Mi parlano insieme, alla rinfusa, diverse voci, anime, diversi pensieri, volti, corpi. Una tavolozza di vite, status sociale, sorrisi e occhi incantati che vogliono stringermi le mani, abbracciarmi, complimentarsi, mentre la ferita dentro di me sanguina di paura.
Le campane iniziano a suonare e io spero che questo lasci le persone libere di tornarsene a casa, proprio come quando al liceo suonava la campanella che metteva la parola fine a una possibile interrogazione. Invece rimangono lì, a ringraziarmi per esserci stata, hanno così tante aspettative su di me, mentre la mia ferita sa bene che un giorno saranno tutti delusi.
La vita è così: il moto infinito di un pendolo che oscilla da una parte all’altra, e quanto più andrà verso destra, tanto tornerà a sinistra. Annuisco immaginandomi a casa, al buio, sotto le coperte a piangere fino ad addormentarmi. Non voglio tornare a sinistra, non dopo essere stata a destra.
La vita è così: il moto infinito di un pendolo che oscilla da una parte all’altra, e quanto più andrà verso destra, tanto tornerà a sinistra. Annuisco immaginandomi a casa, al buio, sotto le coperte a piangere fino ad addormentarmi. Non voglio tornare a sinistra, non dopo essere stata a destra.