infatti, non ricorda più nulla degli ultimi quindici anni. Ha scritto a lei perché convinto abbiano ancora una relazione, ma il loro amore si è concluso anni prima, con l’avvento dell’età adulta.
Kitty e Jenny non sanno come prendere la notizia, possono solo comportarsi così come l’anima inglese impone: celando le proprie emozioni e lasciando ogni giudizio al parere dei medici.
Chris torna da estraneo alla sua vita di sempre, ma è lampante quanto tutto gli faccia quasi paura. L’uomo che avevano conosciuto e amato è sparito, lasciando spazio a un ragazzo sensibile che pur non volendo ferire Kitty, non riesce proprio a vederla come sua moglie. Può confidarsi solo con la cugina e a lei ammette che non può andare avanti senza Margaret.
I due ricominciano a frequentarsi, come amici, ma più passano i giorni, più si avvicina il momento della scelta: le donne devono riportare Chris alla normalità, facendogli tornare ogni ricordo e riconsegnarlo al fronte, o lasciarlo nell’illusione che nulla sia mai cambiato?
Non vi diremo di più sulla trama per evitarvi gli spoiler, ma vorremmo dire scelta che avremmo fatto noi se fossimo stati i protagonisti di questo libro.
Sarà capitato un po’ a tutti di pensare almeno una volta nella vita: “Ah, se potessi tornare indietro…” Già. Ma cosa faremmo? Personalmente troviamo angosciante tale pensiero, perché porta inevitabilmente a ricordare ogni estratto della nostra vita. Finire nel giro degli “E se…” è autodistruttivo e non porta a nulla di buono.
Ma se… se per qualsiasi motivo dovessimo perdere la memoria, saremmo ancora noi stessi? Ed è giusto provare a far di tutto per tornare come prima, o bisogna prendere ciò che è successo come una nuova possibilità?
Sono domande che possono angustiare, ma sono anche interrogativi morali che effettivamente ci affascinano.
Ciò che siamo ora è frutto delle nostre esperienze passate, ma se queste vengono cancellate, noi pensiamo sia giusto fare di tutto purché si torni a uno stadio di normalità. È vero, la memoria cancellata offre altre opportunità, ma è anche vero che tutto ciò che ci accade serve per arricchirci; un incidente non può toglierci ciò che abbiamo costruito nel nostro essere. Anche perché, a essere puntigliosi, è solo la parte conscia che ha dimenticato, quella inconscia non potrebbe mai.
La West, da brava giornalista, indaga molto sulla natura umana e sul concetto di femminismo. Negli anni della Prima Guerra Mondiale le donne si sono ritrovate per la prima volta a essere le uniche e sole in famiglia, ad avere le redini di tutto, contribuiscono all’economia domestica senza dimenticare di badare ai figli, almeno a quelli rimasti.
Delle tre protagoniste femminili nessuna di loro è descritta come l’angelo del focolare, o come l’incarnazione dell’essere etereo e ingenuo tutto dedito a sentimentalismi.
Le donne sono donne: amano, lavorano, si danno da fare a loro modo, sono cordiali, criticano, giudicano, osservano, rimangono fedeli al ruolo che è stato loro assegnato, ma soprattutto prendono decisioni.
La West nel 1918 manda un messaggio chiaro e diretto all’Inghilterra e al mondo: le donne, anche se sole, sono in grado di badare a loro stesse, di decidere e di prendersi il carico della salute psichica e del destino di un uomo che fino a pochi mesi prima era il loro capofamiglia. Termine ora definito ridicolo, ma che all’epoca designava il vero compito di un uomo: essere a capo della sua stessa famiglia. Nessun passo poteva essere fatto senza che il padre/marito lo sapesse.
Con il “Ritorno del soldato” possiamo di certo apprezzare i grandissimi passi avanti che abbiamo fatto noi donne, ed è proprio grazie a questa gratitudine che troveremo la tenacia per poter affrontare i numerosi passi che ci rimangono per raggiungere la più totale uguaglianza uomo-donna.
Non è un libro che consigliamo solo alle donne, ovviamente. Lo consigliamo a chiunque si senta di aver perso la propria via, così da ricordare per cosa sta combattendo.
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