martedì 22 novembre 2022

#Mitologia: Dolore

La volta precedente abbiamo parlato della morte, di come nel nostro profondo ci viene difficile accettare il fatto che tutto prima o poi finisce, per trasformarsi in altro.
Non riusciamo ad amare fin da subito i cambiamenti, una parte di noi vorrà sempre rimanere ancorata a qualcosa che ha visto come salda e certa.
Ebbene, oggi affrontiamo un argomento che ci sta davvero a cuore: il dolore. Non pensate male, non siamo sadici, sappiamo che il dolore fa paura, è atroce e meno che mai auguriamo di soffrire alle persone. Ecco che arriva il grande ma: il dolore è necessario. Non possiamo ignorarlo, scappare da esso, perché altrimenti sarà lui a comandarci.
Tendiamo a reprimere o scappare dalla tristezza (ancora una volta, vi consigliamo la visione di Inside Out) non capendo che così facendo vivremo nel nostro inferno personale.
Dante lo spiega bene nella Divina Commedia: siamo noi a decidere come e quando procedere verso il Paradiso, verso la Salvezza.
Che non accettiamo di provare il dolore è fatto risaputo nel mondo della psicologia: a volte rimuoviamo l’emozione, altre volte la ignoriamo. In qualsiasi caso stiamo fuggendo da lei, invece che accoglierla nella nostra vita.
Siamo più o meno tutti cresciuti con il concetto cristiano della croce: non può esserci Salvezza se non accettiamo di portarla con noi in quella che è la Via Crucis affrontando il peso del dolore, dell’umiliazione, del pianto, della sofferenza. Persino Gesù ha urlato di paura al Padre di risparmiarsi tale esperienza. Abbiamo annuito tante volte a queste parole, ma come sempre tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare, e puntualmente ci siamo ritrovati in una situazione dolorosa (lutto, relazione finita, licenziamento, trasferimento non voluto…) cercando ogni modo possibile per evadere da essa: alcol, droga, televisione, serate con amici… Quante volte abbiamo deciso di svagarci, invece di liberarci concedendoci un bel pianto?
Per carità, lo svago va più che bene, siamo i primi che non rinunciano al divertimento, ma abbiamo imparato a nostre spese, con cicatrici sulla nostra pelle, cosa significa evitare il dolore e dove questa scelta può portarci.

I Nove Mondi

I norreni lo sapevano molto bene: la realtà che ci circonda non è l’unica e sola. Anche se apparentemente viviamo nello stesso luogo dei nostri vicini di casa, possiamo comunque avere due punti di vista e due esperienze di vissuto completamente diversi. Vale per i fratelli gemelli, figuriamoci per uno sconosciuto!
Siamo noi a decidere in quale mondo vivere, tutto sta nel modo in cui stiamo accettando il nostro dolore. Con Dante, infatti, vedremo che più c’è consapevolezza nell’Inferno, più ci si sta avvicinando al Purgatorio. Le prime anime non danno la colpa ad altro per ciò che hanno commesso: “Galeotto fu il libro e chi lo scrisse”, dalle parole di deresponsabilizzazione di Francesca ad anime che si vergognano per ciò che hanno commesso, ad altre ancora che sanno bene cosa hanno fatto ma sono impossibilitate a muoversi.
Tutti questi Nove Mondi sono uniti da Yggdrasill, l’Albero della Vita di cui abbiamo parlato la volta precedente.    
Anche se solitamente si parte dall’alto, noi vogliamo descriverveli partendo dall’ultimo, quello che si trova più in basso.

Il mondo più basso è quello di Hel, governato dall’omonima dea dalla pelle cadaverica e dall’aspetto raccapricciante. Qui non esiste svago, né agio di alcun tipo. Avrete sicuramente notato la somiglianza con la parola inglese hell, inferno, appunto.
È un regno gelido, oscuro, il vero e proprio mondo dei morti, dove per ogni anima colpevole esiste un’espiazione terribile e angosciante del peccato.
Ci troviamo qui quando ci vittimizziamo, quando crediamo di essere semplici zattere trasportate dalla corrente e crediamo di non avere nessun merito né onere nei confronti di noi stessi e degli altri. “Non è colpa mia se ho fatto questo, è perché lui/lei ha fatto quest’altro…”, “Sono sempre io a soffrire”, “Mi prendo tutti i mali del mondo”, e via dicendo.

