Lo sapete e ormai non lo neghiamo più: per i Beatles puntiamo alla psicopatia. La Beatlemania, qui, sicuramente non è mai finita. Tra gadget, aneddoti e temi astrali dei quattro che abbiamo imparato a memoria - letteralmente -, possiamo dire che li conosciamo molto bene. Al terzo articolo su Get Back, il docufilm che potete trovare su Disney+, togliamo la maschera del: “Facciamo finta di non esserne così tanto ossessionate”. Maschera che comunque non abbiamo mai tenuto in Radio, quindi se siete fan dei Beatles, vi consigliamo anche di ascoltarci su RadioSapienza e di recuperare le puntate di Apollo Station.
Perché questa intro? Perché noi non abbiamo veramente parole per la terza parte di Get Back. Se le prime due potevamo anche affrontarle da un punto di vista oggettivo, non abbiamo ancora assimilato concretamente gli ultimi centotrentanove minuti e non sappiamo come parlarne.
Perché questa intro? Perché noi non abbiamo veramente parole per la terza parte di Get Back. Se le prime due potevamo anche affrontarle da un punto di vista oggettivo, non abbiamo ancora assimilato concretamente gli ultimi centotrentanove minuti e non sappiamo come parlarne.
Andiamo con calma: ci sarebbe molto da dire, ed effettivamente c’è molto da dire. Ma quello che ci blocca è l’onore di aver assistito alla Storia. Il concerto sul tetto, non è solo l’ultima esibizione live del gruppo, ma è ormai diventato importante dal punto di vista della cultura di massa.
Solo per farvi un esempio: nel 1993, a distanza di ventiquattro anni da quel 30 gennaio 1969, i Simpson hanno omaggiato i Beatles con la puntata: “Il quartetto vocale di Homer”, dove Homer, Apu, Barney e il preside Skinner hanno suonato sopra il tetto del bar di Boe. A fine concerto, Homer ripete la frase di John Lennon: “Speriamo di aver passato l’audizione”, e sentendo quella frase, George Harrison versione Simpson, (doppiato da se stesso) che passa lì sotto con la macchina, risponde con uno stizzito ma ironico: “It's been done”, trad: “è stato già fatto”. Inutile spiegarvi l’importanza dei Simpson nella società, soprattutto ad anni Novanta.
Essere stati dietro le quinte di quel 30 gennaio è un privilegio a cui ancora adesso, nonostante la quarta visione, siamo immensamente grate. Non prendeteci per ingenue, sappiamo benissimo che l’abilità del montaggio è stata anche quella di non far vedere per intero i problemi di comunicazione dei quattro, le liti, le discussioni, ma col senno di poi, quanto conta realmente?
Dei Beatles è stato detto tutto, e forse anche più di tutto. Dei caratteri di John, Paul, George e Ringo ne parliamo da sessant’anni, del cambiamento avvenuto con l’entrata di Yoko Ono potremmo tutti fare delle Tesi universitarie, così come possiamo tranquillamente notare il mutamento da prima e dopo l’album “Rubber Soul” o prima e dopo Brian Epstein. Quanto sarebbe servito, quindi, se avessimo visto con i nostri occhi tutto ciò?
Quello che ci ha emozionate, infatti, è stata proprio la complicità dei quattro, l’amicizia che -non a caso- ha resistito nel tempo e alla morte di John e George. Per quante discussioni potevano esserci, e per quanto il gruppo si sia inevitabilmente sciolto, i quattro sono rimasti amici anche dopo. Persino John e Paul, che per anni sono sembrati nemici, sono rimasti amici. Tanto che in un’intervista per l’uscita dell’album “Imagine” (1971) John stesso, nonostante i rapporti conflittuali, ha definito Paul come il suo “migliore amico”. In caso non lo sapeste, l’album contiene anche una canzone esplicitamente dedicata a Paul: “How do you sleep?”, non proprio dai toni calmi. Alla canzone ha collaborato anche George. A livello lavorativo non andavano più, le loro strade si stavano dividendo sempre più per sfociare in quelle che poi sono diventate le loro quattro carriere soliste, eppure è stata la loro amicizia a rendere iconico il concerto, incerto fino all’ultimo. È stato per l’amore che provavano se abbiamo album come “Let it be” e “Abbey Road”.
