Da ormai molti anni si affaccia nel dibattito pubblico una questione che non deve essere sottovalutata. Con l’avvento di Internet, la duplicazione degli schermi a nostra disposizione e lo sviluppo degli “e-reader”, la vendita dei libri digitali aumenta sempre di più e, con essi, anche i dubbi su questo medium e i pregi e difetti legati alla lettura “digitale”.
In sociologia è ormai noto che, nonostante la sua impostazione razionalistico/determinista (e fortemente etnocentrica) anche il nostro mondo “occidentale” è ancora disseminato di feticci e di questioni che, anche solo implicitamente, rimandano a una dimensione mistica, magica o quasi religiosa.
Stiamo parlando anche di quella capacità che gli oggetti hanno di assolvere non solo a un preciso scopo, ma anche di farsi emblemi di un certo status sociale, di una certa identità e anche, ancora più nel profondo, di permettere l’accesso a una dimensione arcana che ha che fare con i sogni e le componenti più irrazionali dell’uomo.
Per questo un oggetto materico non è mai “solamente un oggetto” ma è anche un portale di accesso verso altri mondi, verso una dimensione immanente che può incantare e, allo stesso tempo, spaventare.
Questo carattere arcano dei feticci, per l’appunto, è ciò che ci spinge continuamente ad acquistare nuovi oggetti e, quindi, anche nuovi libri.
Un libro, infatti, coagula in sé tutta una sua storia personale (ci rimanda a quando l’abbiamo acquistato, a chi ce l’ha regalato, alla situazione personale che abbiamo vissuto mentre lo stringevamo nelle mani). Proprio questi elementi, insieme alle note percettive e sensoriali (l’odore della carta, la robustezza di una copertina, le fotografie impresse), rendono la morta materia “più umana” e ci permettono di sentirci vivi e padroni del fluire degli eventi.
Il digitale, invece, eliminando la diversità di copertina, colori, ecc... offre una sintesi estetica che raggruppa tutti i diversi testi nel medesimo oggetto, ovvero un anonimo e impersonale e-reader.
Ancora, gli e-book, a differenza dei libri cartacei, non si possono esporre e ciò li spoglia dalla dimensione magica di cui abbiamo parlato fino a questo punto.
Insomma, sembra proprio che non ci sia una soluzione e possiamo dire di trovarci d’avanti a un bivio che non può essere ridotto esclusivamente alla dimensione “funzionale”.
Da un lato, infatti, abbiamo un e-reader che permette (spesso e volentieri risparmiando) di leggere centinaia di e-book senza sforzi fisici, magari garantendo un’illuminazione sempre adeguata.
Dall’altro abbiamo la pesantezza romantica di un libro che si consuma, che nasce e muore, le cui pagine possono strapparsi o bagnarsi; un libro che occupa spazio e che deve essere adeguatamente illuminato per essere letto. Insomma, un qualcosa di “più scomodo” ma molto ancorato al nostro mondo.
E se nell’estrema liquidità della società contemporanea vincolarsi alla pesantezza di un tomo fosse un atto rivoluzionario?
… e se invece fosse soltanto un effimero afflato nostalgico in contrasto a un non meglio specificato “progresso”?
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