Scrive Valerio senza esitare, sta componendo una lettera da mostrare a qualcuno. La sua grafia è turbata e spigolosa, e le parole si riversano sul foglio in maniera caotica, come se volessero uscire tutte in una volta.
“La mia testa è assillata da rumori disordinati, senza che siano effettivamente presenti nella realtà concreta. Dicono che sia uno dei sintomi della schizofrenia, ma la pazzia me l’aspettavo diversa”.
Valerio esita un attimo, non riesce ancora pienamente ad ammettere che qualcosa stia andando male.
“Non c’è mai pace, sento rumore ovunque ormai. Ma non è il rumore che potete sentire anche voi, o meglio, voi potete sentirlo ma non con le orecchie”.
Valerio sospira, poi batte il pugno destro sulla scrivania, grondante di rabbia e frustrazione.
“Lo ammetto, mi sono fermato un attimo ma eccomi di nuovo con la penna in mano. Quello che sento è così forte e improvviso che non voglio perdere tempo nel raccontarlo, deve essere qualcosa di veloce”.
Valerio si accorge che sta tergiversando, allora ancora di più si sforza a scrivere quello che non vorrebbe dire.
“So di non essere né unico e né speciale per questo che sento. So anche che, prima o poi, lo provano praticamente tutti. Non sono mica nato ieri. Diamine però, il segreto di come si esca da questa situazione rimane per me un enorme mistero. Il rumore più fastidioso, la mia voce che mastica parole e frasi nella mia testa, rimbomba fastidiosa come una decina di ambulanze scoordinate”.
Valerio si sente abbastanza soddisfatto della similitudine e continua a scrivere.
“Non mi dà tregua perché non so ascoltare, ma io non so ascoltare perché non mi dà tregua”.
Mentre scrive questa frase, Valerio si sente in un enorme labirinto senza uscita appartenete.
“Ora mi tormenta ogni cosa in concreto e in astratto, su qualunque forma che possa venire al mondo, la mia mente ha qualcosa da dire e da criticare”.
Con sguardo mesto, Valerio continua a osservare il suo foglio, senza bloccarsi più mentre sta scrivendo di getto.
“Ormai, da qualche tempo, non sento più la musica. Che sia un coro angelico o uno stornello popolare, non sento niente. Sento solo la mia voce che rimbomba nella mia mente vuota e piena allo stesso tempo. Sento solo dolore per ogni istante in cui perdo la mia musica”.
Qui Valerio decide di fermarsi un attimo, non per necessità, ma perché gli sembra la cosa più opportuna da fare. Ricomincia a scrivere subito dopo qualche secondo.
“Non sento più niente, e in questo momento mi sembra che sarà così in eterno”.
Valerio mette un punto premendo aggressivamente contro il foglio, dopodiché chiude la lettera in una busta.
La busta sembra pesante e leggera allo stesso tempo, Valerio la osserva e poi si decide.
Di scatto, Valerio si alza dalla sua scrivania e si reca in cucina. Accende il fornello e dà fuoco alla sua lettera. La guarda mentre prende fuoco, nel silenzio assordante della sua gelida vita.
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