Per quanto le canzoni contemporanee considerate comunemente "commerciali" ci piacciano, ci facciano cantare, piangere e ridere, e per quanto facciano parte delle playlist che ascoltiamo quotidianamente, non è facile che ci facciano anche venir voglia di dedicargli un articolo qui su 4Muses.
Non perché la "musica commerciale" sia priva di significato o valore (come in molti tendono a pensare), ma perché solitamente per quanto emozionante, un brano non ci fa venir voglia di scrivere una pagina (e mezzo, a volte) di articolo.
Uscita come singolo nel 2020, la canzone di Joey in collaborazione con Achille Lauro è, in pochissime parole, una coltellata nel petto.
E non migliora, eh, fidatevi; solitamente dopo un paio di volte che ascoltiamo una canzone tendiamo ad annoiarci e passare oltre, ma con "Dovrai" non è stato affatto così, e alla fine siamo finite per ascoltarla ventotto volte in un giorno.
Ventotto, e non l'abbiamo solo sentita, ma proprio ascoltata (siamo tutti d'accordo che "sentire" e "ascoltare" sono due cose diverse, no?).
Vorremmo mettere qualche spezzone della canzone per argomentare, ma ci abbiamo visto troppe cose dentro, e forse crediamo sia meglio parlarne in modo generale.
In questo brano c'è tutto quel che ci tocca personalmente e che tocca personalmente milioni e milioni di altre persone: tutte cose apparentemente diverse, eppure collegatissime tra loro.
Sapete, il rapporto con le nostre dipendenze affettive e materiali che ci portano a scappare da una realtà che non vogliamo vivere, la consapevolezza che per vivere veramente dobbiamo abbandonarle e la voglia stessa di abbandonarle, ma allo stesso tempo il panico e il magone al solo pensiero di doverlo fare, il costante bisogno di dover portare una maschera con tutti, ma anche il sentirsi sempre in obbligo di fare di meglio, dare di più e essere di più, perché alla fine che lo si voglia ammettere o no anche l'idea dell'immagine che si vuole dare agli altri e l'idea che noi dobbiamo avere della nostra persona è una dipendenza. Noi stessi diventiamo la nostra dipendenza a un certo punto.
Una persona che conosciamo e che ammiriamo moltissimo ci ripete spesso di non aver conosciuto un singolo ateo in tutta la sua vita, e credeteci quando vi diciamo che abbiamo storto il naso numerose volte di fronte a questa affermazione, però alla fine ci siamo rese conto che ha ragione. Ha ragione eccome.
Seguite un attimo il nostro discorso, poi potrete dissentire o concordare con noi, potrete mandarci a quel paese e smettere di leggere l'articolo o pensarci su e provare a vedere il nostro punto di vista: se per definizione di dizionario per "dipendenza" si intende letteralmente "impossibilità di determinare da soli le condizioni della propria esistenza, anche in senso psicologico. Es. d. dai genitori" e "condizione di incoercibile bisogno di farmaci, alcol, stupefacenti, ecc. Es. d. dalla droga" e sempre stando ai dizionari è sinonimo di subordinazione, soggezione e sottomissione ma anche di venerare, riverire, adorare, onorare, idolatrare e omaggiare, e se "idolatrare", sempre per definizione di dizionario, significa "venerare un idolo" e "attribuire a una persona o a una cosa un culto e un'adorazione quasi divini", voi siete proprio sicuri di non avere un dio? Voi, con quella persona, quella abitudine, quel modo di pensare o di essere, con quell'oggetto che tenete tanto stretti da farvi molto spesso del male? Voi che inseguite quell'ideale di relazione, di carriera o di vita in modo così disperato da annullare tutto il resto compresi, molto spesso, voi stessi? Sicuri?
Ma prima la vogliamo smettere di chiedere la vita a qualcosa o a qualcuno che la vita non ce la può dare? Vogliamo, per una volta, voltare lo sguardo verso quell'anima che implora e ci grida di accettare che c'è qualcos'altro e che quello a cui chiediamo la vita è effimero e destinato a morire?
Non sentitevi giudicati, davvero. Sebbene queste domande possano sembrare accusatorie e sebbene siamo ben consapevoli di starvi puntando il dito contro, in realtà lo stiamo facendo in primo luogo con noi.
Noi siamo le prime idolatre, siamo quelle del "per uscire da una dipendenza ho bisogno di un'altra dipendenza e per uscire da un'ossessione ho bisogno di un'altra ossessione" quindi davvero, ve lo diciamo con il cuore in mano, non sentitevi giudicati.
Come si dice quando si va dalla psicologa, questo è uno spazio libero da giudizi di qualsiasi tipo.
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