La politica del live action, degli ultimi tempi, è ormai nota ai più. La Disney sta scrivendo i suoi grandi classici prendendo per lo più delle cantonate infrangendo, in questo modo, i sogni di intere generazioni cresciute con la sua animazione. L’originale è datato 1953 e, come in molti sanno, il film era tratto dal personaggio nato dalla penna dello scrittore britannico J.M. Barrie nel 1902. Tra tutti i film d’animazione è, sicuramente, quello invecchiato peggio, tanto che, seguendo la recente new wave, la sua didascalia all’interno della piattaforma di streaming parlava chiaro: una rappresentazione non adatta alla sensibilità odierna. E sì, un piccolo fondo di verità c’è perché al di là di tutte le più profonde letture dell’opera, ciò che veniva messo in scena era discutibilmente discriminatorio. Giglio Tigrato e Wendy erano del tutto marginali al racconto e molto spesso erano confinate in posizioni decisamente strane.
Nella sua rilettura datata 2023, arrivata sulla piattaforma lo scorso 28 aprile, Disney si è data da fare per poter riuscire ad approfondire ulteriormente i suoi personaggi. Si è così riusciti, probabilmente per la prima volta, a creare un live action che fosse emozionante e decisamente attuale. E no, non stiamo parlando della scelta etnica compiuta per Trilly o per Peter stesso, sono decisioni marginali nell’economia del racconto. Anche se resta innegabile la mancanza dei tipici tratti inglesi nell’eterno bambino. Quindi sì, vogliamo abbandonare per un attimo tutto il nostro astio nei riguardi del politicamente corretto e concentrarci su altri aspetti messi in luce in questa pellicola.
Quello realizzato da David Lowery è un film per adulti. Non è fatto per bambini che non vogliono crescere, ma per poter ricordare a chi è cresciuto come si può mantenere la fantasia che è presente in ognuno di noi. Wendy è la reale protagonista della pellicola, la sua aggiunta al titolo ci fa immediatamente comprendere la sua centralità nel racconto. È, infatti, interessante inquadrare tutto sotto i suoi occhioni blu e la sua paura di dover affrontare un’avventura per la quale non è ancora pronta. Lei sta crescendo e con ciò arrivano le prime responsabilità e la necessità di dover iniziare a comportarsi da sorella maggiore, un faro per i sue due piccoli fratelli. Il richiamo all’avventura inizia proprio da questo suo desiderio, Peter Pan ha atteso a lungo che lei lo esprimesse prima di intrufolarsi nella sua stanza insieme alla sua ombra.
Wendy, quindi, non viene scelta per poter fare da madre ai bimbi sperduti, al contrario, sottolinea la sua insicurezza nel volerne. Lei combatte fianco a fianco con i suoi fratelli e cerca la propria strada. Ever Anderson è impeccabile nel suo ruolo da protagonista e per la prima volta non vediamo una Trilly gelosa della stessa Wendy.
È il tempo che diviene oggetto e ossessione costante di tutti i personaggi. Elemento che potevamo anche notare all’interno del cartone animato, basti pensare al ticchettio che annuncia la presenza del coccodrillo. Qui diventa padrone della scena e trauma. Attraverso il tempo perduto o passato si riesce, dunque, a costruire una backstory per tutti i personaggi in scena.
In particolare, Jude Law riesce a essere un ottimo Capitan Uncino. Lowery, insieme a Toby Halbrooks, riesce a immaginare una storia per questo carattere tanto forte da costruire delle motivazioni dietro al suo agire. Non abbiamo un James che si scontra semplicemente con Peter perché l’uno non esisterebbe senza l’altro, ma ci troviamo davanti a due facce della stessa medaglia: presenza di ricordi felici, contro assenza di essi. Uncino diviene simbolo di quei rimpianti e di quell’incapacità di vivere con gioia la vita che si è scelti per l’essere adulti che ha portato solo conseguenze negative.
Peter così ne esce destrutturato dalla sua essenza di eterno bambino. Di lui viene meno l’eroicità mettendo in luce il suo esser viziato. Spocchioso, narcisista, ossessionato dal suo bisogno di ammirazione, deve riuscire a trovare la propria redenzione e ci riesce grazie alla presenza di Wendy. Deve, in sostanza, imparare a essere amico di chi lo circonda e per farlo deve spostare l’attenzione da se stesso agli altri. Paradossalmente qui Peter è costretto a crescere senza crescere, trovando la sua personale chiave di lettura all’interno delle responsabilità. E nonostante ciò sia un evidente modo per poter evirare questo personaggio, Disney riesce a trovare il giusto equilibrio nel farlo.
In sostanza, Peter e Wendy si pone come tentativo di mediazione. Propone, dunque, un nuovo modo per poter riuscire a risolvere i conflitti che non sia solo il semplice duello, ma un dialogo in grado di riparare ai torti fatti e subiti.
Paradossalmente il finale avvalora un po’ di più tutte quelle leggende che si muovono dietro la storia dell’eterno bambino. L’alone della morte si fa presente e costante ed è di facile intuizione quando il pubblico di rifermento è quello adulto.
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