Tra i commenti in giro vediamo frasi come: “Non fidatevi del montaggio di Get Back, i quattro litigavano sempre”, e non possiamo fare altro che chiederci: “È vero, ma da quando i litigi sono sinonimi di odio?”. Quanto discutete con i vostri migliori amici? E quanti di voi lavorano con i propri migliori amici? Non vogliamo di certo paragonarci ai Beatles, ma noi quattro siamo prima amiche e poi colleghe. 4Muses Blog è nato nel 2020 dopo anni in cui noi eravamo amiche (Frè e Manu si sono conosciute nel 2013, Aida è arrivata nel 2014 e Silvia nel 2018) e vi assicuriamo che non è semplice scindere amicizia e lavoro. Che le discussioni (anche gravi) sono quotidiane, ma che non per questo mettono fine all’amicizia.
Tra i commenti in giro vediamo frasi come: “Non fidatevi del montaggio di Get Back, i quattro litigavano sempre”, e non possiamo fare altro che chiederci: “È vero, ma da quando i litigi sono sinonimi di odio?”. Quanto discutete con i vostri migliori amici? E quanti di voi lavorano con i propri migliori amici? Non vogliamo di certo paragonarci ai Beatles, ma noi quattro siamo prima amiche e poi colleghe. 4Muses Blog è nato nel 2020 dopo anni in cui noi eravamo amiche (Frè e Manu si sono conosciute nel 2013, Aida è arrivata nel 2014 e Silvia nel 2018) e vi assicuriamo che non è semplice scindere amicizia e lavoro. Che le discussioni (anche gravi) sono quotidiane, ma che non per questo mettono fine all’amicizia.
Get Back sicuramente non ha mostrato il brutto, ma del brutto è stato parlato per decenni. Ciò che ci viene regalato è il potere dell’amore e del nonostante tutto. Per questi due motivi George è tornato sui suoi passi, Paul ha cercato di tenere unito il gruppo anche se odiava il ruolo di capo, John ha cominciato a esprimere ciò che non andava e Ringo ha optato per la riservatezza in pubblico, ma l’esserci sempre in privato. Siamo cresciuti con la convinzione che: “I Beatles a fine anni Sessanta non si sopportavano più, quindi si sono sciolti”, ma la parte finale del docu-film ci dice: “Erano pronti per il cammino da solista, ma sono sempre stati amici, fino all’ultimo.” Se avete dubbi sull’amicizia tra John e Paul, ascoltatevi “Here Today” canzone scritta da Paul McCartney dopo la morte di John Lennon.
Forse, semplicemente, ai Beatles, dei Beatles importava il giusto, ma ai quattro, di loro quattro, importava tutto. Ecco perché nel corso degli anni Settanta hanno collaborato ai rispettivi album da solisti, - George, per esempio è chitarrista in “Imagine” e tutti hanno collaborato all’album “Ringo’s Rotogravure” del 1976 di Ringo, ma sono solo due dei tantissimi esempi - ed ecco perché nonostante queste collaborazioni ed eventi pubblici o privati dove si ritrovavano felicemente insieme, hanno sempre rifiutato di tornare a essere i Beatles, fino a quando, costretti da problemi finanziari, George, Ringo e Paul hanno dato il via al progetto Anthology a metà anni Novanta.
Possiamo dire ciò che vogliamo, insomma, ma se non vi sono bastate le interviste che i tre hanno fatto dagli anni Ottanta in poi sul loro periodo dei Beatles, o tutte le canzoni che si sono dedicati a vicenda, la terza parte di Get Back vi toglie qualsiasi dubbio a riguardo. Ovviamente, solo se siete intenzionati al volere cambiare idea.
Possiamo dire ciò che vogliamo, insomma, ma se non vi sono bastate le interviste che i tre hanno fatto dagli anni Ottanta in poi sul loro periodo dei Beatles, o tutte le canzoni che si sono dedicati a vicenda, la terza parte di Get Back vi toglie qualsiasi dubbio a riguardo. Ovviamente, solo se siete intenzionati al volere cambiare idea.
Se scriviamo ciò è perché noi per prime pensavamo che tra i quattro la rottura fosse più che netta. Get Back, invece, ci ha fatto notare quanto si volessero bene, quanto si ascoltassero, quanto curassero le proprie ferite emotive. Siamo davvero sicuri che ci sia stato il rancore o l’astio che per anni la storia della musica ha raccontato?
