“We lived together when we played together. We were in the same hotel, up at the same time every morning, all day. As long as you’re this close all day, so something grows. And then when you’re not this close, just physically, something goes. Actually, musically, we can play better than we’ve ever been able to play. You know, we’re all right on that. It’s just that being together thing. It’s difficult starting right from scratch with Yoko there.”
(“Vivevamo insieme quando suonavamo insieme. Stavamo nello stesso hotel, ci alzavamo allo stesso orario, ogni giorno. Alla lunga, quando sei così vicino per tutto il giorno, qualcosa cresce. E quando non sei più così vicino, anche solo fisicamente, qualcosa va via. In realtà, musicalmente, possiamo suonare meglio di come abbiamo mai fatto. Su questo punto non c’è problema. È solo la cosa dello stare insieme. È difficile ricominciare dall’inizio con Yoko presente”)
Per chi era abituato a passare intere giornate insieme, sia per comporre, che per registrare, vedersi solo negli studi, è dura. E Paul non usa mezzi termini, soprattutto andando avanti nel discorso: già a gennaio del 1969 sa che il gruppo si scioglierà a causa di Yoko Ono. Si lascia intendere, infatti, che sia stata proprio la sua presenza costante a creare divisioni, soprattutto per George, che nel bel mezzo della discussione, lascia casa di Ringo, non intenzionato a tornare. Sembra che anche John non voglia venire, ma quando riescono a rintracciarlo telefonicamente, lui chiede di parlare con Paul. Dopo qualche minuto quest’ultimo torna, del tutto sorridente, confermando il fatto che John sarebbe arrivato.
John e Paul chiedono un po’ di tempo per parlare privatamente. Vanno alla caffetteria degli studi, senza sapere che la troupe ha messo un microfono nascosto al loro tavolo. Di questi tempi sarebbe volata una denuncia per violazione dalla privacy, ma ringraziamo veramente tanto il passato per non essere stato così fiscale; ciò che ci viene donato, infatti, è una conversazione intima tra John Lennon e Paul McCartney, dove parlano della ferita emotiva di George Harrison, di come loro - nonostante l’enorme lavoro fatto sui loro ego che li ha portati a essere più aperti e comprensivi - non siano ancora capaci di curare. Siamo commosse mentre scriviamo questa parte, perché nonostante tutto, abbiamo la conferma di quanto i quattro tenessero l’uno all’altro, ma su questo torneremo a fine articolo, parlando di Let it be.
Riprendono le prove, almeno quel poco che possono fare senza un componente del gruppo, e per questo rimandano lo spettacolo al 26 e 27 gennaio. Decidono di tentare ancora una volta con George, ma scoprono che è andato a Liverpool, per tornare due giorni dopo.
La seconda parte si conclude con le prove per “Let It Be”, di cui vogliamo assolutamente parlare. Come già accennato all’inizio, il gruppo si stava allontanando, e nel 1969, Paul era quello che più di tutti cercava di tenerlo unito. Come già detto nella nostra trasmissione radiofonica, ApolloStation (in onda su RadioSapienza tutti i lunedì dalle 15:00 alle 16:30) noi non crediamo alla frase: “Per te è facile”, perché sappiamo bene che per nessuno è facile, soprattutto se si tratta di fare arte.
Se non conoscete la storia della nascita di “Let It Be”, ve la spieghiamo brevemente: in sogno Paul incontra sua madre, morta da più di dieci anni, che gli dice di lasciare andare le cose, non c’è bisogno di sprecare le energie per rendere evitabile l’inevitabile. La canzone è quindi un invito a staccarsi da ogni certezza, e pensate sia facile? Se vi dicessimo: “Mollate ogni vostra certezza”, per voi sarebbe facile? Certo che no, e vi assicuriamo che non lo è stato neanche per noi, che abbiamo mollato e continuiamo a mollare qualsiasi legame ci dia una parvenza di sicurezza. Meno che mai è stato facile per Paul e negli otto minuti finali della seconda parte c’è tutta la sua sofferenza, la sua frustrazione, per un pezzo che lo mette a nudo davanti al suo specchio interiore.
Sapete che succede quando si affrontano i propri demoni? Quando ci ritroviamo faccia a faccia con le nostre paure più grandi? Improvvisamente si trasformano, diventando i nostri più grandi alleati. Non a caso, infatti, l’album “Let It Be” esce l’8 maggio 1970, un mese dopo quel 10 aprile 1970, data ufficiale dello scioglimento del gruppo. Non a caso, poi, il primo a mettere nero su bianco l’intenzione di mollare tutto, è proprio Paul McCartney.
Non sappiamo se è stato merito del montaggio, o se effettivamente qualcosa è rimasto ancora nascosto, fatto sta che fino alla seconda parte non abbiamo trovato il gruppo così spaccato al suo interno, sebbene, invece, la morte di Epstein li abbia resi tutti e quattro visibilmente più cupi e spaesati. Probabilmente, però, Get Back riprende la quiete prima della tempesta, visto che i veri e propri problemi iniziano un mese dopo, dal febbraio 1969. Ma di questo parleremo sicuramente in altri articoli dedicati ai Beatles.
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