Poi troviamo il Mùspellsheimr, “terra delle fiamme” abitata dai Giganti di fuoco, i Mùspellsmegir. Qui siamo sotto la più totale legge dell’impulsività, non a caso nell’astrologia i tre segni di fuoco (Ariete, Leone e Sagittario) sono tra i più passionali dello Zodiaco.
Il fuoco è un richiamo al nostro Inferno, ma c’è una grande differenza con il mondo precedente: si agisce. Anche se con pulsioni del tutto animalesche e primitive, anche la mitologia norrena ci ricorda che fare qualcosa è sempre meglio di rimanere inetti nell’autocommiserazione.

Il regno successivo è il Niflheimr, opposto a quello precedente e il primo della parte infernale, per dirla all’occidentale.
Qui vivono i Giganti di ghiaccio, chiamati Hrìmþursar, tutti discendenti del primo: Ymir. Lui esiste fin dall’alba dei tempi e poteva essere saggio quanto malvagio, tratti che hanno ereditato tutti gli Hrìmþursar.
Non a caso, infatti, l’acqua (Cancro, Scorpione e Pesci nell’astrologia) è associata al nostro inconscio, luogo dove prendono vita le nostre azioni. Tutto parte da qui, come vi abbiamo già parlato descrivendovi il lavoro delle Norne sotto le radici dell’Albero della Vita.
Ciò che facciamo, quindi, può essere spinto da estrema saggezza, quanto dall’estrema malvagità.
Siamo a un punto in cui tutto spetta a noi, possiamo decidere in che modo e per quali ragioni agire.

Saliamo e troviamo il Vanaheimr: il regno dei Vani, una delle due stirpi della mitologia norrena. I Vani, inizialmente nemici degli Asi – l’altra stirpe, la più famosa se volete passarci il termine – si sono poi alleati a loro per affrontare in guerra gli Jötnar, chiamati anche più comunemente Troll, anch’essi dei giganti, dotati di forza sovraumana.
Ciò che affascina di questa guerra è che alcuni degli Asi discendono dagli Jötnar. Odino, infatti, ha come padre l’Asi Borr, ma come madre la gigantessa Bestla.
Forse è proprio qui che cominciamo a capire che per quanto siamo dotati di una natura umana e spesso brutale, abbiamo comunque in noi anche una parte divina, più pura – passateci anche questo termine – che nulla ha a che vedere con impulsi incontrollati. Siamo comunque ancora sotto le nostre forze primitive, perché preferiamo fare la guerra, sempre e per sempre, come se le due parti di noi non potessero convivere.

Salendo troviamo il Jǫtunheimr, la terra dei Giganti di roccia e ghiaccio. Possiamo associarli un po’ ai nostri orchi, perché il loro compito è quello di minacciare gli umani. In effetti molto di questo mondo ricorda le regioni della Norvegia e della Scandinavia, come se questi giganti vivessero sul serio nelle catene montuose Jötunheimen.
Comportati bene, o viene l’Orco cattivo”, insomma, abbiamo sentito anche noi qualcosa del genere. Ed è qui che cominciamo – erroneamente – a reprimere ogni sentimento di dolore e/o dispiacere. I bambini non possono fare i capricci, soprattutto in pubblico perché “sta male”, “è maleducazione”. Soffochiamo i loro pianti con minacce e rimproveri, solo per poter fare bella figura agli occhi degli altri. Chi è il vero orco in questo contesto?