Ovviamente fateci sapere cosa ne pensate, dopotutto amiamo parlare di Beatles!
Ovviamente fateci sapere cosa ne pensate, dopotutto amiamo parlare di Beatles!
I ragazzi si conoscevano da metà-fine anni 50, sono cresciuti insieme come uomini e come band. Uno dei tanti aspetti riguardanti i Beatles che è pazzesco per me è che quando hanno messo un termine alla loro collaborazione, dopo aver segnato per sempre la storia della musica popolare (e anche la Storia del ventesimo secolo), nessuno di loro aveva ancora 30 anni. Roba da matti veramente se ci si pensa, cioè, stravolgi la storia della musica, del costume, della cultura in meno di un decennio, a una media di più di un album/capolavoro per anno, dopodiché saluti tutti quanti e vai a festeggiare i tuoi trenta anni, magari fermandoti un attimo per riflettere cosa vuoi fare il resto della tua vita. Alcune band o solisti non hanno ancora pubblicato la loro opera prima all'età in cui questi quattro avevano già stravolto le regole del gioco. Alcune band non sanno neanche quando fermarsi e salutare, così vanno avanti scimmiotando se stessi sul palcoscenico per decenni. Nella lora crescita artistica e personale, i Beatles non erano più quattro ragazzi che si divertivano a suonare insieme e sognavano di arrivare al toppermost of the poppermost. D'altronde vi sono arrivati e come, sono pure andati oltre, facendo da apripista di continenti ancora inesplorati. Ma dopo? I soldi, la fama, la venerazione, lo stardom non contano più come una volta. Iniziatosi come entertainers, sono diventati artisti. Nel fratempo si sono ovviamente evoluti anche personalmente. Si cresce, si matura. John si era trovato un alleato necessario che passava ormai prima di Paul. George, da sempre il reluctant Beatle, non se ne poteva infischiare ormai di più del primato raggiunto dai Beatles nel material world, a Ringo sembrava andare bene tutto, e l'unico che sognava e credeva ancora nei Beatles e la loro leggenda era Paul. Per me, Paul IS the man, il Beatle quintessenziale, la roccia nell'oceano. Dopo una fase adolescenziale nella quale sono cascata come tanti nel mito creato attorno la figura di Lennon il genio, il leader, ho capito crescendo anche io che il factotum workaholic, il vero leader, il vero e fotuto genio della più grande band di tutti i tempi non è altro che Paul, senza nulla togliere agli altri tre, poiché insieme, si sa, creavano la magia, la poesia dei Fab Four. Di Michael Lindsay-Hogg è molto consigliabile il film Two of Us se non lo avete visto. Scusate i miei errori, l'italiano non è la mia lingua. Buona giornata, ragazze. Andate avanti con lo splendido lavoro. Baci da Meritxell.
RispondiEliminaGrazie mille per il tuo commento! E non preoccuparti per l'italiano, anzi, complimenti! Non è la tua lingua, eppure hai scritto in modo impeccabile!
RispondiEliminaSono/Siamo d'accordissimo con te, su tutta la linea. Anche io rimango basita, così come le altre, quando pensiamo al fatto che neanche a trent'anni, loro hanno rivoluzionato la musica e in meno di dieci anni hanno fatto ciò che altri gruppi a pari livelli fanno in una vita intera.
Paul, John, George e Ringo sono quattro persone con quattro caratteri totalmente diversi. Penso che Paul e John si siano sempre divisi il ruolo di leader, ma quando il secondo ha cominciato -purtroppo- con le droghe pesanti, ha dovuto cedere per forza di cose il ruolo a Paul. Con Yoko, poi, l'allontanamento è stato inevitabile, ma, come hai detto tu, è meglio abbiano finito all'apice invece di fare sempre le stesse cose.
Grazie mille per i complimenti, sul blog abbiamo l'etichetta Beatles, dove parliamo di tutti gli album e della loro storia! Anche su altri articoli li citiamo spesso! Così come ne parliamo sempre in Radio, quindi se ti va, puoi seguirci sui nostri social!! Su Instagram, Facebook e Twitter ci trovi come 4Muses_blog!