Un boato immaginario sconquassa l’ordine delle cose. D’un tratto, nel pieno della notte, sento la pioggia in camera mia. Forse ho sonno, ma sento questo bisogno di esprimermi ermeticamente. No, questo non è un altro delirio narcolettico. Questo è il bisogno di dissetarsi. Forse, dovrei raccogliere quest’acqua piovana in un contenitore.
Quando la pioggia cade è limpida e triste, così cristallina che riflettere i desideri irrealizzati di ciascuno. Ma poi arriva sul suolo e si mescola con la terra e con la polvere. Un oltraggio di rugiada, una caduta drammatica. Ma meglio esprimerlo in endecasillabi:
"Muta empietà, parole disperse
dentro questo vuoto colmo di niente,
gocce di notte in fiasche diverse…
ormai l'acqua non è più trasparente".
(Gianluca Boncaldo, "L’acqua non è più trasparente")
Ora è meglio provare a dissetarsi dal lavandino. Anche se non mi fido molto di quest’acqua. O forse, non mi fido del lavandino.
Sogni calcarei intrappolati nell’acciaio. E l’acqua che riempie questo bicchiere da dove viene? Chissà che strada ha fatto per arrivare fin qui. Mi disseta o m’avvelena? Ha un sapore così strano…
"Ultimamente non fa bene quest’acqua malata, quest’acqua di oggi,
fa dei giri strani prima di raggiungerci con calma negli alloggi.
Acqua, abbi pietà di noi e rimettiti,
come noi ti mettiamo nei rubinetti".
(Dargen D’Amico, Nostalgia istantanea)
Prendo un altro sorso, sono dubbioso dei suoi benefici, ma allo stesso tempo, in quanto creatura organica, ne sono dipendente.
Potrei prenderla altrove, ma il lavandino è già una frontiera. E la frontiera è metaforica, come lo è questa pioggia dentro casa che sta bagnando tutto quanto.
Non posso aprire l’ombrello, perché aprirlo dentro casa porta sfortuna.
E allora guardo verso il soffitto osservando irritato le gocce che continuano a bagnarmi mentre bevo dal bicchiere.
E poi guardo davanti le gocce che cadono sul pavimento.
Mi accorgo che c'è un istante in cui sembrano fermarsi a mezz’aria per incrociare il mio sguardo chiedendomi di salvarle dalla corruzione della polvere che troverebbero nel pavimento.
Ma neanche il tempo di formulare la richiesta d’aiuto, cadono fugaci formando quasi piccoli fiumi nelle incanalature delle mattonelle.
Ma quanto tempo è passato? Sembra già qualche ora, ma forse sono passati solo un paio di secondi. E la pioggia è già finita.
"Questa pioggia è così pesante
che nasce e muore in un istante"
(Dargen D’Amico, "Nostalgia Istantanea")
Queste piogge d’appartamento sono sempre inaspettate e la loro durata è altrettanto imprevedibile.
Ora pure un arcobaleno si presenta dentro casa mia.
Dicono che gli arcobaleni conducano a delle pentole d’oro, ma quello appena sbucato qui dentro finisce proprio dentro il WC.
Vabbè, non me ne frega proprio niente, per adesso vorrei solo stendermi su una superficie morbida.
E ora sto per addormentarmi su questo letto bagnato dopo aver raccontato della fugacità della vita.
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