Ci fidiamo davvero di chi abbiamo accanto? E sì, sappiamo che il più delle volte a malapena ci fidiamo di noi stessi, figuriamoci degli altri. Su questa domanda “gioca”, si fa per dire, un film approdato da poco su Netflix e che, anche se uscito tanti anni fa, abbiamo avuto il piacere di rivedere. Stiamo parlando di “Perfetti Sconosciuti”, il film di Paolo Genovese uscito nel 2016.
La storia racconta la cena tra quattro coppie di amici che decidono di fare un gioco che sin da subito appare come una roulette russa: mettere tutti i cellulare al centro e, al primo squillo o messaggio, rispondere davanti a tutti e, in caso di chiamata, col vivavoce. Anche se un po’ titubanti, la domanda che “sfida” tutti è una sola: “Perché, hai qualcosa da nascondere?” Uno a uno, i perfetti idilli famigliari cominciano a sgretolarsi, rivelando incomprensioni, tradimenti e segreti perpetrati a lungo nel tempo. Che ne sarà degli equilibri che erano, all’apparenza, tanto perfetti?
Quattro coppie di amici: Rocco (Marco Giallini) e Eva (Kasia Smutniak), Lele (Valerio Mastrandrea) e Carlotta (Anna Foglietta), Bianca (Alba Rohrwacher) e Cosimo (Edoardo Leo), Peppe (Giuseppe Battiston), l’unico che non porta con sé la compagna. Non solo si scopre che la metà dei personaggi ha l’amante, Cosimo ne ha addirittura più di una. Lui, da poco sposato con Bianca, la tradisce con Eva ed entrambe le tradisce con Marika, che a sua volta si scopre essere incinta. Lele ha una ragazza giovane che gli manda foto osè, mentre Carlotta chatta con uno sconosciuto in un gioco di sexting a suo dire innocente. Rocco, malgrado sua moglie sia terapista, va in analisi da un’altra persona. Eva, nonostante il marito sia chirurgo plastico, sceglie di farsi rifare il seno da un altro professionista. Peppe, invece, si scopre essere omosessuale, ma per mascherare il tradimento nei confronti di Carlotta, è Lele che si spaccia per tale, scambiando i telefonini dello stesso modello. Le reazioni dei suoi amici non sono delle migliori e quello che la prende peggio è Cosimo, suo migliore amico. Insulti, battutine, rabbia e tanto riserbo dimostrano la difficoltà di aprirsi di Peppe stesso.
Tra lacrime e insulti, tutte le relazioni sembrano sfracellarsi al suolo al suono di un telefonino. E alla fine è Peppe che ha la battuta finale: l’omosessuale è lui, ma quelli che hanno dimostrato la loro pochezza, quelli che in un certo senso hanno fatto outing, sono tutti loro.
“Perché siamo frangibili. Tutti. Chi più, chi meno. Hai ragione tu, questa è diventata la nostra scatola nera. Dentro ci abbiamo messo tutto, forse troppo. Ed è sbagliato giocarci.”
Questa è una delle battute finali di Rocco. In un certo senso è vero, i nostri smartphone hanno praticamente la nostra vita al loro interno. Contengono le nostre paure, insicurezze, i nostri limiti e il nostro non detto. I nostri giochi all’apparenza innocenti, i tradimenti, le bugie e i segreti sono conservati nel palmo di una mano. E se questi venissero a galla? Sarebbe il caos. Quelli che si dimostrano più “rabbiosi” dei tradimenti altrui, sono gli stessi che tradiscono per primi, come Cosimo, che inveisce rabbiosamente contro Bianca quando scopre che lei è rimasta amica del suo ex fidanzato. Certo, il film forse è un po’ forzato dal punto di vista delle tempistiche: possibile che tutti gli amanti dei personaggi si facciano vivi la stessa sera? Un po’ surreale, ma non impossibile, direte voi. Ma se l’orefice vi chiama di sera per chiedervi come sono andati l’anello e gli orecchini che hai comprato per tua moglie, quando la stessa non ha i buchi alle orecchie, è un po’ forzato come “sgamo” - diremmo a Roma.
Tra le macerie di tutte le relazioni segnate dal silenzio, spicca il nostro rapporto con la tecnologia. Se basta un telefonino per mandare in frantumi la nostra esistenza, è perché forse abbiamo dato troppo di noi a un oggetto inanimato che, a suon di squilli, scandisce la nostra vita e quanto questa possa scorrere tranquillamente.
Il cambio di prospettiva finale, con tutti i personaggi che non giocano alla roulette russa dei telefonini, pone allo spettatore due domande fondamentali: quanto ci fidiamo di chi abbiamo accanto e quanto siamo davvero intenzionati a conoscere la verità? La realtà dei fatti è che siamo tutti dei perfetti sconosciuti.
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