I biopic, insieme ai cinecomics, stanno governando la cinematografia americana, ma attenzione a far di tutta l'erba un unico fascio. Netflix ci propone, all’interno del suo palinsesto, il film: Blonde, presentato in Concorso a Venzia79 segnando una massiccia presenza della piattaforma di streaming. I festival, in tal senso, si stanno sempre più aprendo a pellicole che non per forza raggiungeranno la sala, ma che sono per lo più destinate alla fruizione da casa. Questa narrazione su Marilyn Monroe, diretta da Andrew Dominik, è tratta dall’omonimo romanzo di Joyce Carol Oates pubblicato nel 1999.
Le vicende seguono la vita di Norma Jeane distinguendola dalla diva Marilyn fino a confonderne del tutto i tratti. La storia si apre mostrandoci la drammaticità dell’infanzia della giovane, soffermandosi sul rapporto abusivo della madre; per poi aprirsi alla via del successo hollywoodiano. Il suo biondo è iconico, tutti conoscono e si sono appropriati di un pezzetto della vita della seducente Marilyn, del resto è stato uno dei personaggi più discussi dal pubblico per tutto il corso della sua carriera. Qui saggiamo la durezza dei compromessi che Norma ha deciso di intraprendere per poter riuscire nella notorietà.
Il dolore, il dramma, la fanno da padrone. Del resto è come se Andrew Dominik avesse voluto mettere a nudo lo sguardo del pubblico, ancor di più di quanto non abbia fatto mettendo in scena il privato e il pubblico della Monroe. Non è un documentario, la finzione si mescola sapientemente alla realtà dei fatti riuscendo a restituire visivamente gli istanti noti al pubblico. Sulla scena è come se venissero messi in movimento gli scatti fotografici che hanno reso immortale pubblicamente la donna. Fotografie che sono facilmente riconoscibili e che diventano attimi di vita della stessa Norma.
La vita di Norma e quelle di Marilyn vengono separate nella narrazione attraverso l’uso del colore e della macchina da presa. Il bianco e nero si alterna ai momenti “filmici” e alla vita sotto i riflettori. Così come lo sguardo dello spettatore diviene via via più soffocante intorno alla quotidianità di Norma. La ripresa si stringe, l’inquadratura arriva all’1:1 nel momento in cui tutto termina. Questa stringente morsa è la stessa morbosità che gli uomini hanno versato sul suo corpo. Una presa stringente, una morsa asfissiante che ha lasciato all’amore più puro ben poco spazio. È bellissimo l’uso che è stato fatto della fotografia dell’intera pellicola perché essa comunica con chi sta fruendo del film.
I primi passi del successo, per esempio, sono connotati dal genuino amore che Norma provava per i suoi due amanti. Storia che non è mai stata menzionata precedentemente, nei documentari, e che possiamo desumere essere un costrutto narrativo che dal libro è arrivato allo schermo. Loro non l’hanno mai confusa col suo personaggio, l’hanno lasciata libera. Blonde ha davvero la capacità di dire molto sull’emotività di una donna tanto discussa, perché ne mette a nudo le fragilità esattamente come i suoi punti di forza.
Avremmo preferito che si evitassero le scene in cui viene mostrato il feto e alcuni raccordi non sono del tutto convincenti. Alcune sovrapposizioni di scene risultano un po’ frastornanti e fin troppo “finti”, ma per il resto regna una tale delicatezza nel trattare il tema che non si può sentire sulla propria pelle tutto il dramma.
Come stavamo dicendo, però, traspare tutta la morbosità. Per tale ragione sembra che molto spesso sia basato sul "pettegolezzo". Questo è un film dannatamente voyeurista e fa dello sguardo la sua forza. Abbiamo sottolineato l’importanza della fotografia, così come quella dell’immagine, ma va evidenziato come lo “sguardo” si accucci nel momento in cui la vita i Marilyn Monroe è giunta al termine. Non c’è più niente da guardare, non c’è più respiro e lo si sente sulla pelle semplicemente guardando lo schermo. Il disgusto arriva alla bocca dello stomaco perché è connotato dal dramma e non dall’orrore.
Ana de Armas è meravigliosa in questo ruolo. Riesce a tenere dei colori vocali decisamente affini a quelli reali della Monroe. Le sue espressioni rimandano all’innocenza che connotava Marilyn e lei riesce a restituire tutta l’aria da Diva che si celava dietro quel volto. La dolcezza, la malizia, la seduzione, tutti portati in scena da una splendida delicata interpretazione. Lei è la Diva e sul carpet di Venezia lo ha anche abbondantemente dimostrato.
Questo film permette un drammatico approfondimento di un’icona. Una storia che si muove tra successo e dolore, tra realtà ed esasperazione.
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