Abbiamo superato la metà strada, e ci troviamo nel Mannheimr (che può essere tradotto anche come “Terra di Mezzo”). Questa è la terra degli uomini, collegata sia alla dimora degli Dei che troveremo nel Primo Regno (ricordiamo che noi siamo partiti dal basso), sia a Jǫtunheimr. Al primo si può accedere attraversando il ponte arcobaleno Bifrǫst, posto su un oceano d’acqua che sembra impenetrabile (si ritorna al discorso inconscio), all’altro si accede superando un muro, o un recinto, a seconda delle traduzioni. Inutile chiedervi quale dei due mondi sembra più alla nostra portata.
Ebbene, tendiamo a prendere la via facile, quindi a cadere nella trappola dei mondi più bassi perché richiedono meno sforzo per accedervi. Solo i più temerari, i più coraggiosi riescono a procedere in quello che è il Paradiso.

Salendo ci troviamo nel Nidavellir, o Svartàlfaheimr, dove vivono i Nani e gli Elfi Oscuri.
I primi erano in origine i vermi nella carne morta di Ymir. Odino, assieme ai suoi fratelli Vili e diede loro l’aspetto antropomorfo e l’intelligenza. Diventano così degli esperti minatori, fabbri e forgiatori, lavorando per gli Dei stessi; sono opere loro: la lancia Gungnir e l’anello d’oro Draupnir appartenenti a Odino, il martello Mjöllnir di Thor, il collare Brisingamen di Freya… Il loro carattere, però, non è dei migliori: sono egoisti, avidi e astuti, proprio come gli Elfi Oscuri.
Se i Nani, però, amano vivere nascosti nelle rocce e nel fango, gli Elfi Oscuri amano andare anche nel mondo umano, rimanendo invisibili. Fanno dispetti, sono aggressivi e si mostrano solo per i propri scopi ingannevoli. Insomma, di loro non ci si può fidare e lo ritroviamo negli esempi dei racconti di Susanna Clarke.
Rappresentano i mezzi che noi stessi abbiamo grazie al divino, i nostri talenti, anche, solo che qui li utilizziamo ancora in modo errato.

Ad Álfheimr vivono gli Elfi Chiari, o Elfi della Luce chiamati anche Liósalfar. Come si può intuire, a differenza con quelli Oscuri, questi tipi di Elfi sono più simili alle nostre idee di Folletti o Fate.     
Sono dotati degli stessi poteri di quelli Oscuri, ma che utilizzano nel modo migliori, aiutando gli esseri umani sia con i loro problemi quotidiani (ricorderete la favola del vecchio calzolazio, o i più comuni aiutanti di Babbo Natale) sia a metterli in contatto con gli Dei.
Siamo ancora negli strumenti che abbiamo a disposizione, solo che questa volta sappiamo adoperarli nel modo più consono.

L’ultimo regno è quello di Ásaheimr, dove è situata Ásgaror, città-dimora degli Asi con a capo Odino. Qui vivono altri Dei principali, come: Thor, Ullr, Freya, Frigg, Baldr
Ricorda il monte Olimpo della mitologia greca, e facciamo bene attenzione: in entrambe le tradizioni gli Dei non sono totalmente buoni e giusti, anzi, hanno sentimenti di rabbia, vendetta, si fanno la guerra… perché, allora, sembrano vivere in quello che è il nostro Paradiso? La parola è sempre la stessa: consapevolezza.
Ora, per quanto in tempi moderni la vendetta e la guerra non hanno più alcuna giustificazione, dobbiamo sempre ricordarci che si tratta di miti di millenni fa, dove certi atti venivano più che perdonati.

Secondo la tradizione nordica, insomma, siamo noi a decidere in quale di questi mondi vivere, con quali emozioni bagniamo il nostro albero e di conseguenza quali creature misteriose incontreremo nel corso della vita.
Sempre secondo la tradizione, possiamo cambiare le nostre realtà ogni volta che vogliamo, ma ci sono delle date che più aiutano nel passaggio, come le notti di: Samhain (31 ottobre), Yule (21 dicembre), Imbolc (1° febbraio) Beltane (31 maggio) e Litha (21 giugno o la notte di San Giovanni, il 24).

Il fatto divertente di tutto ciò è che pensando di evitare gli Orchi, i Giganti, gli Elfi Oscuri ci ritroviamo a vivere proprio in mezzo a loro!

1 commento:

  1. Adoro le citazioni di Dante! Ottimo anche il collegamento con l'Yggdrasill.

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