La Disney firma un altro piccolo capolavoro dell’animazione, portando in sala adulti e piccini dal 23 novembre per il suo: Strange World – Un mondo misterioso. Una pellicola che, come ha sostenuto il regista, è mirata al pubblico di ogni fascia d’età, da ogni parte del mondo, perché ci spinge a sognare una piccola utopia.
Attraverso le pagine pulp di un fumetto, conosciamo le grandi avventure compiute dai Clade. Padre e figlio sono due grandi avventurieri: il primo ha concretizzato come scopo della propria vita il cercare di scoprire cosa ci sia al di là delle montagne che circondano la città nella quale vivono; il secondo è più incentrato nella ricerca e nella scoperta inerente alla flora. Uno scontro generazionale che spinge i due protagonisti a raffreddare il loro rapporto e a perdersi di vista nel corso degli anni. Searcher Clade, una volta separatosi dal padre in città non fa altro che cercare di avviare la propria fattoria. Si distacca, dunque, dalle orme del padre vivendo per venticinque anni con la voglia di non diventare come chi lo ha cresciuto. La propria famiglia, infatti, prospera grazie alla sua scoperta del Pando: una pianta che, con le sue proprietà elettriche, dà energia a tutta la città. Searcher, per la comunità, è un eroe esattamente come lo è stato quell’esploratore del padre disperso dopo la loro ultima avventura.
Searcher, come abbiamo accennato, ha messo su famiglia: condivide la lavorazione dei campi con la moglie Meridien e col figlio Ethan. I tre, a causa di una malattia che sta colpendo il Pando, saranno costretti a mettersi in viaggio per poter cercare di salvare l’eredità che Searcher avrebbe voluto lasciare a Ethan. Il destino di Avalonia è, dunque, nelle loro mani, ma questo sarà un viaggio ben più profondo del semplice richiamo all’avventura.
Come stavamo dicendo, la loro avventura inizia nel più classico dei modi: la presentazione del mondo di partenza (Avalonia), il richiamo all’avventura (il Pando in pericolo) e tutte le conseguenze che questo viaggio porta con sé. Una volta iniziato il percorso, infatti, non sarà più possibile tornare indietro e il mondo di appartenenza ne sarà profondamente mutato. Il viaggio, in questo film, segue due percorsi intrinsecamente legati: da una parte abbiamo lo stravolgimento che la famiglia Clade dovrà affrontare; dall’altro, invece, vi è il destino di Avalonia in ballo. Cercando, infatti, di rintracciare la causa della perdita di energia del Pando, i nostri protagonisti si troveranno faccia a faccia con un vero e proprio scontro generazionale. Senza scendere troppo nei dettagli, per evitare troppi spoiler, Searcher si renderà conto che in fondo si stava comportando nei riguardi del figlio Ethan esattamente come stava facendo il padre con lui. Si cresce, dunque, diventando la cosa da cui si prendono più le distanze. Searcher fa fatica ad ammettere che il figlio possa essere un esploratore come lo era stato il nonno, preferirebbe vederlo al sicuro come coltivatore. I padri che, ancora una volta, manifestano le loro aspettative sui figli non concedendogli troppo margine di manovra perché l’imprevedibile li spaventa. La comunicazione sarà la chiave risolutiva del loro rapporto, ma questo mostra anche la forza narrativa di questa pellicola.
Siamo, di fatti, davanti a un film che non solo cerca di rappresentare la realtà odierna e attuale, ma fornisce anche un monito per i genitori di tutto il mondo: è necessario ascoltare i propri figli, anche se questo ci spaventa e li potrebbe mettere su un percorso incerto.
Tre generazioni che non comunicano solo attraverso il loro rapporto, ma anche attraverso il destino della loro comunità. Come, infatti, stavamo dicendo il viaggio è iniziato perché la principale fonte energetica di Avalonia è in pericolo, vi ricorda forse qualcosa? Noi, con la nostra modernità, schiavi del petrolio e dei combustibili fossili. Noi che stiamo logorando il pianeta dall’interno e lo stiamo lentamente avvelenando.
Attraverso citazioni come quelle di Indiana Jones e King Kong, infatti, possiamo apprendere la metafora ecologista che vi è alla radice di questo film. Don Hall, per costruire il suo film, è partito proprio dal cuore di ciò che voleva mettere in scena: cosa lasceremo alle future generazioni? Una domanda che prende vita attraverso la caratterizzazione di Ethan, il più giovane dei Clade, che in realtà non vuole essere né come il padre, né come il nonno, ma vuole semplicemente essere se stesso e costruire una comunità in grado di collaborare e di migliorarsi reciprocamente. Un’utopia, in fin dei conti, che ci permette di viaggiare con gli occhi aperti attraverso lo strano mondo che si ritroverà a scoprire insieme ai suoi genitori.
E sì, noi sorvoleremo su altre caratteristiche di questo personaggio perché troviamo altamente assurdo che si debba evidenziare una caratteristica piuttosto che un’altra in una pellicola che cerca di rappresentare chiunque. In Ethan prendono voce tantissimi elementi che contraddistinguono la nostra epoca. Lui potrebbe essere un ragazzino come chiunque altro e sognare semplicemente la propria indipendenza e la propria avventura. Pensate davvero che sia importante evidenziare etnia o sessualità in un ragazzino che non vuol far altro che riuscire a comunicare con i suoi familiari? Sono altre le caratteristiche che spiccano in una persona che spera in un domani più collaborativo dove non sia necessario imbracciare i fucili (come faceva il nonno) o continuare a consumare perché si è sempre fatto (come suo padre).
Ethan è la voce di una nuova generazione, un passaggio di consapevolezza che si fa sentire forte e chiaro nel suo spirito d’avventura. Quindi godiamoci questo Viaggio al centro della Terra e smettiamo di evidenziare elementi che vengono trattati con la naturalezza che meritano. Cerchiamo, piuttosto, di far tesoro dello spirito sacrificale che caratterizza i Clade, perché se forse rinunciassimo un pochino ai nostri “si è sempre fatto così” potremmo anche riuscire a costruire una società un po’ più comunicativa.
Nessun commento:
Posta un commento