Il pubblico italiano ha diffidenza nei riguardi di prodotti cinematografici realizzati da maestranze italiane che riguardino il genere. Nonostante, infatti, per anni -in passato- siamo stati tra i principali creatori di miti e diffusori di un immaginario orrifico decisamente florido; oggi, quando viene annunciato un film nostrano, si reagisce sempre con timore. Quando abbiamo smesso di saper fare buon cinema? Quanto effettivamente il pubblico ormai è sfiduciato nei riguardi di questo tipo di prodotti?
Arriva nelle sale italiane, in 300 copie, un’origin story su uno dei personaggi poco cosciuti del Bonelli Universe: Dampyr. Nato dagli albi a fumetti nel 2000, dalle penne di Mauro Boselli e Maurizio Colombo, questo personaggio dà ufficialmente il via alla Bonelli Entertainment. Dopo i primi progetti fallimentari, come quello di Dylan Dog, la casa fumettistica ha deciso di essere pienamente coinvolta con la creazione dei progetti cinematografici, creando un universo che potesse avere respiro internazionale.
Il film arrivato in sala, da Lucca Comics & Games, lo scorso 28 ottobre, ripercorre i primi due numeri riguardanti la vita di Harlan Draka e ne costruisce le basi per un mondo dal grande potenziale. La storia inizia col nostro protagonista, i cui panni sono indossati da Wade Briggs, intento a spillare soldi ai poveri abitanti dei villaggi balcani, in compagnia del suo migliore amico Yuri (Sebastian Croft). I due fingono che Harlan sia un Dampyr: un essere nato dall’unione di un vampiro e un’umana, in grado di liberarli dal male. La verità non è distante da questa bugia: Harlan è davvero la creatura appartenete al folklore locale e nel corso dell’arco narrativo dovrà scendere a patti con la scoperta della sua reale identità.
In una lotta in cui il bene e il male devono scontrarsi, però, ciò che emerge è la grande umanità dei personaggi che si trovano sulla scacchiera del campo di battaglia. Gli umani dovranno lottare contro le creature della notte che affollano da sempre gli incubi dei popolani: i vampiri scendono in campo per nutrirsi del loro sangue e Harlan è l’unico che potrà fermarli.
Come dicevamo, questo è un progetto che ha un grande respiro internazionale. Girato per lo più in Romania, luoghi nei quali sono stati ricostruiti gli ambienti necessari per poter costruire la giusta atmosfera; le maestranze dietro la macchina da presa, però, sono in gran parte italiane. La regia è di Riccardo Chemello, la sceneggiatura è stata riadattata dal fumetto da Mauro Boselli, Mauro Uzzeo, Giovanni Masi e Alberto Ostini, le musiche sono state composte da Lorenzo Tomio. Il tutto è stato pensato sul supporto di Eagle Pictures e verrà distribuito in giro per il mondo da Sony. Proprio perché è un progetto nel quale credere, perché ben realizzato. In particolare bisogna fare un plauso a Lorenzo Tomio che con le sue composizioni è riuscito a creare un’atmosfera pregna di pathos e di emotività. Si riescono quasi a respirare le temperature fredde che si sono abbattute sugli attori durante le riprese.
Ovvio è che non siamo davanti a un’opera perfetta, ma ben fatta, principalmente perché ci sono delle piccole sbavature che potrebbero essere anche corrette nel corso della lavorazione dei sequel. I combattimenti, specie quello conclusivo, sono un po’ macchinosi e lenti, ciò contribuisce ad appesantire complessivamente la narrazione. Così come anche il trucco risulta un po’ troppo marcato e se ripulito (seppur di poco) può essere più accattivante davanti la macchina da presa. I costumi riportano alla mente, non solo l’aspetto iconico degli albi, ma anche le iconografie dei vampiri più classiche sfruttando qualcosa di ben noto all’interno dell’immaginario europeo.
Folklore e sangue, dunque, si mescolano in un progetto del tutto nuovo che non ha nulla a che vedere con ciò che è stato tratto dai Bonelli in passato. Stiamo parlando di personaggi che avranno un grande respiro e una grande credibilità. Il film è un buon prodotto con begli effetti visivi e una cura non indifferente. I dialoghi funzionano e fanno comprendere il passato dei protagonisti senza dover cadere nei classici spiegoni narrativi. Al contrario, è possibile percepire la perdita, le emozioni e il futuro del tutto aperto dei nostri protagonisti.
Nessun commento:
Posta un commento