Sembra un normalissimo racconto di un viaggio in metropolitana, ci sono dei personaggi che potrebbero essere i due protagonisti della storia (decidete voi il sesso, per me è indifferente) e ci sono anche dei tipi loschi che li stanno spiando (anche qui, decidete voi se sono uomini o donne). Non si sa bene cosa stia succedendo, e non si saprà mai.
Questa non è la storia di oggi, perché parte della tratta della metropolitana è stata costruita su un antichissimo cimitero.
Certo, la metropolitana è sempre passata da lì e non ha mai creato problemi, ma adesso tocca raccontare un racconto e i problemi li crea eccome.
Gli spiriti, disturbati dall’ennesimo passaggio del treno, decidono di rompere la quarta parete.
Così, questo noiosissimo film diventa davvero avvincente.
Sì, in realtà ci troviamo in una multisala a vedere l’ennesimo giallo. Vi avevo mentito, è vero. Questa è una pellicola, non un racconto.
Avete presente quando i fratelli Lumière fecero vedere la ripresa di un treno? Se non ricordo male fu il primo vero film. E se non ricordo male, della gente morì dallo spavento perché pensava che davvero il treno sarebbe arrivato addosso a loro.
Bene, stavolta è successo davvero.
La metropolitana è sbucata in sala a gran velocità, con le dispettose risate degli spettri e con quei personaggi inutili presenti a bordo.
Questa sì che è bella, un film che diventa vero. Certo, non è un bello spettacolo per chi si trova in sala, tantomeno per i custodi che dovranno ripulire tutto.
Ma questo mondo di narrazione è così disincantato che nessuno si sorprende più di tanto, alcuni spettatori sono andati a chiedere il rimborso.
Spettatore: “Non li fanno più i film di una volta, dove ti sedevi e venivi intrattenuto da una storia con una trama”.
Bigliettaio: “Lamentati con Gianluca, non con me. È lui che ti ha creato e che ti ha messo in questa storia solo per farti lamentare”.
E lo spettacolo finisce così, tra protagonisti che rimangono ininfluenti, spettri maligni che si fumano una sigaretta sul retro del cinema e lo spettatore che ora si vuole lamentare con me. Peccato che non potrà mai farlo, perché ho cancellato la sua ultima battuta, concludendo così questo racconto che non è un vero racconto.
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