Come abbiamo spiegato nell’articolo “Nuova Era”, il tempo in cui gli umani erano un tutt’uno con gli dèi è un chiaro riferimento al momento in cui stavamo dentro al grembo materno.
Arriva per tutti il giorno in cui si nasce e da due corpi collegati tra loro, si diventa due distinte entità, anche se il bambino ha comunque bisogno di un genitore – o almeno tutore legale – per poter sopravvivere.
Ed è proprio l’istinto di sopravvivenza uno dei primi sensi che si affina: il bambino piange quando ha fame, sonno, bisogno di attenzioni e più il suo pianto viene ignorato, più diviene disperato, scuotendo tutto il corpo.
Sappiamo che è proprio in questi primi mesi che si definisce il rapporto con la madre, di conseguenza con quella che sarà la fiducia dell’adulto nei confronti del mondo circostante, e di se stesso.
Sappiamo anche che in questo periodo tutto va nel luogo più istintivo e incontrollabile, quello in cui risiede la nostra ombra, cioè nell’inconscio, il grande controllore della nostra vita.
Per le popolazioni più antiche era davvero dura riuscire a spiegarsi il perché di certi riflessi rabbiosi, della furia che ci accompagna anche in età adulta, ma soprattutto perché prendiamo decisioni sciocche senza porci le giuste domande.
Secoli e secoli fa, tutto ciò si associava alla figura dell’animale stoico ma mai addomesticabile come il toro. Da qui nascono i miti del Minotauro e di Grendel e Beowulf, di cui parleremo oggi.
Sarà interessante vedere come le due culture, la prima classica, la seconda norrena, diano diverse risposte alla domanda: può l’uomo controllare i suoi istinti primordiali?